5 aprile - MARTA SORDI: Cristianesimo e Impero Romano.

Grande storica italiana, un altissimo MAGISTERO SCIENTIFICO E UN IMPEGNO EDUCATIVO GLOBALE PER LA LIBERTÀ-

Nel discorso di commiato la professoressa Bearzot ha messo in rilievo soprattutto la grande passione per la libertà che la sua ´maestra´ consegna.
«Era convinta che la formazione storica fosse una forma di educazione alla capacità critica e quindi alla libertà della coscienza».
Una libertà che non poteva fare a meno del rigore: «Durante le lezioni ripercorreva con gli allievi il percorso di ricerca da lei affrontato. Ogni affermazione doveva ricevere una puntuale verifica e argomentazione».

C´è però un´altra lezione che Marta Sordi (Livorno, 18 novembre 1925 – Milano, 5 aprile 2009) lascia.
«La sua è soprattutto una grande e LIMPIDA TESTIMONIANZA DI FEDE che fa parte del suo magistero non meno che le sue intuizioni scientifiche, ha detto l´allieva. Sempre attenta al complesso problema del rapporto fede/ragione, su di esso si interrogò incessantemente con una riflessione che si riversava sia nell´insegnamento universitario, sia nell´attività pubblicistica, sia nelle occasioni di partecipazione alla vita della comunità ecclesiale: e trovò l´unità di fede e ragione, senza alcun cedimento confessionale, NELLA RICERCA APPASSIONATA E SCRUPOLOSA DELLA VERITÀ. LA VERITÀ STORICA COME PARTE DI UNA VERITÀ PIÙ GRANDE; di conseguenza, la ricerca storica come piccolo contributo alla ricostruzione di un affresco più vasto, di cui il singolo evento storico, nella sua irripetibilità, non è che una tessera del mosaico». Per questo in lei INSEGNAMENTO STORICO ED EDUCAZIONE ALLA LIBERTÀ erano un binomio inscindibile.

Un tema a lei caro fu il RAPPORTO TRA I CRISTIANI E L'IMPERO.
Secondo Marta Sordi, l’atteggiamento delle istituzioni romane non fu mai di condanna del cristianesimo, a cominciare già dal primo episodio cioè quello relativo al processo di Gesù dove l’autorità romana sostanzialmente si piegò alle pressioni del sinedrio. Anzi, l’A. sottolinea la diffusa tolleranza verso il cristianesimo nei primi anni di espansione della nuova religione, riportando una notizia di Tertulliano che, nell’Apologetico, descrive l’iniziativa dell’imperatore Tiberio: la presentazione al Senato — che aveva il compito di accettare o respingere culti nuovi — di una proposta volta a ottenere il riconoscimento di Cristo come Dio. Ma all’intervento imperiale venne opposto un netto rifiuto e il cristianesimo venne considerato come superstitio illicita. Tale senatoconsulto rese legalmente possibile la persecuzione vanificando il tentativo dell’imperatore Tiberio di pacificare la Giudea, sottraendola al controllo del sinedrio.
”Io credo,scrive Marta Sordi, che l’episodio riferito da Tertulliano sia storico. Non ho intenzione qui di ripetere tutte le argomentazioni che ho svolto altrove e che non possono essere respinte, a mio avviso, con giudizi o battute che non hanno niente a che fare con un corretto metodo storico…”(pag. 27).

Arriviamo finalmente alla conclusione di questo travagliato fenomeno storico con un epilogo molto significativo e cioè la CONVERSIONE DI COSTANTINO dalla quale poi scaturì il cosiddetto EDITTO DI MILANO.
Emerge chiaramente da tutto questo racconto che il Cristianesimo ebbe quasi sempre un ruolo di lealismo nei confronti dell’impero romano fondato, non solo sugli scritti degli apologeti Cristiani ma ancor prima sulle sacre scritture e in particolare sulle lettere apostoliche come nel cap. 13 della lettera ai romani e nella prima di Pietro. Anzi la dottrina cristiana supportò e diede slancio all’idea ecumenica di Roma già prefigurata da Seneca, PORTATRICE DI QUELLA PAX ROMANA, sintesi di diritto e di ordine civile, fondata sul superamento delle differenze etniche fra i popoli e sulla ricomposizione delle autonomie fra greco e barbaro.
Merito di Costantino fu quello di intuire la forza e la verità della dottrina cristiana e cercò in tutti i modi di dare una svolta in senso decisamente cristiano all’impero, in modo da poter realizzare meglio gli ideali della suddetta pax romana.

Secondo gli ultimi studi storici, sembra che LA CONVERSIONE DI COSTANTINO FOSSE VERA E AUTENTICA E NON DETTATA DA OPPORTUNISMO.
La questione costantiniana fu sollevata dallo storico Gregoire che sosteneva che la svolta del 312/313 non fu opera di Costantino ma di Massenzio e di Licinio e che la sua presunta conversione fu semplicemente un’invenzione degli scrittori cristiani Lattanzio ed Eusebio accettata solo per opportunismo dall’imperatore negli anni dello scontro con Licinio. Lo stesso Gregoire sosteneva che il segno da lui adottato era un simbolo solare e non cristiano e che rimase un adoratore del Sole per molto tempo ancora.
Ma la storiografia più recente, afferma Marta Sordi, è arrivata a diverse conclusioni, verificando che nel 312 durante la campagna contro Massenzio, QUALCOSA DI ECCEZIONALE ERA AVVENUTO NELLA RELIGIOSITÀ DI COSTANTINO e che egli aveva abbandonato il paganesimo tradizionale, mostrando anzi un fastidio così aperto verso gli dei, che il retore evita di nominarli in sua presenza, ed era passato ad un misterioso Dio Supremo, creatore e provvidente, nel quale si poteva in qualche modo riconoscere il “summus deus” dei filosofi, e della religione solare, ma che non poteva essere identificata semplicemente con quello.

Nell’incontro di Milano del 312, Costantino e Licinio, dovevano risolvere i massimi problemi politici dell’impero e in particolare quelli relativi alla divinitatis reverentia. Infatti nella tradizione romana c’era sempre stata la pax deorum, ossia l’alleanza con la divinità che doveva essere placata e propizia, a favore sia dell’imperatore che dei sudditi. La caratteristica di Costantino fu quella di capovolgere il rapporto tra l’imperatore e la religione. Mentre nel precedente editto di Serdica, la tolleranza veniva presentata come un perdono concesso dalla clemenza imperiale verso un errore, NELL’EDITTO DI MILANO, SONO PROPRIO GLI IMPERATORI CHE CHIEDONO L’ALLEANZA ALLA DIVINITÀ E QUINDI CONCEDONO AI CRISTIANI E A TUTTI LA LIBERTÀ DI SEGUIRE LA RELIGIONE CHE VOGLIONO.
Nell’editto i cristiani vengono nominati per primi, differenziandoli dagli altri. Ciò preparò la strada per togliere al paganesimo il carattere di religione di Stato e nello stesso tempo costituì un’implicita proclamazione del Cristianesimo come religione dell’impero che ebbe la sua esplicita consacrazione con Teodosio.

”Nella politica verso Dio di Costantino, che dal suo Dio aspettava più la salvezza dell’impero che la salvezza dell’anima, l’accordo di Milano - afferma Marta Sordi a pag. 182-183- era soltanto una fase interlocutoria, la ricerca di una possibilità di coesistenza col collega pagano, in attesa che i rapporti di forza, evolvendosi, permettessero a lui di essere l’unico imperatore e alla religione da lui scelta, la religione ufficiale di Roma.”

La svolta costantiniana e in particolare la scelta del simbolo cristiano (la croce) potrebbe apparire incomprensibile alla luce del fatto che l’esercito delle Gallie che Costantino comandava contro Massenzio era in gran parte pagano. La scelta quindi fu religiosa; infatti, secondo quanto racconta lo scrittore cristiano Eusebio, Costantino era preoccupato delle arti magiche utilizzate dall’avversario Massenzio e cercava quindi un dio che lo aiutasse a sconfiggerlo. Era ormai consapevole che gli dei, Giove ed Ercole, non erano stati capaci di aiutare i suoi predecessori, Galerio e Severo, e che solo suo padre, Costanzo Cloro, che aveva onorato il dio sommo, fu da quello aiutato.
Costantino allora invocò il dio di suo padre chiedendogli di rivelare il suo nome e di stendergli la sua destra: fu allora che egli vide nel cielo, al di sopra del sole, un trofeo della croce fatto di luce con la scritta: "In hoc signo vinces (Con questo segno vincerai)".

Nel racconto scritto da Eusebio emerge la sincerità di Costantino nell’ammettere che fino al 312 egli era un adoratore del Sole, come suo padre, ma di aver avuto poi un desiderio di una religiosità più profonda e completa rispetto a quella precedente che peraltro non rinnegò come falsa. Il dato di fatto è che il “dio dai molti nomi” gli si era finalmente rivelato sotto il nome e il simbolo di Cristo, e sovrapponendosi alla precedente credenza nel dio Sole, senza azzerarla e perciò si spiega perché i simboli solari siano presenti nelle monete di Costantino ancora per qualche anno.

Ma c’è da dire che l’avvento del cristianesimo nel mondo romano, corrisponde ad esigenze non solo politiche ma più profondamente culturali e antropologiche. Infatti, come l’A. mette in evidenza, “L’anima di Virgilio come quella di Catullo, interpreti sensibilissimi, con la lungimiranza dei poeti, dell’angoscia esistenziale dell’ultima repubblica, è tutta protesa, in questa appassionata invocazione di una salvezza divina, che non è risolvibile, né poté essere integralmente risolta, con la fine imposta da Augusto alle guerre civili né con la pace riportata dal principato nell’impero romano: l’ansia di un rapporto nuovo con la divinità………e il bisogno profondo di liberazione, non solo dalle fatiche e dalle difficoltà del vivere, ma dall’angoscia del peccato e della morte, confluiscono in questa invocazione al Dio presente, al Dio che visita l’uomo e lo rende degno della comunione con sé…..Il Cristianesimo rispose, - nella pienezza dei tempi -, a questa domanda appassionata e conquistò il mondo antico.”(pag. 193).