4 settembre - ROBERT SCHUMAN, servo di Dio e costruttore della vera Europa dei popoli.

Robert Schuman (Clausen, 29 giugno 1886 – Scy-Chazelles, 4 settembre 1963), politico e statista francese, è stato nel secondo dopoguerra - con il tedesco Adenauer e l'italiano De Gasperi - uno dei "Padri" della moderna Europa unita.

Una riflessione sulla sua figura è di grande attualità per due motivi.
Per riscoprire le vie di un'unione europea solida e sincera, momento di collaborazione e fraternità tra i popoli, oggi che sembrano prevalere burocrazia, confusione ed egoismi nazionali.

E per conoscere un modello di uomo politico - e di cristiano impegnato in politica - sincero, coraggioso, onesto, competente, ispirato a valori saldi (e sappiamo tutti quanto ci sarebbe bisogno di uomini di tale tempra).


Robert Schuman nasce a Lussemburgo il 29 giugno del 1886, e muore a Scy Chazelles il 4 settembre 1963.

Schuman “Padre dell’Europa”.
Dal 1948 al 1952 Schuman è Ministro degli Affari Esteri.
In questa veste si dimostra statista di livello internazionale, riuscendo a gettare le basi per fare concreta una grande speranza: l’Europa unita. Grazie all’impegno profuso nel costruire questo accordo, Schuman è considerato (insieme con altri due grandi statisti cattolici: il tedesco Adenauer e l’italiano De Gasperi) uno dei “Padri dell’Europa”.

Oggi può essere difficile capire la grandezza di quell’impresa: l’Europa unita è ormai una realtà in avanzata fase di realizzazione, una realtà che riscuote consensi pressoché unanimi.
Ma cinquant’anni fa, questo progetto era solo un sogno impossibile: il sogno di mettere sotto una stessa bandiera Paesi che, sino al giorno prima, si erano scontrati in una guerra fratricida.

Questo sogno veniva portato avanti, con lucidità che oggi diremmo profetica, solo dai politici di salda ispirazione cristiana.

Le opposizioni erano numerose, anche da parte di forze politiche che oggi riconoscono l’importanza dell’unione europea: da un lato vi erano le destre nazionaliste, che avevano come unica prospettiva quella del proprio Stato, che erano ancora prigioniere delle ruggini della guerra; dall’altro lato vi erano le forze che guardavano al modello dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia, ed erano fortemente contrarie ad ogni progetto che prevedesse un rafforzamento dell’Europa libera al di fuori di quel modello.
La cultura cristiana di Schuman e degli uomini che condividevano la sua ispirazione ideale gli permise di intuire la forza e la praticabilità di quel grande disegno. Capiva che il futuro europeo era nella collaborazione tra i popoli.

Per lui, inoltre, essere cattolico significava essere cittadino di una grande patria spirituale, la Chiesa di Roma, che superava ogni confine nazionale.

Dalla stessa cultura, infine, nasceva la consapevolezza che l’Europa ha forti radici culturali comuni su cui è possibile costruire un solido edificio, recuperando un’antica unità: le radici cristiane. Così giustificò la sua azione europeista: “l’ho fatto perché credo ai fondamenti cristiani dell’Europa”. Pertanto, seppe profetizzare non solo la riunificazione dell’Europa occidentale, ma anche l’apertura all’Europa dell’Est:

“Noi dobbiamo fare l'Europa non solo nell’interesse dei popoli liberi, ma anche per potervi accogliere i popoli dell’Europa Orientale. Quando essi saranno liberati dal potere al quale sono fin ora soggiogati ci chiederanno la loro adesione ed il loro appoggio morale.”
La speranza di Schuman era anche che l’Europa fosse esempio di riconciliazione e di unione per l’intera umanità.

Schuman possedeva inoltre le doti umane per dare concretezza al suo disegno. Innanzitutto la dedizione totale: egli diceva che “quando matura una grande idea, non bisogna esitare a consacrare la vita alla sua realizzazione”.
L’uomo politico lorenese sapeva anche che la collaborazione tra i popoli si costruisce solo con un paziente dialogo, necessario a superare le diffidenze, e non con la forza:
“un grande progetto politico è come il passaggio di un torrente. Si fissa, prima di tutto, una direzione generale. Si prova poi la stabilità della prima pietra, quindi si avanza cautamente di pietra in pietra”.

Ma come è nata, concretamente, l’Europa unita?
In quel periodo bisogna vincere, anzitutto, la convinzione di molti che sia necessario punire la Germania che ha sostenuto il nazismo, smembrandola definitivamente. Schuman sa che ciò causerebbe solo risentimenti duraturi, ripetendo gli errori commessi al termine della prima guerra mondiale. È convinto, al contrario, che inserire la Germania in un grande progetto unitario serva a spegnerne le tendenze aggressive.

Oltre a vincere le resistenze anti-tedesche, bisogna attendere che si diffonda un certo “spirito europeo”, premessa indispensabile ad ogni collaborazione politica ed economica.

Il momento propizio per raccogliere i frutti di un paziente lavoro si presenta nel 1950. Schuman riflette con attenzione sull’idea (elaborata da un funzionario, Jean Monnet) di sottoporre al controllo di un’autorità sovranazionale la produzione di carbone e acciaio, le materie prime più importanti. Sa che le opposizioni ad un progetto tanto rivoluzionario, che limita la sovranità delle nazioni che vi aderiscono, saranno aspre e numerose; ma ritiene anche giunto il momento in cui il rischio prenda il posto della cautela. Allaccia una serie di contatti riservati, in Francia e all’estero, per garantirsi il maggior numero di consensi. Infine il 9 maggio, ricevuto il fondamentale consenso del Cancelliere tedesco Adenauer, presenta il progetto al Consiglio dei Ministri, riuscendo a farlo approvare; l’annuncio è dato la sera stessa. Il giorno dopo le prime pagine dei giornali di tutto il mondo annunciano il rivoluzionario “Piano Schuman”, al quale aderisce subito l’Italia di De Gasperi.

Nel 1951 il trattato istitutivo della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) è siglato da Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo (i Paesi allora guidati dai democratico-cristiani), per entrare in vigore nel 1952. È il primo vero mattone dell’Europa unita, sul quale poggeranno gli accordi dei decenni successivi. È la dimostrazione che i grandi traguardi non si raggiungono mettendo da parte moralità e valori (“non bisogna mai mentire, nemmeno in politica”), ma riuscendo a tradurli in realtà con intelligenza.

“Pellegrino dell’Europa”.
Capita che le persone e i popoli, dopo aver fatto una scelta importante, siano colti dai dubbi e dalle paure, per cui tendono a frenare. Così accade alla Francia, che all’inizio degli anni ’50 vede le posizioni nazionaliste rafforzarsi rispetto a quelle europeiste.

Alle elezioni, il partito di Schuman (MRP) perde consensi a favore del partito gollista. Il ruolo di Schuman si indebolisce, anche per la posizione da lui assunta a favore dell’indipendenza delle colonie francesi.

Il tentativo di dare un nuovo impulso alla costruzione europea, mediante l’istituzione della CED (Comunità Europea di Difesa), viene bocciato dal Parlamento francese. Nel 1952, quando cade il Governo, Schuman non è confermato Ministro degli Esteri.

Si apre allora il periodo del suo “pellegrinaggio per l’Europa”. Partecipa alle numerose conferenze internazionali cui è invitato, ove espone il suo pensiero.

Il pensiero sull’Europa, innanzitutto. Schuman ha ben chiari i contenuti che avrebbero reso la costruzione dell’Europa unita una costruzione solida, e non astratta o velleitaria. La sua esperienza di “uomo delle frontiere”, figlio di una Lorena sempre contesa da Francia e Germania, lo rende consapevole che la collaborazione tra i popoli è realizzabile solo nel rispetto delle più ampie autonomie.

L’identità dell’uomo - spiega - si arricchisce col senso di appartenenza alle comunità in cui vive (famiglia, scuola, lavoro, regione, nazione, ecc.).
Questo arricchimento procede per cerchi concentrici, dalle comunità più piccole alle più grandi: ogni cerchio non cancella, ma completa, il precedente; egli si sente con uguale calore cittadino della Lorena (“la mia piccola patria, dove hanno vissuto i miei avi”), della Francia, dell’Europa, del mondo.

Politicamente, queste realtà diverse possono convivere secondo il principio di sussidiarietà (grande eredità del pensiero cristiano, riproposta da Pio XI), secondo il quale la comunità più grande non si sostituisce alla persona o alle comunità più piccole (prima tra tutte la famiglia), ma le aiuta laddove è necessario. Oggi i trattati dell’Unione Europea si fondano espressamente sul principio di sussidiarietà (art.3b).

Schuman espone anche il suo pensiero di cristiano impegnato in politica. Spiega che il cristianesimo non è solo culto e opere di carità, non è un fatto privato, ma è sorgente dei valori che animano la democrazia:
“La democrazia deve la sua origine e il suo sviluppo al cristianesimo. È nata quando l’uomo è stato chiamato a realizzare la dignità della persona nella libertà individuale, il rispetto dei diritti degli altri e l’amore verso il prossimo. Prima dell’annuncio cristiano tali principî non erano stati formulati, né erano mai divenuti la base spirituale di un sistema di autorità. È stato per primo il cristianesimo che ha dato valore all’uguaglianza di tutti gli uomini senza differenza di classi e razze ed ha trasmesso la morale del lavoro - l’ “ora et labora” di San Benedetto - con il dovere di compierlo come servizio all’opera della creazione divina”.
Una società a misura d’uomo è una società costruita secondo un progetto di “umanesimo integrale” (come diceva Maritain), cioè un umanesimo non materialista, bensì aperto a Dio e alla trascendenza.

Le società senza Dio, ricordava Schuman, sono state società contro l’uomo: non solo prima dell’avvento del cristianesimo, ma anche nell’epoca moderna (vedi le tragedie provocate dai totalitarismi atei). Il compito dei cristiani, di fronte alla politica, non si limita a predicare l’onestà, ma è diretto a far sì che siano difesi i valori dell’uomo (anche la democrazia può produrre leggi ingiuste).

Schuman ha acquisito grande fama presso i cristiani di tutto il mondo. Il 1 novembre 1950 si reca a Roma per la proclamazione del dogma dell’Assunta: quando entra nella basilica, dalla folla internazionale parte spontaneo un grande applauso.

Nel 1955-’56 Schuman torna per un breve periodo al Governo, come Ministro della Giustizia. In quegli anni il cammino dell’Europa unita, seppur lentamente, riprende.

Il 19 marzo 1958 Robert Schuman è eletto per acclamazione, da tutte le forze politiche, primo Presidente del nuovo Parlamento europeo.
Nel 1959 viene colpito da una forma di sclerosi cerebrale, che si aggrava nel 1963. Il 4 settembre 1963, assistito dagli amici più cari, Robert Schuman muore nella sua casa di Scy-Chazelles; lì sarà raggiunto dai messaggi di cordoglio dei leader di tutto il mondo, tra cui Paolo VI, Kennedy, Adenauer.

Nel 1989 la Sacra Congregazione vaticana per le Cause dei Santi dà il nulla osta per l’apertura della causa di beatificazione di Robert Schuman. Il 9 giugno 1990 la causa viene solennemente aperta dal vescovo di Metz, nella cappella del monastero di Scy-Chazelles. Il 29 maggio 2004 si è concluso il processo diocesano e la documentazione è stata quindi trasmessa alla Congregazione per le Cause dei Santi, per le fasi successive del processo di canonizzazione.

Il miglior ritratto di Schuman ce l’ha offerto un uomo che non condivideva la sua fede religiosa, né le sue idee politiche. Si tratta di André Philip, un socialista, predecessore di Schuman al Ministero delle Finanze, che lo ha ricordato così:
“Avevamo di fronte un uomo consacrato, senza desiderî personali, di una totale sincerità e umiltà intellettuale, che cercava solo di servire nel luogo e nel momento in cui si sentiva chiamato (...). Resterà nella memoria di coloro che l’hanno conosciuto come il tipo del vero democratico, immaginativo e creatore, combattivo nella sua dolcezza, sempre rispettoso dell’uomo, fedele a una vocazione intima che gli dava il senso della vita”.

Cosa ci colpisce di Robert Schuman.
Scorrendo la vita di quest’uomo politico abbiamo potuto rilevare numerosi aspetti del suo carattere, della sua Fede, delle sue idee. Vogliamo però attirare l’attenzione su due caratteristiche particolari, che forse sono il “segreto” dei suoi successi.

La prima è la grande fiducia nella Provvidenza:
“Siamo tutti strumenti ben imperfetti di una Provvidenza che se ne serve per realizzare dei grandi disegni che ci sorpassano. Questa certezza ci obbliga a molta modestia, ma ci dà anche una serenità che non ci potrebbe dare la nostra esperienza personale”.
Da questa consapevolezza nascevano la capacità di coltivare la speranza (e di conservarla anche dopo gli insuccessi momentanei), la pazienza nel sopportare invidie e calunnie, la fiducia nel fatto che integrità e coerenza danno alla fine il giusto premio.

La seconda caratteristica è la competenza. La “prudenza” evangelica alla quale Schuman si sentiva chiamato era innanzitutto - secondo il significato originario del termine - competenza, padronanza delle vaste materie che influenzavano la sua attività.
Tale competenza - che aveva curato già nell’esercizio della sua professione - era necessaria sia per individuare correttamente i valori cristiani che animavano la sua azione politica (senza confonderli con idee personali), sia per trovare il modo di dare a tali valori concretezza. Egli non si stancò mai di studiare, confrontarsi, meditare, sforzarsi di capire; tutti gli riconoscevano una grande cognizione dei problemi, che fu sempre la sua forza. D’altronde, aveva conosciuto molti cristiani che alla buona volontà univano solo una grande confusione di idee (Giovanni Martino).