30 settembre - THÉRÈSE MARTIN, meglio conosciuta come TERESA DI LISIEUX: una monaca di clausura patrona dei missionari.
Monaca carmelitana presso il monastero di Lisieux, è venerata come santa dalla Chiesa cattolica; nella devozione popolare è più nota come santa Teresina (Alençon, 2 gennaio 1873 – Lisieux, 30 settembre 1897), diminutivo usato per distinguerla dall'altra santa carmelitana e Dottore della Chiesa Teresa d'Avila.Santa Teresa del Bambin Gesù del Santo Volto è il nome da lei assunto al momento della professione dei voti. La sua festa liturgica ricorre il 1º ottobre.
Patrona dei missionari dal 1927, dal 1944, assieme a Giovanna d'Arco, è considerata anche patrona di Francia.
Il 19 ottobre 1997 fu dichiarata Dottore della Chiesa, la terza donna a ricevere tale titolo dopo Caterina da Siena e appunto Teresa d'Avila.
«La scienza d'Amore, ah sì! questa parola risuona dolcemente all'orecchio della mia anima, io non desidero altro che questa scienza qui. Per essa anche se dessi tutte le mie ricchezze, come la sposa dei sacri cantici, riterrei di non avere dato niente al confronto.»
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Storia di un'anima
Nel 1895 la superiora del monastero, che era sua sorella maggiore, ordinò a Teresa di mettere per scritto la sua ricerca spirituale dell'amore. Nacque così il Manoscritto autobiografico A. Tale scritto fu completato prima che fosse iniziata la prova della fede.
In seguito, nel settembre 1896 e poi in giugno 1897, sempre in obbedienza alla nuova priora, madre Maria di Gonzaga, redasse rispettivamente gli altri due manoscritti, catalogati come B e C. I tre manoscritti furono poi raccolti nell'opera postuma, Storia di un'anima, secondo un ordine cronologico: A, B, C.
Attualmente alcune edizioni pubblicano i manoscritti A [Agnese], da taluni chiamato dall'incipit anche “Storia primaverile di un piccolo fiore bianco” e C rinominato G [Gonzaga] come costituenti uno il seguito dell'altro. Il manoscritto B, rinominato M [Maria], viene talvolta pubblicato autonomamente come il poema di settembre perché composto in settembre e perché è il più poetico dei tre.
Analisi psicologica
Alcuni studiosi formatisi al metodo psicoanalitico nel quale storicamente il metodo dell'associazione di idee costituiva assieme al pensiero onirico la via maestra per accedere all'inconscio, ritengono che questi manoscritti di Teresa siano paragonabili ad una vera e propria anamnesi psicoanalitica dove la resistenza operata dal pensiero razionale viene messa come in pausa.
La Chiesa e Teresa
La Chiesa cattolica, dapprima molto cauta e guardinga, imparò a far sua la devozione dei semplici cattolici. Malgrado questo inizio sospettoso, in seguito alti esponenti del clero, tra cui gli stessi papi, fecero propria la stessa devozione della gente semplice per la monaca di clausura di Lisieux, in certi casi trainandola ad una maggiore serietà devozionale.
Nel 1925 Teresa di Lisieux fu canonizzata da papa Pio XI e due anni dopo dichiarata patrona dei missionari, anche se non si spostò mai dal suo convento.
Per rendere gli onori dovuti alla figura della Santa, la Chiesa cattolica erige una gigantesca basilica alla "piccola Thérèse".
Nel 1932 e successivamente nel 1987 fu richiesto alla Santa Sede di riconoscerle il dottorato. Le fu concesso il 19 ottobre 1997. Thérèse è quindi il 33º Dottore della Chiesa e la terza donna a ricevere questo riconoscimento dopo Teresa d'Avila e Caterina da Siena, entrambe dichiarate dottore della Chiesa cattolica da Paolo VI nel 1970.
La prima chiesa in Italia dedicata a Santa Teresa di Lisieux sorge alla periferia est di Bologna, in quella zona del Quartiere Savena denominata Pontevecchio. La cerimonia per la posa della prima pietra fu compiuta domenica 21 giugno 1925; l’Arcivescovo di Bologna, il Cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca di Corneliano, che aveva dato la sua piena adesione al progetto, espresse il desiderio che la nuova chiesa fosse dedicata a Santa Teresa del Bambino Gesù, innalzata all’onore degli altari appena un mese prima. Inaugurata nel 1926 come Chiesa sussidiale di Santa Maria degli Alemanni, è divenuta Parrocchia nel 1940.
Le tesi/ipotesi di lettura più significative del percorso evolutivo della mistica di Lisieux.
1) Thérèse Martin anticlericale
«Bisogna che mi fermi, perché se continuassi a parlare su questo argomento non la finirei più! »(Teresa di Lisieux, Manoscritto autobiografico A, f.56 v°)
Può sembrare strano che si sia detto anche questo di Thérèse Martin, eppure in questi ultimi anni Claude Langlois, storico del cattolicesimo contemporaneo oltre che direttore dell'"Istituto Europeo in Scienze delle Religioni" presso l'Università di Parigi, da studioso della mistica ha elaborato in un suo scritto, argomentandola, questa tesi che poi non è così sconvolgente come può sembrare a prima vista.
Questa ipotesi di lettura vuole ancor più sottolineare uno degli elementi costituenti l'insieme degli scritti di Thérèse là dove parla dei mediocri, o accenna al sale della terra divenuto insipido o ancora ai preti tiepidi.
Illuminante su questa accezione del termine usato dall'esegeta francese di Thérèse è anche una intervista rilasciata al filosofo Jean Guitton dal cardinale Montini (il futuro papa Paolo VI):
«Nel corso del suo pellegrinaggio a Roma, Teresa aveva incontrato dei preti mediocri; invece di criticarli, aveva preso la decisione di situarsi non alla periferia, ma al centro, nel solo amore.» (Jean Guitton, intervista papa Paolo VI)
E il testo teresiano conferma pienamente la correttezza della suddetta interpretazione.
«Compresi che l'Amore racchiudeva tutte le vocazioni, che era tutto, che abbracciava tutti i tempi e tutti i luoghi. Gridai: ho trovato il mio posto nella Chiesa, sarò l'Amore.» (Manoscritto B)
Qualcuno ha voluto insinuare che nel gruppo di pellegrini c'era anche un giovane prete, che travolto da un'eccessiva simpatia per le due giovinette di cui forse lui stesso non era ben consapevole, per tutto il corso del pellegrinaggio non aveva fatto altro che esagerare in premure e gentilezze verso le stesse, mettendo talvolta in imbarazzo gli altri pellegrini per il suo fare così eccessivamente disinvolto e incontrollato. Il pensiero di Teresa tuttavia va certamente al di là di questi episodi contingenti e particolari poiché, se il Dottore della Chiesa fosse stata avvezza a dare peso a semplici convenzioni, oggi non sarebbe conosciuta per la sua profondità che invece l'ha sempre mossa a vedere oltre tali convenzioni.
2) Thérèse Martin antiautoritaria
Questa voce sul conto di Teresa di Lisieux fa la sua comparsa nel corso del processo per la sua beatificazione e santificazione e quindi, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non a suo favore.
Fu infatti l'avvocato del diavolo ad accusare la giovane carmelitana di aver dimostrato con il suo comportamento di non tenere in gran conto il valore dell'autorità, e con tale accusa riteneva di poter concludere che non era degna di figurare accanto alle altre persone che la Chiesa nei secoli aveva onorato con tale titolo. Il succitato avvocato desumeva ciò dai documenti scritti in suo possesso e dalle testimonianze delle sue allieve novizie e delle altre religiose, quindi in particolare dal modo e dallo stile tutto personale con cui Thérèse ha esercitato la carica di assistente della maestra delle novizie, allorché la priora le affidò tale incarico che fu suo appannaggio sino alla morte.
3) Dopo il mito della "santa delle rose" un nuovo mito?
Allineato a questo tipo di lettura è René Laurentin, mariologo, che ha al suo attivo il progetto di creazione del più grande archivio di tutte le apparizioni di Maria in questi duemila anni e allarmato che possa ripetersi un'idealizzazione di Thérèse, questa volta con segno contrario: un culto più laico, ma sempre lontano dal realismo che invece sembra auspicare.
René Laurentin si felicita che sia sorto, già a partire dal 1925, questa sorta di movimento di liberazione di Thérèse Martin dal mito di essere considerata "Santa delle Rose", con tutti i fraintendimenti e le mistificazioni che ciò comportava, oscurando la vera fisionomia di questa donna reale con le sue luci e le sue ombre.
Lo studioso ci mette tuttavia in guardia dal sorgere di un nuovo mito di Thérèse, ugualmente da lui condiviso solo parzialmente, sostenuto da simpatizzanti "fanatici" di Thérèse, molto più colti e spregiudicati, più moderni, aperti, che verso la borghesia di allora provano solo ripugnanza.
Tra questi fautori, Laurentin cita come primo nome proprio il carmelitano Jean Francois Six, che nella sua difesa intransigente e a oltranza della sua "sorella" carmelitana ha sparato con veemenza su tutti, perfino contro i genitori e le sorelle di Thérèse, in particolare Pauline.
Basta dire che per Six l'ambiente di Thérèse era un "universo di morte", dove solo lei ha saputo portare la vita.
La posizione di Laurentin è quella di chi mette in guardia dicendo: - Sì, Thérèse non era la "Santa delle Rose" tutta buonina e zuccherosa che se attirava certi cristiani altri li faceva rivoltare e allontanare ma non è neanche quell'essere dalla statura così grande che da taluni viene presentata: un essere ancora inattuale.
Anche per Laurentin, Thérèse è un personaggio dalla statura eccezionale, ma rimane comunque in grandissima parte figlia del suo tempo con tutti i limiti che ciò comporta. Ed elenca tutti i limiti di Thérèse che la rendono, almeno da questo punto di vista, per l'uomo di oggi, superata dal procedere storico delle cose.
«Teresa, anche se le si tolgono tutti gli artifici che l'avevano costruita sul gusto dell'agiografia del tipo edulcorato «saint-Sulpice», appartiene certamente al suo secolo, condividendone il linguaggio, le immagini, l'eccessiva affettività.
Ella si interessa più alle «anime» che agli «uomini»: adopera il primo termine più di trecento volte e il secondo solamente una decina, nel suo manoscritto autobiografico dal titolo significativo: "Storia di un'anima".
S'interessa alla Chiesa, in opposizione al mondo, secondo l'ottica del tempo. Sembra che consideri chi non ne fa parte solamente come un peccatore da convertire, senza interessarsi ai valori di cui è portatore. Sarebbe perfino tentata di combatterli: avrebbe desiderato fare la guerra ai turchi e agli eretici. Il fatto che sia un bisogno d'eroismo e di coraggio, mai di odio, non basta ad allargare la ristrettezza della prospettiva.
Ha ignorato i grandi spiriti del suo secolo, coloro che aprivano le strade dell'avvenire. Ha ignorato, lei che amava scrivere e dipingere, gli scrittori e pittori suoi contemporanei che sono passati alla posterità. Sembra ignorare il problema sociale allora drammatico e già presente in certi cristiani dell'epoca; e ancora di più i problemi internazionali o coloniali fino allora insospettati. Il suo viaggio a Roma la conduce, sull'esempio di suo padre, fra paesaggi e ambienti pittoreschi che sa cogliere d'intuito, al margine di un pellegrinaggio incentrato sul suo disegno vocazionale; ma non è sensibile alle forze collettive e ai problemi umani che vi covavano.
A livello religioso, ha rivolto tutta la sua attenzione alla conversione personale e non si è affatto soffermata sui problemi di struttura, non accorgendosi delle riforme di cui la Chiesa aveva allora bisogno.
Si è offerta come «vittima», secondo la formula che oggi non è più accettata.
Più generalmente, Teresa ha vissuto nel suo tempo e nel suo ambiente con sottomissione e ammirazione acritiche, senza contestare le strutture in cui era posta, ma sostenendole anzi. Fu sempre allineata tanto con le convenzioni del suo ambiente borghese che con le Costituzioni e gli usi del suo convento, facendole rispettare dalle sue novizie fin nei minimi particolari [...]
Infine, se Teresa può essere un prezioso modello per il tempo in cui era necessario liberarsi dalla paura, il suo messaggio non ha oggi la stessa utilità, dato che i cristiani non sono più sotto l'incubo del timore. E numerose sue scoperte appartengono ormai al patrimonio comune, per cui non abbiamo più bisogno di Teresa per accedervi.» ("Iniziazione alla vera Teresa di Lisieux" di René Laurentin.)
Nonostante la resistenza interna ed esterna alla proclamazione di Teresa come santa e dottore della Chiesa, la Chiesa nel suo magistero non si distaccò dal sentimento di profonda devozione popolare che santa Teresa suscitò in modo stupefacente.
Nel 1890 mentre Teresa si preparava alla professione religiosa, il sacerdote Achille Ratti (il futuro papa Pio XI), esperto alpinista, insieme ad altri tre alpinisti tentava la conquista del Monte Bianco dal versante italiano.
La conquista della vetta giunse a buon fine il 31 agosto 1890 e da allora la via da loro aperta viene chiamata via Ratti-Grasselli.
Siccome il Papa alpinista più di ogni altro non ha mai smesso di additare all'intera comunità cattolica mondiale l'"alpinista dello Spirito" Thérèse, di comune accordo l'Ordine dei Carmelitani e il Club Alpino Italiano in occasione del centenario della morte della mistica francese hanno ritentato l'impresa e il rifugio Gonella a 3071 metri di altezza le è stato consacrato con la posa in esso della sua effigie.
In esso vi si legge: "20 agosto 1997. La via italiana al Monte Bianco (via Ratti-Grasselli) è stata aperta e inaugurata da Achille Ratti e dal sac. Grasselli il 31 agosto 1890. L'alpinista Achille Ratti il 12 febbraio 1922 scalava il soglio pontificio di Roma e diveniva Papa con il nome di Pio XI. Tra le sue grandi imprese come Papa si deve annoverare la glorificazione di Teresa di Gesù Bambino di Lisieux, da lui proclamata beata (1923), santa (1925) e patrona universale delle missioni cattoliche (1927). Egli l'ha inoltre scelta come "Stella del suo pontificato."