3 novembre - WILHELM REICH: l'erotismo alla conquista della società.
Autore: Restelli Silvio. Curatore: Mangiarotti don Gabriele.WILHELM REICH (Dobrzcynica, 24 marzo 1897 – Lewisburg, 3 novembre 1957) è uno dei veri maestri, anche se poco citato, del pensiero diffuso dominante, che propone come vera quella RIVOLUZIONE SESSUALE che si esprime in un'esaltazione acritica dell'istinto sessuale e in una critica feroce di tutta la storia umana e delle sue istituzioni (famiglia in primis) in quanto repressiva di tale istinto. Le sue teorie, anche nel loro aspetto propositivo, si sono rivelate ridicole e insostenibili (orgone, alieni, ecc.), ma nel loro nucleo di base sono state fatte proprie dal pensiero diffuso dominante e dai mezzi di comunicazione.
Ecco un magistrale intervento di Augusto Del Noce sul tema: "L'erotismo alla conquista della società" (Da "Rivoluzione, Risorgimento, tradizione", ed. Giuffrè, Milano, 1993).
Queste le sue profetiche parole scritte nei primi anni 90.
"A costo di ripetersi, è opportuno insistere su certe verità su cui è caduto un quasi totale oblio. L’idea di matrimonio monogamico indissolubile e le correlative (pudore, purezza, continenza) sono legate a quella di tradizione che, a sua volta, in quanto «tradere» è consegnare, presuppone quella di un ordine oggettivo di verità immutabili e permanenti (il Vero in sé e il Bene in sé platonici). Temi, oltre a tutto, la cui più energica affermazione è gloria del pensiero italiano, perché che altro è la Commedia dantesca se non il poema dell’Ordine come forma immanente dell’universo? Perché, chi fu il grande rivendicatore, nei secoli moderni, dell’Ordine oggettivo dell’Essere, se non il Rosmini?
Ma se noi separiamo l’idea di tradizione da quella dell’ordine oggettivo, essa deve di necessità apparire come il «passato», come «ciò che è superato», come «il morto che vuole soffocare il vivo»; come ciò che deve essere negato per poter ritrovare l’equilibrio psichico. All’idea del matrimonio indissolubile, deve sostituirsi l’unione libera, rinnovabile o solubile in qualsiasi momento. Non si può parlare di perversioni sessuali, anzi le forme omosessuali, maschili o femminili, dovranno essere considerate come le forme pure dell’amore. Sul piano scientista-materialistico su cui pure Freud si muoveva, non è quindi dubbio che sia il Reich ad aver ragione.
La sua tesi rompe però anche con quella della rivoluzione politico-sociale, in quanto dominata dall’idea di avvenire, in cui sarà un ordine, sia pur «nuovo» e non eterno, che spetta a noi instaurare; per la mentalità rivoluzionaria pura, l’amore libero sarà tollerato tra «compagni» (e compagni veramente impegnati), ma l’ideale sarà quello della fedeltà reciproca di compagno e di compagna.
Il dominio della sessualità libera è dunque il puro presente; da ciò la ricaduta nel sottoumano, nell’animalismo (si pensi alla mens momentanea di Leibniz); situazione da cui si cerca di sottrarsi attraverso l’evasione in «un’altra realtà». Da ciò il legame necessario tra l’erotismo e i «paradisi artificiali» della droga. E non serve certo, dopo aver giudicato «retrograda» ogni critica della libertà sessuale, cercar di ripiegare assumendo che la droga diminuisce la virilità; anzitutto perché erotismo e virilità hanno ben poco da fare, poi perché illimitata libertà sessuale e ricerca di «paradisi artificiali», sono momenti di dispiegamento della stessa essenza.
Da ciò derivano tre importantissime conclusioni:
1) la questione dell’erotismo è anzitutto metafisica. Solo una restaurazione di quella che per brevità chiamerò «metafisica classica» può veramente troncare il sistema di valutazioni in cui esso consiste;
2) politicamente l’erotismo è collegato a quella «democrazia vuota del sacro», che mai si è manifestata come oggi; e la cui affermazione, nonostante rappresenti l’esatto inverso della democrazia pensata da Leone XIII, è stata pur aiutata (dire semplicemente «non ostacolata» sarebbe poco) dai partiti democratici cristiani; e, naturalmente, stimolata dai nuovi modernisti per cui parlare all’«uomo d’oggi» è riconoscere la «profanità» del mondo;
3) è perfettamente inutile il «dialogo» con gli assertori della liberalizzazione sessuale e ciò semplicemente perché essi muovono dalla negazione a priori di quella metafisica, da cui discende la morale che essi giudicano «repressiva». A che varrebbe, ad es., che io dialogassi col signor De Marchi o con Enzo Siciliano?
Ecco il testo di Augusto Del Noce