3 dicembre - FRANCESCO SAVERIO, grande missionario in Oriente.
Autore: Silvio Restelli. Curatore: don Gabriele Mangiarotti.Francisco de Jasso Azpilcueta Atondo y Aznares de Javier, comunemente noto con il nome italianizzato in FRANCESCO SAVERIO (Javier, 7 aprile 1506 – isola di Sancian, 3 dicembre 1552), gesuita e missionario spagnolo, proclamato santo nel 1622.
La sua vita è documento impressionante della sua grandezza.
Studente a Parigi conobbe sant'Ignazio di Loyola e fece parte del nucleo di fondazione della Compagnia di Gesù.
E' il più grande missionario dell'epoca moderna. Portò il Vangelo a contatto con le grandi culture orientali, adattandolo con sapiente senso apostolico all'indole delle varie popolazioni. Nei suoi viaggi missionari toccò l'India, il Giappone, e morì mentre si accingeva a diffondere il messaggio di Cristo nell'immenso continente cinese. (Mess. Rom.)
Un gigante dell’evangelizzazione. Un faro per i nostri tempi di secolarizzazione e di pensiero nichilista, di evidente confusione da parte di tanti cristiani che hanno paura di testimoniare Cristo, Via, Verità e Vita. San Francesco Saverio insegna che ogni sacrificio deve essere fatto per testimoniare la verità di Cristo, e che, senza questa Verità, la vita di ogni uomo rimane impietosamente povera.
Ecco una bella sintesi di Antonio Socci sulla sua vita, riportato al link già segnalato:
"Come un conquistatore disarmato dominerà gli eventi. Sia quando si trova con il mal di mare sulle navi della peggiore feccia. Sia fra i poverissimi pescatori di perle del Paravar, di Ceylon o della Malacca. Sia in guerra con i pirati, e ancor più con mille malattie e morbi tropicali, con la fame e la sete, con le autorità portoghesi, alle prese con mercanti e negrieri senza scrupoli. Intento a battezzare bambini e adulti, a migliaia per volta. A radicare le sue missioni impiantando scuole, collegi, organizzando ospedali, imparando decine di strane lingue… Attraversa tutti i mari, verso Giava, il Borneo, le Isole del Moro, poi su su verso Formosa, passando dalle feroci tribù dei tagliatori di teste alla raffinata civiltà giapponese che per primo racconterà agli europei. Fa tre volte naufragio, sfugge a decine di attentati, ai musulmani, talvolta nascosto nella foresta. Migliaia e migliaia di chilometri in nave, stringendo amicizie con mercanti e gente di tutti i tipi per far conoscere Gesù Cristo. Ai suoi amici scriveva: «Vivere senza godere di Dio non sarebbe una vita, ma una morte continua».
E nel gennaio 1552, alla fine di questa incredibile avventura durata dieci anni, annotò: «Mi sembra veramente di poter dire che nella mia vita non ho mai ricevuto tanta gioia e allegrezza».
Un giornalista francese, Jean Lacouture, che ha scritto un libro in cui racconta l’audacia dei gesuiti, ha dichiarato: «Sì, hanno scelto la vita, con tutti i suoi compromessi. […] Hanno scelto di andare nel mondo per insegnare il Vangelo, di affrontare il quotidiano, con quanto implica di tragico, di corrotto, di menzognero».
Da dove nasce tanta audacia? Francesco continuamente tiene presente il ricordo struggente dei volti degli amici che si confondono con il volto e il nome di Gesù Cristo. Non fa che ricordarli, chiede a Ignazio che gli scriva «una lettera così lunga che io impieghi tre giorni a leggerla».
Vuole sapere tutto di tutti i compagni. Notte e giorno pensa a loro, parla di loro, scrive loro e il suo cuore s’infiamma, la sua gratitudine arriva alle lacrime. Quando muore, a 46 anni, dentro una capanna di foglie, sull’Isola di Sancian, davanti alla Cina (dove voleva arrivare), nella notte del 2 dicembre 1552, sembra avere solo la compagnia di un crocifisso e di un cinese che aveva convertito e che doveva fargli da interprete. Ma si scoprirà al suo collo un piccolo contenitore: dentro c’era una reliquia dell’apostolo san Tommaso, la formula della sua professione e le firme autografe dei suoi amici ritagliate dalle loro lettere. Non erano lontani. Li aveva sul suo cuore."