3 aprile - don GIUSEPPE MOROSINI: martire della Resistenza. e MARIO POMILIO, grande intellettuale cattolico.
Oggi ricordiamo GIUSEPPE_MOROSINI (Ferentino, 19 marzo 1913 – Roma, 3 aprile 1944), sacerdote e partigiano italiano, figura simbolica del contributo importante dato alla Resistenza dal popolo cattolico.Entrò giovane nella Congregazione dei Signori della Missione e fu ordinato sacerdote a San Giovanni in Laterano nel 1937.
Nel 1941 fu cappellano militare del 4° reggimento d'artiglieria di stanza a Laurana, ora in Croazia ma all'epoca in provincia di Fiume. Nel 1943 fu trasferito a Roma. Qui assisteva i ragazzi sfollati dalle zone colpite dal conflitto che erano alloggiati nella scuola elementare Ermenegildo Pistelli, situata nel quartiere Della Vittoria.
Dopo l'8 settembre entrò nella resistenza romana principalmente come assistente spirituale, ma riuscì anche ad aiutare procurando armi e vettovagliamenti. Era in contatto con la "banda Fulvi", comandata da un ufficiale dell'esercito italiano, il tenente Fulvio Mosconi, gruppo che era attivo a Monte Mario, e dipendeva da Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo.
Ottenne da un ufficiale della Wehrmacht il piano delle forze tedesche sul fronte di Cassino, ma, segnalato da un delatore (un certo Dante Bruna, infiltrato dalla Gestapo tra i partigiani di Monte Mario, che fu ricompensato con 70.000 lire), fu arrestato dalla Gestapo il 4 gennaio del 1944 mentre raggiungeva il Collegio Leoniano in via Pompeo Magno 21, in Prati insieme all'amico Marcello Bucchi. Fu detenuto a Regina Coeli nella cella n. 382. Morosini venne accusato oltre che di aver passato agli Alleati la copia della mappa del settore difensivo tedesco davanti a Cassino, anche del possesso di una pistola, rinvenuta tra la biancheria, e del deposito di armi ed esplosivi nascosto nello scantinato del Collegio Leonino.
Nel carcere era ospitato, nella stessa cella, Epimenio Liberi, un commerciante 23enne nativo di Popoli che aveva partecipato ai combattimenti di Porta San Paolo e che era entrato nelle resistenza nelle file del Partito d'Azione. La moglie era in attesa del terzo figlio. I due strinsero amicizia e don Morosini scrisse in carcere per il bambino che doveva nascere, una celebre "Ninna Nanna per soprano e pianoforte". Liberi fu fucilato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo.
Sottoposto a torture perché rivelasse i nomi dei suoi complici, Morosini non solo non parlò ma, con Bucchi, cercò anzi di addossarsi ogni colpa del movimento. Il 22 febbraio il tribunale tedesco lo condanna a morte. Nonostante le pressioni esercitate dal Vaticano, fu fucilato il 3 aprile 1944 a Forte Bravetta. Nel plotone di esecuzione composto da 12 militari della PAI (Polizia Africa Italiana), all'ordine di "fuoco!", 10 componenti spararono in aria. Rimasto ferito dai colpi degli altri 2, don Morosini fu ucciso dall'ufficiale fascista che comandava l'esecuzione con due colpi di pistola alla nuca.
Fu accompagnato al patibolo dal vescovo monsignor Luigi Traglia, che l'aveva ordinato sacerdote sette anni prima.
Sandro Pertini, che era allora detenuto al carcere di Regina Coeli, lo incontrò dopo un interrogatorio delle SS. Pertini lasciò questa testimonianza:
«Detenuto a Regina Coeli sotto i tedeschi, incontrai un mattino don Giuseppe Morosini: usciva da un interrogatorio delle S.S., il volto tumefatto grondava sangue, come Cristo dopo la flagellazione. Con le lacrime agli occhi gli espressi la mia solidarietà: Egli si sforzò di sorridermi e le labbra gli sanguinarono. Nei suoi occhi brillava una luce viva. La luce della sua fede.
Benedisse il plotone di esecuzione dicendo ad alta voce: "Dio, perdona loro: non sanno quello che fanno", come Cristo sul Golgota. Il ricordo di questo nobilissimo martire vive e vivrà sempre nell'animo mio» (Roma, 30 giugno 1969).
Oggi poi ricordiamo, a trentaquattro anni dalla morte, anche un altro grade intellettuale cattolico, MARIO POMILIO (Orsogna, 14 gennaio 1921 – Napoli, 3 aprile 1990) https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Pomilio, scrittore, saggista e giornalista italiano, il cui impegno è ben descritto dalla sua seguente affermazione:
"l'onestà intellettuale è un esercizio di moralità, una religiosità che si esplica non nei proclami, ma nella giustezza delle opere, non nel parlare in nome di Dio, ma nel fare quanto si fa come se si fosse al cospetto di Dio." (da Scritti cristiani, Rusconi, Milano, 1979, pp. 65-66)