27 settembre - SAN VINCENZO DE' PAOLI: l'importanza dei sacerdoti nella Chiesa Cattolica.
Autore: Restelli Silvio. Curatore: Mangiarotti don Gabriele.Nella storia della cristianità, fra le innumerevoli schiere di martiri e santi, spiccano in ogni periodo storico delle figure particolari, che nel proprio campo di apostolato, sono diventate dei colossi, su cui si fonda e si perpetua la struttura evangelica, caritatevole, sociale, mistica, educativa, missionaria, della Chiesa.
E fra questi suscitatori di Opere, fondatori e fondatrici di Congregazioni religiose, pastori zelanti di ogni grado, ecc., si annovera la luminosa figura di SAN VINCENZO DE’ PAOLI, che fra i suoi connazionali francesi era chiamato “Monsieur Vincent”.
«Quando lascerete la preghiera per curare un malato», diceva alle sue Figlie della Carità, «lascerete Dio per Dio: curare un malato è come recitare la preghiera» e la preghiera compie miracoli, per sé e per gli altri. (Cristina Siccardi)
Vincenzo (Pouy, Guascogna, 1581 - Parigi, 27 settembre 1660) nacque a Pouy in Guascogna il 24 aprile 1581 e fu ordinato sacerdote a 19 anni.
Nel 1605 mentre viaggiava da Marsiglia a Narbona fu fatto prigioniero dai pirati turchi e venduto come schiavo a Tunisi. Venne liberato dal suo stesso «padrone», che convertì.
Da questa esperienza nacque in lui il desiderio di recare sollievo materiale e spirituale ai galeotti.
Nel 1612 diventò parroco nei pressi di Parigi. Alla sua scuola si formarono sacerdoti, religiosi e laici che furono gli animatori della Chiesa di Francia, e la sua voce si rese interprete dei diritti degli umili presso i potenti.
Promosse una forma semplice e popolare di evangelizzazione. Fondò i Preti della Missione (Lazzaristi) e insieme a santa Luisa de Marillac, le Figlie della Carità (1633). Diceva ai sacerdoti di S. Lazzaro:
«Amiamo Dio, fratelli miei, ma amiamolo a nostre spese, con la fatica delle nostre braccia, col sudore del nostro volto».
Per lui la regina di Francia inventò il Ministero della Carità. E da insolito «ministro» organizzò gli aiuti ai poveri su scala nazionale. Morì a Parigi il 27 settembre 1660 e fu canonizzato nel 1737.
«Il cristianesimo dipende dai preti», questa l’idea-forza di san Vincenzo de’ Paoli, idea condivisa dai riformatori cattolici della prima metà del XVII secolo, quando la Controriforma rispose efficacemente al Protestantesimo.
San Vincenzo de’ Paoli è l’autentico ritratto di che cosa sia vivere la terza virtù teologale.
Il come vivere la carità dipende dai preti e san Vincenzo de’ Paoli è stato un sacerdote di piena carità perché pienamente santo. Lo storico e critico letterario francese Henri Brémond scrisse di lui:
«Non è la sua carità che ha fatto di lui un santo, ma la sua santità che l’ha reso veramente caritatevole».
Nel 1612 fu nominato parroco di Clichy, alla periferia di Parigi. È di questo periodo l’incontro con il teologo e Cardinale Pierre de Bérulle, uno dei protagonisti della Contro-Riforma francese che, ispirandosi a san Filippo Neri, fondò a Parigi l’Oratorio di Gesù e di Maria Immacolata. Grazie a questa eccezionale guida spirituale, Padre Vincenzo iniziò a non badare più ai suoi problemi economici, dedicandosi alla vita apostolica fatta prevalentemente di catechismo e di carità.
Tuttavia accettò l’incarico di precettore del primogenito di Filippo, Emanuele Gondi, governatore generale delle galere, un incontro che si rivelerà provvidenziale per l’innesto delle sue molteplici attività. Lasciato momentaneamente il castello della famiglia Gondi, Vincenzo fu invitato dagli oratoriani di de Bérulle, ad esercitare il suo ministero nella parrocchia di campagna di Chatillon-le-Dombez.
Il contatto con la povertà rurale e gli ammalati mossero il santo alla costituzione di una confraternita di pie persone, impegnate a turno ad assistere gli ammalati della parrocchia. Il 20 agosto 1617 nasceva così la prima Carità, le cui associate presero il nome di "Serve dei poveri" e in tre mesi l’Istituzione ebbe un suo regolamento, approvato dal Vescovo di Lione. La signora Gondi riuscì a convincerlo a tornare nelle sue terre, in tal modo, dopo la parentesi di sei mesi come parroco, Padre Vincenzo divenne cappellano di ottomila contadini. Prese così a predicare le Missioni nelle zone rurali, fondando le Carità in numerosi villaggi, intanto, nel 1623, si laureò in diritto canonico a Parigi e anche qui fondò le Carità; sei anni dopo le Suore dei poveri presero il nome di Dame della Carità.
L’istituzione cittadina più importante fu quella detta dell’Hotel Dieu (Ospedale), che san Vincenzo organizzò nel 1634. Fra le centinaia di associate a questa Carità, vi furono la futura regina di Polonia Luisa Maria Gonzaga e la duchessa d’Auguillon, nipote del Primo Ministro, il Cardinale Richelieu.
Le Carità vincenziane comparvero anche a Roma (1652), Genova (1654), Torino (1656).
Nel 1618 prese consistenza la predicazione rurale, tanto che altri sacerdoti si unirono a lui, i signori Gondi incrementarono il finanziamento a Padre Vincenzo e l’Arcivescovo di Parigi diede il suo appoggio, approvando la Congregazione della Missione il 24 aprile 1626, mentre il beneplacito del Re di Francia giunse nel maggio 1627 e quello di papa Urbano VIII il 12 gennaio 1632.
Nel frattempo sacerdoti missionari si raccolsero nel priorato di San Lazzaro, da cui prenderanno il nome di Lazzaristi. Per la formazione delle suore, affidò le giovani (1633) a santa Luisa de Marillac, vedova Le Gras. La nuova Congregazione prese il nome di Figlie della Carità, approvate nel 1646 dall’Arcivescovo di Parigi e nel 1668 dalla Santa Sede. Con il loro alare bianco copricapo, mantenuto fino alle nuove disposizioni del 1964, hanno sparso in ogni dove caritatevole assistenza ai malati negli ospedali, agli orfani, ai carcerati, ai feriti di guerra, agli invalidi e ad ogni sorta di miseria umana. Ancora oggi le "Figlie della Carità" costituiscono la Famiglia religiosa femminile più numerosa della Chiesa.
Attraverso l’Opera degli Esercizi Spirituali, i Lazzaristi divennero prestigiosi e qualificati formatori dei futuri sacerdoti, al punto che l’Arcivescovo di Parigi dispose che i nuovi ordinandi trascorressero quindici giorni di preparazione nelle loro case, in particolare nel parigino Collegio dei Bons-Enfants, di cui de’ Paoli era superiore.
Più tardi, nel priorato di San Lazzaro, l’Opera degli Esercizi Spirituali si estese a tutti gli ecclesiastici che avessero voluto fare un ritiro annuale e anche a folti gruppi laici. A partire dal 1633, un ampio gruppo di ecclesiastici, con la guida di Vincenzo de’ Paoli, prese a riunirsi il martedì, dando vita alle celebri Conferenze del martedì.
Significativo poi che la direzione dei costituendi Seminari delle diocesi, disposti dal Concilio di Trento, venne assegnata nel 1660 a ben dodici rettori appartenenti ai Lazzaristi.
Nel 1643 de’ Paoli fu chiamato a far parte del Consiglio della Coscienza o Congregazione degli Affari Ecclesiastici, dalla reggente Anna d’Austria; ma l’opportunistica presenza del Cardinale Giulio Mazzarino impedì di fatto l’azione benefica di Padre Vincenzo, il quale giunse a chiedere alla regina (1649), invano, l’allontanamento di Mazzarino stesso. Fu lui ad essere rimosso, ma in compenso divenne Ministro della Carità, ministero mai esistito prima e preposto all’organizzazione, su scala nazionale, degli aiuti ai poveri.
Nei dodici capitoli delle “Regulae”, san Vincenzo ha riunito lo spirito che deve distinguere i suoi figli: la spiritualità contemplativa secondo il pensiero del Cardinale de Bérulle, sotto la cui direzione egli rimase per oltre un decennio; l’umanesimo devoto di san Francesco di Sales, suo grande amico, del quale lesse più e più volte le opere spirituali; l’ascetismo di sant’Ignazio di Loyola, del quale assimilò il temperamento pratico.
Da queste tre fonti elaborò quella carità che vede nel povero e nel malato le sembianze di Cristo, e a quel povero e a quel malato viene portato Cristo, attraverso la carità.
Le virtù caratteristiche dello spirito vincenziano, secondo la Regola dei Missionari, sono le cosiddette cinque pietre di Davide: la semplicità, l’umiltà, la mansuetudine, la mortificazione, lo zelo per la salvezza delle anime.
Suoi libri prediletti: L’imitazione di Cristo; Filotea. Introduzione della vita devota; il Trattato dell’Amor di Dio (gli ultimi due di san Francesco di Sales).
Che cosa è, allora, per san Vincenzo de’ Paoli la carità? È ciò che la Tradizione insegna in merito.
Il termine carità deriva dal latino chiarita (benevolenza, affetto, sostantivo di carus, cioè caro, amato). Fra le migliori definizioni sicuramente è da annoverare quella del Dizionario Treccani:
«L’amore che, secondo il concetto cristiano, unisce gli uomini con Dio e tra loro, attraverso Dio. Il termine latino caritas, che implica insieme l’idea di stima e di benevolenza, è stato preferito dagli scrittori cristiani ad amor, e quasi contrapposto a questo, come più preciso equivalente del greco "agape" (contrapposto all’"eros")».
La carità è la terza delle tre virtù teologali, anzi, la maggiore di tutte (Mc 12, 28-31 – Cor 13, 1-13), quella per cui gli uomini possono attuare il fondamentale precetto di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi per amore di Dio. «La caritade» secondo sant’Agostino, censisce il Vocabolario degli Accademici della Crusca del 1612, il secolo di san Vincenzo, «è un movimento d’animo a servíre a Dio, per se, e a se, e al prossimo, per Domeneddio».
Ed ecco cosa diceva a proposito della carità il santo guascone:
«La carità quando dimora in un’anima occupa interamente tutte le sue potenze; nessun riposo; è un fuoco che agita continuamente: tiene sempre in esercizio, sempre in moto la persona una volta che ne è infiammata».
Nella carità Dio è al primo posto e in quest’ordine l’Onnipotente agisce con un dispiegamento soprannaturale di forze elargite a chi Lo ama sinceramente, a chi si impegna, per puro amore di Gesù, con vera carità.
I giorni e le notti di san Vincenzo de’ Paoli, che visse come consigliava ai suoi, «nel riposo e nella fiducia in Dio, addirittura nell’allegria di Dio», erano inanellati di Santa Messa, lodi, adorazione al Santissimo, meditazioni, Angelus, vespri, compieta, come lui stesso rivela in una lettera del 1640 a santa Giovanna di Chantal. E proprio quella quotidianità, che iniziava alle 4:00 e terminava alle 21:00, edificata al cospetto di Dio, era in grado di concretizzare divinamente ciò che la solidarietà non potrà mai realizzare, perché dominata dai limiti umani.
Vedi anche il 15 marzo - SANTA LUISA DI MARILLAC (Parigi, 12 agosto 1591 – Parigi, 15 marzo 1660): le donne per la strada ad assistere i poveri.
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