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24 agosto - SIMONE WEIL mistica e filosofa francese e ROSA di SANTA MARIA, grande santa latino-americana.

Autore: Restelli Silvio. Curatore: Mangiarotti don Gabriele.

SIMONE WEIL (Parigi, 3 febbraio 1909 – Ashford, 24 agosto 1943) è una delle quattro grandi donne filosofe del 900 (con Hanna Arendt, Maria Zambrano e Edith Stein). Confrontandosi fino in fondo con l'esperienza del totalitarismo nazista, marxista e franchista e ci indicano la possibile uscita dal nichilismo e da ogni forma di totalitarismo a partire DA UNA VISIONE TEOCENTRICA DELL'UOMO E DELLA STORIA.
ROSA DI SANTA MARIA, al secolo Isabel Flores de Oliva (Lima, 20 aprile 1586 – ivi, 24 agosto 1617), religiosa peruviana del terz'ordine domenicano, è stata canonizzata nel 1671 da papa Clemente X.


SIMON WEIL
PENSIERO
La posizione etica fondamentale di Simone Weil è quella di METTERSI SEMPRE DALLA PARTE DEGLI OPPRESSI. In questa prospettiva, matura anche LA SUA CRITICA AL MARXISMO; di Marx ella RIFIUTA IL MATERIALISMO, la riduzione delle idee all'espressione di un gioco di forze e la fede che gli ingranaggi sociali, se lasciati alle loro leggi materiali, producano il bene. Contro il necessitarismo storico ella riafferma, recuperando Platone, che, nel regno spirituale, dal male non può nascere il bene, e che L'UMANITÀ, NELLA SUA LONTANANZA DALLA PERFEZIONE DIVINA, È IN SÉ MISERA E LIMITATA E QUINDI NON PUÒ AUTOREDIMERSI ATTRAVERSO LA DIALETTICA MATERIALISTA.[9]

VITA
Figlia di un ricco medico ebreo e sorella minore del matematico André Weil, Simone Weil nasce il 3 febbraio 1909 a Parigi, ricevendo in famiglia un'educazione severa e raffinata. Soffre, fin dall'adolescenza, di forti e ricorrenti emicranie.[1]
Fra il 1919 e il 1928 studia in diversi licei parigini, dove ha come professori di filosofia René Le Senne e Alain. Ammessa all'École Normale Supérieure, nel 1931 vi supera l'esame di concorso per l'insegnamento nella scuola media superiore. Insegna filosofia fra il 1931 e il 1938 nei licei di varie città di provincia (Puy, Auxerre, Roanne, Bourges, Saint-Quentin).[2]
A Puy, suo primo luogo d'insegnamento, suscita scandalo distribuendo lo stipendio fra gli operai in sciopero e guidando la loro delegazione in municipio. È l'inverno 1934-1935: desidera conoscere la condizione operaia nella sua terribile monotonia e dipendenza. Inizia a lavorare nelle fabbriche metallurgiche di Parigi.
L'esperienza di otto mesi di lavoro nelle officine Renault – che ha conseguenze gravi per la sua salute – verrà raccolta, sotto forma di diario e di lettere, nell'opera "La condizione operaia" (1951). Si reca anche in Portogallo dove conosce e vive la miseria dei pescatori.[3]

In questi anni è vicina ad ambienti sindacali e politici anarchici e trotskisti.[4]
Nel 1936 va a combattere con i repubblicani anti-franchisti nella Guerra civile spagnola. Ma, vittima di un incidente, torna a Parigi.[5]

Nel 1937, mentre viaggia, ammalata, per l'Italia, si inginocchia in una chiesa di Assisi, sentendosi trascinata da una forza irresistibile. Iniziano le sue esperienze mistiche, che proseguono nel 1938 quando trascorre la pasqua a Solesmes.[6] Ma non si decide a entrare nella Chiesa cattolica per timore di trovare in essa un facile riparo che l'avrebbe potuta allontanare dalla mistica della passione patita insieme a Cristo.[7]
Nel 1940 abbandona Parigi a causa dell'invasione tedesca; resta dai genitori, a Marsiglia, fino al 1942 e, dopo un breve soggiorno a New York, raggiunge Londra per unirsi all'organizzazione France Libre della Resistenza francese. Digiunando, si sente spiritualmente vicina ai francesi della zona occupata.[8]
Affetta da tubercolosi, muore nel sanatorio di Ashford il 24 agosto del 1943, all'età di soli 34 anni.
Tutte le sue opere principali vengono pubblicate postume.

TEOLOGIA MISTICA
Nel 1948 fu pubblicato "L'ombra e la grazia", una raccolta di pensieri religiosi estratti da Gustave Thibon dai "Diari intimi" (1940-1942) di Simone Weil. Le riflessioni contenute nel libro ricordano quelle di Pascal e di Kierkegaard.[10]

Nella Weil è centrale il problema del difficile percorso di unione tra l'anima e Dio.
Il cammino che l'anima sedotta intraprende per raggiungere Dio, è lo stesso, drammatico, che Dio ha compiuto per avvicinarsi all'essere umano: la croce.
«Dio pena, attraverso lo spessore infinito del tempo e della specie, per raggiungere l'anima e sedurla. Se essa si lascia strappare, anche solo per un attimo, un consenso puro e intero, allora Dio la conquista. E quando sia divenuta cosa interamente sua, l'abbandona. La lascia totalmente sola. Ed essa a sua volta, ma a tentoni, deve attraversare lo spessore infinito del tempo e dello spazio alla ricerca di colui ch'essa ama. Così l'anima rifà in senso inverso il viaggio che Dio ha fatto verso di lei. E ciò è la croce.[11]»

UNITÀ DEL PERCORSO FILOSOFICO ED ESISTENZIALE DI SIMONE WEIL
Per la sua scelta di esplicitare il suo pensiero soprattutto mediante la pratica di vita, anziché mediante opere scritte, risulta difficile un'esposizione sintetica della riflessione weiliana; essa in ogni caso risente dell'evoluzione biografica della Weil, passata dalla prima fase di impegno militante di ispirazione comunista-sindacalista a una seconda fase religiosa, mistica. Una svolta importante avviene allorché editorialmente si è proceduto alla pubblicazione integrale e rispettosa del materiale scritto dalla Weil, secondo criteri filologici e non arbitrari. In particolar modo si sono mostrati assai preziosi gli scritti giovanili, scolastici, decisivi per rilevare la profonda continuità del suo pensiero e le problematiche costanti che portano Simone a un percorso tanto travagliato quanto sviluppato filosoficamente.
Simone Weil fu allieva di Emile Chartier, più noto come Alain e da lui eredita un'impostazione e una serie di questioni aperte che risalgono alla tradizione spiritualista laica e radicale della filosofia francese, tra la seconda metà dell'Ottocento e la prima metà del Novecento.
Gioca un ruolo importante in questo contesto la ricezione del kantismo tradotto coi concetti di Maine de Biran, quindi l'importanza dell'esperienza volontaristica dell'"effort" (lo sforzo) come fondazione autonoma dello spirito e decisione sul valore della conoscenza.
Già solo questa tematica, la fondazione dei valori (l'armonia tra sensazioni e concetti e quindi i valori del bello, del vero e del bene), rappresenta un tratto di forte continuità nel pensiero di Simone Weil, preponderante tanto nei primissimi scritti come "Le Beau" et "Le Bien" quanto negli ultimi "Cahiers".

Un altro problema decisivo che la Weil affronta subito (ancora di matrice kantiana) riguarda una questione gnoseologica e semiotica. Abbiamo di fronte soltanto cose individuali e concrete eppure per conoscere usiamo termini universali e astratti, come si concilia la dicotomia? Ad emergere è una soluzione accostabile alla spinoziana conoscenza di terzo genere, ciò che con linguaggio hegeliano si potrebbe definire anche come universale concreto.

Tenere a mente questa problematica consente una maggiore comprensione della svolta religiosa e cristiana della Weil.
Se dapprima infatti a mediare tra concetti e cose, tra spirito e materia è la volontà coraggiosa e generosa dell'uomo (così come le aveva insegnato Alain), la crisi che attraversa nella sua esperienza di fabbrica, crisi e SFIDUCIA NEI CONFRONTI DELL'UMANESIMO ANTROPOCENTRICO LAICO, la porta a una soluzione teologica e cristocentrica, di rivalutazione dell'esperienza del sacrificio cristiano e di tutta la simbologia religiosa come mediazione tra l'ordine materiale e quello spirituale e ponte per il soprannaturale.

NOTE
1. Cfr. l'introduzione di Georges Hourdin in Simone Weil, L'ombra e la grazia, trad. di Franco Fortini, Rusconi, Milano 1985, p. 10.
2. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , pp. 8-9.
3. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , pp. 8-9.
4. Cfr. Weil, Simone in L'Universale. La Grande Enciclopedia Tematica – Letteratura, Garzanti, Milano 2003, p. 1159.
5. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , p. 9.
6. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , ibidem.
7. Cfr. Weil, Simone in L'Universale. La Grande Enciclopedia Tematica, Garzanti, Milano 2003, p. 1214.
8. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , p. 10.
9. Cfr. Weil, Simone in L'Universale. La Grande Enciclopedia Tematica – Filosofia, Garzanti, Milano 2003, p. 1213.
10. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , p. 7.
11. Simone Weil, L'ombra e la grazia, trad. di Franco Fortini, Rusconi, Milano 1985, p. 98.

COLLEGAMENTI
Per Edith Stein (9 agosto), per Hanna Arendt (4 dicembre), per Maria Zambrano (6 febbraio)

ROSA DI SANTA MARIA.
Grande, già in vita, fu la sua fama di santità. L'episodio più eclatante della sua esistenza terrena ce la presenta abbracciata al tabernacolo per difenderlo dai calvinisti olandesi guidati all'assalto della città di Lima dalla flotta dello Spitberg. L’inattesa liberazione della città, dovuta all’improvvisa morte dell’ammiraglio olandese, fu attribuita alla sua intercessione.
Condivise la sofferenza degli indios, che si sentivano avviliti, emarginati, vilipesi, maltrattati soltanto a motivo della loro diversità di razza e di condizione sociale.

Sentendosi avvicinare la morte, confidò: “Questo è il giorno delle mie nozze eterne”. Era il 24 agosto 1617, festa di S. Bartolomeo. Aveva 31 anni. Il suo corpo si venera a Lima, nella basilica domenicana del S. Rosario. Fu beatificata nel 1668.
Due anni dopo fu insolitamente proclamata patrona principale delle Americhe, delle Filippine e delle Indie occidentali: si trattava di un riconoscimento singolare dal momento che un decreto di Papa Barberini (Urbano VIII) del 1630 stabiliva che non potessero darsi quali protettori di regni e città persone che non fossero state canonizzate.
Fu comunque canonizzata il 12 aprile 1671 da papa Clemente X. È anche patrona dei giardinieri e dei fioristi. È invocata in caso di ferite, contro le eruzioni vulcaniche ed in caso di litigi in famiglia. (Francesco Patruno) .