23 luglio - GIUSTINO FORTUNATO, scrittore, politico, storico, e meridionalista italiano
Autore: Restelli Silvio. Curatore: Mangiarotti don Gabriele.Giustino Fortunato (Rionero in Vulture, 4 settembre 1848 – Napoli, 23 luglio 1932) fu uno degli iniziatori del dibattito sulla cosiddetta "questione meridionale".
Studiò ed espose vari problemi riguardanti la crisi economica del sud Italia dopo l'unità nazionale, illustrando nelle sue opere e nella sua attività parlamentare una serie di interventi programmati per migliorare la situazione economico-sociale del Mezzogiorno. Benché avesse idee di stampo conservatore, fu uno strenuo oppositore del regime fascista.
Vedi qui
«L'Unità d'Italia è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L'unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all'opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali.» (Giustino Fortunato 2 settembre 1899, lettera a Pasquale Villari)
Ecco la preziosa testimonianza di Indro Montanelli a due anni dalla sua morte (1930).
LA STANZA DI MONTANELLI Don Giustino e la questione meridionale
Vedi qui.
Caro Montanelli, Sono una ragazza diciottenne che dedica parte del suo tempo libero alla ricerca e allo studio del fenomeno mafioso. Orgogliosa del materiale raccolto, lo conservo con cura e animata da un vivo e tenace interesse, con ostinazione, nel mio piccolo, continuo ad occuparmi della Sicilia. Consapevole di non sapere abbastanza e probabilmente di essere profondamente ingenua, le chiedo di aiutarmi. Nella risposta ad una lettera di un paio di settimane fa, lei accennò , senza riferirne il contenuto, all' "illuminante colloquio" che ebbe, su questo argomento, con Giustino Fortunato. E' troppo, da parte mia, chiederle in cosa ne fu "illuminato"? Silvia Dalla Rosa, Vicenza
Cara Silvia, Sono centocinquant' anni che sulla mafia si svolgono inchieste e si accumulano relazioni. Se vuoi portare una goccia a questo mare di parole, fa' pure, ma non te lo consiglio. Quanto a Giustino Fortunato, mi costringi a riraccontare una storia che ho già raccontato, ma che forse pochi avranno letto. Eccola. Era il 1930, ed io, appassionato di problemi meridionalistici, ne scrivevo su un piccolo quindicinale fiorentino, "L' Universale," che però esercitò un certo impatto sulla maturazione ideologica della mia generazione.
La nostra teoria era che il fascismo doveva considerarsi come una scorciatoia per risolvere alcuni problemi che non si potevano affrontare coi sistemi democratici cui si sarebbe tornati una volta esaurito questo compito. Il maggiore di questi problemi era l'arretratezza del Sud su cui riportavo dati ed opinioni. Un giorno ricevetti questo biglietto: "Caro signore, seguo con molto interesse i suoi articoli, e ne apprezzo l'onestà e l'esattezza dei dati. Purtroppo non sono d'accordo sulle conclusioni, e se un giorno verrà a trovarmi, gliene spiegherò il perchè. Giustino Fortunato".
L' indomani uno scompartimento di terza classe mi scaricò a Napoli, ed un tram alla porta di Don Giustino a cui bussai col batticuore. Venne ad aprirmi lui stesso, e quando gli dissi il mio nome, mi rispose sorridendo: "Cosi' giovane? Ah, ora capisco tutto!". Mi condusse per mano nella sua libreria, dove parlammo per quasi due ore. Secondo lui, la questione del Meridione non esisteva. Esisteva solo quella dei meridionali.
Siccome mi ribellavo a questa dichiarazione che mi sembrava razzista, rispose: "No, la razza non c'entra, c'entra ben altro. Venga qua", e mi condusse in un'altra biblioteca foderata di libri rilegati.
"Questi non sono miei, mi disse, sono di mia sorella che, essendo molto pia, ha raccolto qui le opere dei mistici italiani. Le guardi, le guardi...".
E dopo un po', vedendo che non capivo, mi chiese: "Ne ha visto qualcuna di un mistico meridionale?".
"No"- feci - seguitando a non capire. "Infatti, disse lui, non ce ne sono, e
la questione meridionale è tutta qui. Noi meridionali non crediamo in Dio.
Chi non crede in Dio non crede nel domani.
E chi non crede nel domani non pianta alberi: li lascia distruggere dalle sue capre allo stadio di virgulti. Vada a vedere i nostri calanchi, ammassi di argilla senza vita, e se ne accorgerà". Non ho mai dimenticato questa lezione che mi s'impresse nella mente e nel cuore. Don Giustino morì poco dopo. Il suo biglietto mi fu sequestrato dai tedeschi quando mi arrestarono, insieme a tutto il poco che avevo. E' l'unica perdita di cui non sono mai riuscito a consolarmi. (La Stanza di Montanelli, 12 febbraio 1996)