22 luglio - GIOVANNINO GUARESCHI e INDRO MONTANELLI: il rispetto della verità come ideale del giornalismo.
Entrambi furono guidati da un ideale di giornalismo che poneva in cima alla scala dei valori il rispetto della verità e la necessità, di fronte ad essa, di non scendere a compromessi professionali. Entrambi furono lontani da quella cultura di ispirazione marxista che si diffuse in Italia dopo la Liberazione e soprattutto negli anni 70.Ecco alcune citazioni che dimostrano in modo impressionante la vicinanza dei due giornalisti sul modo di vivere la professione, nonostante la distanza abissale tra le loro idee di fondo.
Ecco Giovanni Guareschi (Fontanelle di Roccabianca, 1º maggio 1908 – Cervia, 22 luglio 1968)
• La verità non si insegna; bisogna scoprirla, conquistarla. Pensare, farsi una coscienza. Non cercare uno che pensi per voi, che vi insegni come dovete essere liberi. Qui si vedono gli effetti: dagli effetti risalire alle cause, individuare il male. Strapparsi dalla massa, dal pensiero collettivo, come una pietra dall'acciottolato, ritrovare in se stessi l'individuo, la coscienza personale. Impostare il problema morale. Domani, appena toccherete col piede la vostra terra troverete uno che vi insegnerà la verità, poi un secondo che vorrà insegnarvela, poi un terzo, un quarto, un quinto che vorranno tutti insegnarvi la verità in termini diversi, spesso contrastanti. Bisogna prepararsi qui, "liberarsi" qui in prigionia, per non rimanere prigionieri del primo che v'aspetta alla stazione, o del secondo o del terzo. Ma passare ogni parola loro al vaglio della propria coscienza e, dalle individuate falsità d'ognuno, scoprire la verità. (Diario clandestino pag, 159)
• Libertà è dovunque vive un uomo che si sente libero. Libertà significa coscienza della propria personalità e dei propri doveri: ciò non può piacere al vile che ha il terrore d'assumersi delle responsabilità e di agire in modo consono alla propria responsabilità. Libertà significa lotta, fede, sacrifici, fatica, studio, lavoro illuminato dall'intelligenza e da un fine: ciò non può piacere all'inetto. Libertà significa rispetto di sé, degli altri e delle leggi basilari che regolano il vivere secondo Dio e secondo la civiltà. Ciò non può piacere al vile che desidera soltanto sottrarsi al dominio della sua coscienza personale per adeguarsi alla coscienza collettiva. Amerai il prossimo tuo come te stesso: se questa è la legge, è dovere di ognuno amare se stesso. Non si deve disprezzare il dono meraviglioso che Dio ci ha dato: Egli ci ha dato una personalità e una coscienza alle quali non dovremo rinunciare. Sul letto di morte, ci troveremo soli a rispondere a Dio delle nostre azioni. (Chi sogna nuovi gerani? pag. 489)
Ecco Indro Montanelli (Fucecchio, 22 aprile 1909 – Milano, 22 luglio 2001) intervistato da Costanzo Costantini
D. Quali sono le doti che un giornalista deve possedere?
R. «Ci vuole l’onestà, e non solo quella intellettuale. Il desiderio di cercare la verità, pur sapendo che non si trova mai. La responsabilità, perché ogni parola può distruggere una vita. La capacità di riconoscere l’errore, e rimediare quando si sbaglia».
D. Questi valori si possono tradurre in codici deontologici?
R. «Per il giornalista la deontologia si riduce alla coscienza. E’ tutto qui, in una parola. Suggerisco, inoltre, di stare attenti, fino a quando si fa questo mestiere, al potere e alla ricchezza».
D. Parla del danaro e della ricchezza come se fossero gli obiettivi del demonio.
R. «Sarò un vecchio tradizionalista, ma se un giornalista è troppo ricco, mi puzza. Quanto al potere, è noto che io ho rinunciato a un seggio di senatore a vita. Non è stato un gesto di esibizionismo, ma un modo concreto per dire quello che penso: il giornalista deve tenere il potere a una distanza di sicurezza».
D. Abbiamo l’Ordine dei giornalisti.
R. «Non ha alcuna funzione, se non quella comune a tutti gli ordini professionali: difendere mafie di interessi corporativi»
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