19 settembre - ÉTIENNE GILSON: lo spirito della filosofia medievale come fondamento della civiltà europea.

Grande filosofo e storico francese, assieme a Jacques Maritain e Réginald Garrigou-Lagrange Etienne Gilson (Parigi, 13 giugno 1884 – Cravant, 19 settembre 1978) è considerato fra i massimi esponenti del neotomismo.
Si dedicò soprattutto allo studio della filosofia medievale contribuendo alla rinascita del tomismo. Nella breve biografia del teologo medievale ad opera dello scrittore e giornalista inglese Gilbert Keith Chesterton disse che era "senza possibilità di paragone il miglior libro mai scritto su San Tommaso. Nulla di meno del genio può rendere ragione di un tale risultato".
La sua opera più importante "Lo spirito della filosofia medievale" ha contribuito a far conoscere, anche a livello mondiale, l'importanza del periodo medievale nella storia del pensiero occidentale, sfatando definitivamente il luogo comune illuminista dei "secoli bui".

Nacque a Parigi da una famiglia cattolica originaria della Borgogna, studiò nel seminario di Notre-Dame-des-Champs e terminò gli studi al liceo Enrico IV.
Gilson fu allievo di Bergson al Collège de France nel 1905 e professore di storia della filosofia all'Università di Strasburgo e professore di storia della filosofia medievale alla Sorbona dal 1921 al 1932 e al Collège de France.

Insegnò anche per tre anni ad Harvard. Fu ammesso all'Accademia di Francia nel 1947. Intrattenne un fitto ed interessante rapporto epistolare col filosofo cattolico italiano Augusto del Noce.

Notevoli anche i suoi studi sul "Discorso sul metodo" del filosofo francese Cartesio. Proprio a partire da Cartesio egli elaborò una concezione della storia della filosofia che predilige la continuità a scapito della rottura e delle rivoluzioni.

Scrisse anche saggi su sant'Agostino, Pietro Abelardo, san Bonaventura, Giovanni Duns Scoto, Dante e san Tommaso, riconoscendo in quest'ultimo il primo vero esponente di una metafisica dell'essere.

Etienne Gilson, lo spirito della filosofia medievale


"Para Theou perì Theou mathein" "Apprendere da Dio intorno a Dio" (Atenagora, Legatio pro Christianis, VII)
"Siamo nani issati sulle spalle di giganti". (Bernardo di Chartres)

Invitato al difficile compito di definire lo spirito della filosofia medievale, spiega Etienne Gilson, ho accettato volentieri, pensando all'opinione molto diffusa che il Medio Evo abbia una sua letteratura e una sua arte ma non abbia una filosofia sua propria.

Tentare di definire lo spirito di questa filosofia era condannarsi a fornire prova della sua esistenza, o ammettere che non era mai esistita.
Cercando di definirla nella sua essenza, mi sono visto costretto a presentarla come "filosofia cristiana per eccellenza".

Ma a questo punto la stessa difficoltà mi aspettava su un altro piano, poiché se si è negata la possibilità di una filosofia medievale a livello fattuale, si è anche negata la possibilità di una filosofia cristiana a livello teorico.
Si trova dunque che le due serie di lezioni convergano verso questa conclusione, che il Medio Evo ha prodotto non solo una letteratura e un arte cristiana (ciò che si sapeva già) , ma anche una filosofia cristiana (ciò di cui si discute).

Non è questione di sostenere che il M.E. ha creato questa filosofia dal nulla, come non ha tratto dal nulla la sua arte e la sua letteratura. Non è nemmeno una questione di pretendere che nel Medioevo non ci fosse altra filosofia che quella cristiana, come non si può affermare che tutta la letteratura medievale fosse cristiana e così tutta l'arte medievale.
L'unica questione da esaminare è se la nozione di filosofia cristiana abbia un senso e se la filosofia medievale, considerata nei suoi rappresentanti più qualificati, non ne fosse proprio l'espressione storica più adeguata.

Lo spirito della filosofia medievale, come si intende qui, è dunque lo spirito cristiano, che è entrato nella tradizione greca e l'ha elaborata, producendo una visione del mondo, una "Weltanschuung" specificamente cristiana.

Ci sono voluti templi greci e basiliche romane perchè ci fossero le cattedrali; tuttavia, qualunque sia il debito dei nostri architetti medievali nei confronti dei loro predecessori, essi si differenziano da essi, e il nuovo spirito che ha permesso loro di creare è forse lo stesso che ha ispirato i filosofi del tempo.

Per sapere ciò che è vero in questa ipotesi, l'unico metodo da seguire è quello di mostrare il pensiero medioevale nello stato nascente nel punto preciso in cui l'innesto giudeo-cristiano inserisce nella tradizione storica.

La dimostrazione tentata è puramente storica; se, molto raramente, un atteggiamento più teorico è stato adottato provvisoriamente, è perché lo storico deve rendere almeno intelligibile le nozioni che espone; si trattava di suggerire come possano ancora oggi essere concepite le dottrine, di cui lungo i secoli si è soddisfatto il pensiero di coloro che ci hanno preceduto.