19 marzo - GUIDO GALLI (1980), don GIUSEPPE DIANA (1994) e MARCO BIAGI (2002): martiri della libertà.

Oggi 19 Marzo, san Giuseppe lavoratore e festa del papà, ricordiamo TRE UOMINI E PADRI ECCEZIONALI che hanno offerto, proprio in questo giorno in anni diversi, la loro vita per la giustizia: GUIDO GALLI (1980), don GIUSEPPE DIANA (1994) e MARCO BIAGI (2002).

Riportiamo alcuni brani della lettera di don Diana,“PER AMORE DEL MIO POPOLO”.
"Siamo preoccupati. Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra.
Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”.
Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.
"Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno.
Dio ci chiama ad essere profeti.
- Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
- Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
- Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
- Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della preghiera che è la fonte della nostra speranza."

Nel 1980 - quarantaquattro anni fa - GUIDO GALLI, magistrato e docente di criminologia italiano, fu assassinato a Milano, da un commando di Prima Linea (noto gruppo armato, operante nel contesto degli anni di piombo), a causa della sua azione da magistrato contro di essi.
Fu lui infatti a concludere la prima maxi-inchiesta sul terrorismo partita nel settembre del 1978 dopo l'arresto di Corrado Alunni e il ritrovamento del covo di via Negroli, a Milano.
Ecco il servizio a lui dedicato da "La Storia siamo noi".

E la scheda a lui dedicata dal sito curato dalle vittime del terrorismo.

Fu colpito inizialmente alla schiena e dopo che fu caduto, i terroristi lo finirono sparandogli due colpi alla nuca. Del commando faceva parte anche una donna.
Fu amico di Piero Pajardi.
Quest'ultimo gli dedicò parte del libro “Operazione Giustizia” (Cedam, Padova 1991).

Ecco l’unico testo che affronta il fenomeno dal punto di vista delle vittime, quello di Mario Adinolfi, Storia del terrorismo in Italia.

Questa lettera dei suoi familiari è incisa su una targa posta su un muro del secondo piano del Palazzo di Giustizia di Milano.
“A quelli che hanno ucciso mio marito e nostro padre.
Abbiamo letto il vostro volantino: non l’abbiamo capito. Sentiamo ugualmente il dovere di scrivere queste righe, anche perché altri possano leggerle. Capiamo solo che il 19 marzo avete fatto di Guido un eroe e lui non avrebbe mai voluto esserlo, in alcun modo: voleva solo continuare a lavorare nell’anonimato, umilmente e onestamente come sempre ha fatto. Avete semplicemente annientato il suo corpo, ma non riuscirete mai a distruggere quello che ha oramai dato per il lavoro, la famiglia, la società. LA LUCE DEL SUO SPIRITO BRILLERÀ SEMPRE ANNIENTANDO LE TENEBRE NELLE QUALI VI DIBATTETE”
. Bianca, Alessandra e Carlina Galli

Sempre il 19 Marzo nel 1994 - GIUSEPPE detto anche PEPPE DIANA, chiamato anche Peppe Diana o Peppino Diana, sacerdote cattolico e scrittore italiano, fu assassinato dalla camorra per il suo impegno antimafia.
Dal 19 settembre 1989 era parroco a San Nicola di Bari in Casal di Principe, suo paese natio. Successivamente diventa anche segretario del vescovo della diocesi di Aversa, monsignor Giovanni Gazza.
Insegnava anche materie letterarie presso il liceo legalmente riconosciuto del seminario Francesco Caracciolo, nonché religione cattolica presso l'istituto tecnico industriale statale Alessandro Volta e l'Istituto Professionale Alberghiero di Aversa.
Alle 7.30 del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, don Giuseppe Diana viene assassinato nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre si accingeva a celebrare la Santa Messa.
Due killer lo affrontano con una pistola calibro 7.65. I quattro proiettili vanno tutti a segno, due alla testa, uno in faccia e uno alla mano, Don Peppe muore all'istante. L'omicidio, di puro stampo camorristico, fece scalpore in tutta Italia. Un messaggio di cordoglio venne pronunciato anche da Giovanni Paolo II durante l'Angelus.
Don Peppe visse negli anni del dominio assoluto della camorra casalese, legata principalmente al boss Francesco Schiavone detto Sandokan. Gli uomini del clan controllavano non solo i traffici illeciti, ma si erano infiltrati negli enti locali e gestivano fette rilevanti di economia legale, tanto da diventare "camorra imprenditrice".
Il suo scritto più noto è la lettera "Per amore del mio popolo non tacerò", un documento diffuso a Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana insieme ai parroci della foranìa di Casal di Principe, un manifesto dell'impegno contro il sistema criminale.

Nel 2002 - MARCO BIAGI, giuslavorista italiano, più volte consulente del Governo italiano, fu assassinato a Bologna dalle Nuove Brigate Rosse.

Noto giuslavorista, è stato professore presso le Università di Pisa, Università della Calabria, Università di Ferrara e infine all'Università di Modena e Reggio Emilia; a partire dagli anni '90 ha avuto numerosi incarichi governativi come consulente ed esperto di diritto del lavoro.
Molto conosciuto, soprattutto in Giappone e Cina, per la sua conoscenza del diritto del lavoro comparato e per i suoi studi sul mondo del lavoro nei paesi orientali.
Prima di morire, Marco Biagi aveva scritto cinque lettere in cui si diceva preoccupato per le minacce che riceveva. Il testo delle lettere, indirizzate al presidente della camera Pierferdinando Casini, al ministro del lavoro Roberto Maroni, al sottosegretario al lavoro Maurizio Sacconi, al prefetto di Bologna ed al direttore generale di Confindustria Stefano Parisi è stato pubblicato dal quindicinale Zero in condotta e poi riportato da Repubblica.
Il 19 marzo 2002 venne ucciso, a 51 anni, da alcuni militanti delle Nuove Brigate Rosse, in un agguato a Bologna in via Valdonica, sotto casa sua, mentre rientrava verso le ore 20.
La rivendicazione a firma delle Nuove Brigate Rosse, presenta per gli esperti impressionanti analogie con quella del precedente delitto di Massimo D'Antona.
Il Ministero dell'Interno (in quel periodo diretto dal Ministro Claudio Scajola, di Forza Italia) aveva privato Marco Biagi della scorta, richiesta da Biagi solo pochi mesi prima proprio per timore di attentati da parte dell'estremismo di sinistra. Dopo che gli fu tolta la scorta ne fece nuovamente richiesta al Ministero del Lavoro, presso cui operava, in quanto non si sentiva sicuro e riceveva minacce di continuo. Questa non gli fu accordata. I colpevoli stessi ammisero che avevano deciso di colpire proprio lui in quanto era un personaggio di grande visibilità e allo stesso tempo poco protetto.
Nel 2005 cinque terroristi brigatisti furono condannati all'ergastolo come responsabili del suo omicidio: Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma, Diana Blefari Melazzi e Simone Boccaccini.
Rimane ancora coperta dal mistero la morte di Michele Landi, perito informatico, che nel corso delle indagini, vicino al trovare il mittente da cui era partita la rivendicazione dell'omicidio di Marco Biagi, fu trovato impiccato all'interno della propria abitazione a Montecelio di Guidonia.
A destare ancora oggi dei dubbi, sono le modalità dell'accaduto, che non sembra riconducibile al suicidio, ma piuttosto all'omicidio "presentato come suicidio".