19 giugno - MARIO SOLDATI, un "intellettuale regista", aperto alla cultura popolare e capace di vera allegria.

Autore: Silvio Restelli. Curatore: Mangiarotti don Gabriele.

Scrittore, regista e sceneggiatore italiano, Mario_Soldati (Torino, 17 novembre 1906 – Tellaro, 19 giugno 1999) è stato uno degli intellettuali italiani che ha maggiormente amato e comunicato la cultura popolare.
Ci ha lasciato opere memorabili in letteratura, nel cinema e nella televisione.


LO SCRITTORE
«Fra gli scrittori del novecento italiano, Soldati è l'unico che abbia amato esprimere, costantemente e sempre, LA GIOIA DI VIVERE. Non il piacere di vivere, ma la gioia; il piacere di vivere è quello del turista che visita i luoghi del mondo assaporandone le piacevolezze e le offerte ma trascurandone o rifuggendone gli aspetti vili, o malati, o crudeli; LA GIOIA DI VIVERE NON RIFUGGE NULLA E NESSUNO: CONTEMPLA L'UNIVERSO E LO ESPLORA IN OGNI SUA MISERIA E LO ASSOLVE.» (Natalia Ginzburg)

«L'ASSOLUTA LEGGEREZZA DELLA SCRITTURA DI SOLDATI SIGNIFICA FRATERNITÀ. Il suo rapporto col lettore non è autoritario, ma mitemente fraterno» (Pier Paolo Pasolini)

«Una delle grandi qualità di Soldati, come è noto, È LA CAPACITÀ DI FARCI APPARIRE DEGNA DI RACCONTO, E QUINDI INTERROGABILE DALL'INTELLIGENZA QUALUNQUE REALTÀ, GRANDE O PICCOLA INDIFFERENTEMENTE: la tragica immensità di Manhattan nell'età del proibizionismo non meno della vita di un pollaio al di là dello squallido cortiletto di un hotel della Valtellina» (Cesare Garboli)

«Qualcosa che somiglia alla felicità...e questo è, esattamente definito, il mio sentimento di lettore di Soldati da quando, per la prima volta su "Il Mondo" di Pannunzio, lessi un suo racconto.» (Leonardo Sciascia)

IL REGISTA
Nella sua carriera di sceneggiatore e regista cinematografico ha diretto ventotto film fra gli anni trenta e cinquanta, allestendo cast con i più grandi attori dell'epoca, ma il fatto di essere anche uno scrittore di talento e di successo ha rischiato spesso di far passare Soldati come un regista mancato o come uno scrittore frustrato dall'incapacità di trasferire nelle pellicole un uguale talento artistico.
In realtà il regista, come sostenne egli stesso, era per lui una cosa diversa dallo scrittore:
«IL CINEMA NON È COME LO SCRIVERE, APPARTIENE MENO A CHI LA FA ED I REGISTI SONO MENO INDIVIDUALI, PIÙ COLLETTIVI, SONO PIÙ A CONTATTO CON IL POPOLO.»

Soldati pertanto alternò l'attività di scrittore, vissuta come prolungamento romantico di un esercizio privato e soggettivo dello spirito, a quella di regista, vissuta in costante compromesso con la dimensione commerciale e in "ascolto" dei gusti del pubblico:
«IL CINEMATOGRAFO TALVOLTA È ARTE, MA È SEMPRE INDUSTRIA; L'ARTISTA CHE FA DEL CINEMA DEVE PER FORZA VENIRE A PATTI CON QUESTA INDUSTRIA...»

Il filo che tiene unita tutta la produzione cinematografica di Soldati, così varia e multiforme, CONSISTE PROPRIO NELLA MESSA A PUNTO DI UNA PRATICA CREATIVA PLASMATA SULLE LOGICHE DELL'INDUSTRIA CULTURALE E DELL'IMPATTO COL PUBBLICO.


Il primo filone è caratterizzato da opere come "Piccolo mondo antico", "Malombra" e "Daniele Cortis", tratte tutte dai romanzi di Antonio Fogazzaro, romantici e romanzeschi, melodrammatici e popolari. Nel 48 dirige 'Fuga in Francia' e nel 54 'La provinciale' due classici del cinema italiano.

Il secondo filone, con "Botta e risposta", "È l'amor che mi rovina" e "O.K. Nerone", è invece la coabitazione tra popolare ed élite, che caratterizza i primi anni cinquanta. Le varie fasi della cinematografia di Soldati hanno sempre in comune il contatto ravvicinato con il popolo, e, sia pure con tanti stili diversi, uno per ogni film, con un minimo di continuità poetica.

IL "PERSONAGGIO"
È stato sicuramente un protagonista, seppur discusso e controverso, della cultura italiana della prima e della seconda metà del Novecento, un "personaggio": ritenuto in ambito letterario un buon narratore ("America primo amore", del 1935, più volte rieditata, è considerata da alcuni la sua opera migliore insieme a "La giacca verde","Lettere da Capri" "Il vero Silvestri"), non è stato solo uno scrittore di primissimo ordine, ma anche l'autore di alcuni capolavori del cinema italiano (Piccolo mondo antico, Malombra, Fuga in Francia, La provinciale).

Da non sottovalutare poi, l'opera pionieristica che questo scrittore portò avanti nel piccolo schermo. Senza essere stato considerato dalla critica militante del secondo dopoguerra, tra i più grandi registi del cinema italiano, è PERÒ ANNOVERATO TRA I "REGISTI INTELLETTUALI" O MEGLIO TRA GLI "INTELLETTUALI REGISTI" (lo storico del cinema Mario Verdone lo ha definito un formalista, al pari di Alberto Lattuada).

Ebbe peraltro un'ampia popolarità sia tra il pubblico cinematografico sia tra i lettori italiani.
In occasione del centenario della nascita, il regista Carlo Lizzani il 27 giugno 2006 all'Archiginnasio di Bologna ha spiegato che Soldati ha tracciato l'altra strada del cinema italiano; una strada parallela a quella intrapresa dal cinema neorealista; Marco Müller, direttore artistico della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, ha presentato il film di Soldati "Fuga in Francia" del 1948 al pubblico della sala Perla nel 2006 come l'opera di uno dei maestri del cinema italiano moderno.
"MARIO SOLDATI È STATO UN DISPENSATORE D'ALLEGRIA. NEL SENSO DELL'ALLEGRIA VERA, QUELLA CHE QUALCHE ESSERE RARO RIESCE A DIFFONDERE INTORNO A SE. LO SCRITTORE TORINESE AVEVA INFATTI IL POTERE DI ALLEGGERIRTI LO SPIRITO. NON ERA FATUO. ERA ALACRE E INQUIETO.(...) NEI TANTI ANNI IN CUI L'HO FREQUENTATO, NON L'HO MAI VISTO UN ISTANTE ACCASCIATO, IN DISARMO O SCETTICO. AL PARI DI TANTI SUOI PERSONAGGI, MARIO INTENDEVA LA REALTÀ COME 'SUSPENSE'. (...)

Stando con Soldati si aveva la sensazione di abitare in uno dei suoi racconti. Di diventare un colore della sua tavolozza, un comprimario sul suo palcoscenico. (...)
Come dissipatore di se Soldati non ha conosciuto uguali. La sua capacità di spendersi era l'altra faccia del suo narcisismo: il suo lato pìù commovente, se l'aggettivo non fosse disadatto al personaggio. Non alludo soltanto al fatto che una grande firma della narrativa italiana del Novecento abbia prodotto le sue opere più nitide e mature sottraendo qualche ora (o qualche giorno) al lavoro di regista in cinema e tivù, quasi fosse un dilettante della letteratura, uno scrittore 'domenicale'. Mi riferisco,in generale, a quel desiderio di non perdersi mai nulla che per Soldati era un imperativo esistenziale.

LA PRODIGALITÀ DI SÉ FACEVA CORPO CON IL SUO TALENTO. (...) UN ALTRO GRANDE SCRITTORE, PIER PAOLO PASOLINI, DECRETÒ UNA TRENTINA D'ANNI FA CHE LE LUCCIOLE ERANO SCOMPARSE DAI CAMPI, VITTIME DELL'INDUSTRIA E DEI SUOI VELENI. MARIO PUR AMMIRANDOLO, S'ERA ASSUNTO LA MISSIONE DI SMENTIRLO: A CERCARLE BENE, SOSTENEVA, LE LUCCIOLE SI TROVANO ANCORA. COSÌ COME È ANCORA POSSIBILE SCOPRIRE, IN TANTI ANGOLI DI UN'ITALIA DA LUI PREDILETTA ED ESPLORATA, VINI DAL SAPORE ANTICO, GATTI AMMICCANTI ED ENIGMATICI, PRETINI CHE SBUCANO DA SORPRENDENTI CHIESETTE CAMPESTRI, OSTI, OSTESSE E CANTINIERI, CONTADINI E MARESCIALLI. L'IMPORTANZA È ACCOSTARSI A QUESTA ARCHEOLOGIA DELL'ANIMA SENZA SUSSIEGO. NON NEGARSI EMOZIONI. NON TIRARSI INDIETRO. (...)
Nello Ajello-Mario Soldati. Racconto d'una vita allegra ('Illustrissimi' Laterza 2006)

«Del talento di Soldati c'era poco da dubitare: bastava una serata con lui per rendersene conto. E a qualunque cosa lo avesse applicato – letteratura, cinema, teatro, forse anche musica -, purché lo avesse fatto a tempo pieno, cioè con totale dedizione, sarebbe diventato un numero uno. Malauguratamente per lui, e per tutti, egli era capace di fare qualsiasi cosa – racconto, saggio, sceneggiatura – ma senza riuscire ad esserne nessuna. Perché la sua vera natura e vocazione erano quelle dell'attore. In ogni momento e circostanza, anche nella conversazione tra amici come Longanesi, Maccari, Flaiano, il sottoscritto, anche – credo – a letto, Soldati recitava una parte in cui s'immedesimava, ma a scadenza.» (Indro Montanelli)

ONORIFICENZE
Il 28 ottobre 1922, all'adolescente Soldati, fu conferita la Medaglia d'argento al Valor Civile per un gesto di coraggio compiuto il 17 marzo, con il salvataggio dall'annegamento nelle acque dei Murazzi del Po di Lello Richelmy, suo amico e coetaneo, fratello di Agostino (Tino) Richelmy.
Per commemorare quel gesto e questo particolare aspetto della figura umana di Soldati, il Comune di Torino, il 16 febbraio 2010, accogliendo una proposta avanzata dal Centro Pannunzio, ha deliberato di dedicargli una targa ai Murazzi del Po, dettando il seguente testo:
«Qui il 17 marzo 1922 / un giovanissimo Mario Soldati (1906-1999) / esempio di coraggio ed altruismo ai giovani di ogni tempo / trasse in salvo dalle acque del fiume Po / un coetaneo in pericolo di vita / meritando la medaglia d’argento al merito civile»
Medaglia d'argento al Valor Civile della Repubblica Italiana
— Roma, 28 ottobre 1922