17 febbraio - FILIPPO GIORDANO BRUNO: un mito duro a morire.
Filosofo, scrittore e frate domenicano italiano, condannato al rogo dall'Inquisizione cattolica per eresia.Sulla sua persona si è creato un MITO CHE ORMAI LA STORIOGRAFIA SERIA HA CONFUTATO. La settecentesca “leggenda nera” dell’Inquisizione diventa così lo scenario ideale su cui si staglia ancor più nettamente la modernità di Bruno: il suo diventa LO SCONTRO FRA I LUMI DELLA RAGIONE E LA PRESUNTA BARBARIE E L’OSCURANTISMO ECCLESIASTICI.
Leggenda nera che va considerata appunto tale in quanto i dati relativi alle condanne alla pena capitale, ad esempio nella città di Roma, ammontano in totale a 97 persone per il periodo che va dal 1542, quando l’Inquisizione viene nuovamente istituita, al 1761: una media di meno di una condanna ogni due anni, che basta a far comprendere con quanta moderazione e prudenza procedesse l’istituzione CHE DOVEVA DIFENDERE IL CATTOLICESIMO DAL PERICOLO RAPPRESENTATO DALL’ERESIA PROTESTANTE.
Vedi qui Il processo di Giordano Bruno e l'Inquisizione.
Tra i punti chiave della sua concezione filosofica, che fondeva neoplatonismo e arti mnemoniche con influssi ebraici e cabalistici, la pluralità dei mondi, l'infinità dell'universo ed il rifiuto della transustanziazione. Il suo pensiero presenta un'accentuazione dell'infinitezza divina sconosciuta ai neoplatonismi precedenti. Con notevoli prestiti da Nicola Cusano, Giordano Bruno elabora una nuova teologia dove Dio è intelletto creatore e ordinatore di tutto ciò che è in natura, MA EGLI È NELLO STESSO TEMPO NATURA STESSA DIVINIZZATA, IN UN'INSCINDIBILE UNITÀ PANTEISTICA DI PENSIERO E MATERIA.
LA VITA E LA CONDANNA.
Giordano Bruno (Nola, 1548 – Roma, 17 febbraio 1600) (il suo vero nome era Filippo Bruno, ma assunse quello di Giordano entrando nell’ordine domenicano), ebbe una vita piuttosto movimentata: nato nel 1548 a Nola, presso Napoli (dove studiò e ricevette una prima formazione di stampo aristotelico), prese i voti, ma ben presto i suoi dubbi sulla dottrina trinitaria e su quella dell’incarnazione lo misero in contrasto con gli ambienti ecclesiastici.
Allontanatosi da Napoli nel 1576, iniziò a peregrinare per l’Europa: prima a Ginevra, poi a Tolosa e a Parigi (ove godè il favore di Enrico III), dove ebbe inizio la sua produzione filosofica; quindi in Inghilterra (ove fu anche accolto dalla regina Elisabetta), dove insegnò ad Oxford e in questo periodo effettuò la stesura dei dialoghi italiani e di alcune opere latine.
Ritornato a Parigi, nuovi contrasti con gli ambienti universitari legati alla tradizione aristotelica lo costrinsero a trasferirsi in Germania, dove insegnò a Marburgo, Wittemberg e Francoforte e completò le opere latine.
Accettata infine l’ospitalità del nobile veneziano Giovanni Mocenigo, nel 1592 fu da questi denunciato all’Inquisizione e fatto arrestare per i suoi dubbi sulla funzione della religione e i sospetti di eterodossia gravanti sulle sue dottrine.
In un primo tempo riuscì ad evitare la condanna con una parziale ritrattazione, ma nel 1593 fu trasferito all’Inquisizione di Roma e, dopo sette anni di carcerazione, fu condannato a bruciare sul rogo a Campo dei Fiori (Roma) il 17 febbraio del 1600: l’imputazione mossagli fu di dubitare della trinità, della divinità di Cristo e della transustanziazione, di voler sostituire alle religioni particolari la religione della ragione come religione unica e universale e di affermare che il mondo é eterno e che vi sono infiniti mondi. ..Giordano Bruno fu di carattere particolarmente irrequieto e, come detto, fin dall’inizio non si sentì convinto da alcune verità dogmatiche della chiesa cattolica e finì per abbandonare i voti e distaccarsi dalla chiesa cattolica.
Durante le sue peregrinazioni arrivò a simpatizzare per la causa calvinista per ovvi motivi: gli sembrò essere una protesta ai danni della chiesa cattolica nella sua dimensione istituzionale; del calvinismo colse quindi soprattutto il messaggio ”liberatore".
Comunque poi abbandonò questa simpatia per il calvinismo e, paradossalmente, tornò indietro sui suoi passi accettando alcuni valori della dottrina cattolica.
Da notare che il suo processo é durato diversi anni, il che testimonia che l’inquisizione romana non era poi così efferata e malvagia come si può pensare, a differenza di quella spagnola. Dove e quando potevano i giudici della Chiesa romana cercavano delle vie di compromesso: c’era una ”buona volontà” nella Chiesa cattolica che trovava qualche appiglio nelle posizioni di Giordano Bruno: fu lui che non ebbe alcuna intenzione di rinunciare ai principi di fondo della sua ”dottrina” e quando si trovò al momento della decisione finale preferì morire ma mantenere le sue posizioni.
Ci doveva pur essere qualcosa che poteva dare adito a un confronto e a un dialogo con la Chiesa cattolica se ci misero quasi otto anni a giudicarlo: la parziale accettazione del cattolicesimo, sulla base essenzialmente di posizioni averroistiche: anche con la fede si può raggiungere la verità, sebbene si tratti di una verità di second’ordine rispetto a quella filosofica, una verità insomma destinata alla massa, al volgo.
Giordano Bruno, comunque, era convinto che le religioni potevano essere buon strumento per far acquisire alla ”massa” alcune verità, magari meno precise e più discutibili, e soprattutto potevano essere strumento di controllo delle masse; é evidente che Giordano Bruno rientra pienamente nell’aristocraticismo intellettuale propugnato da Averroè.
E’ ovvio che questo per i giudici dell’inquisizione non bastava per salvarlo, ma in fin dei conti poteva essere un buon punto di partenza per una sorta di trattativa. Dovendo poi scegliere tra le religioni, quella che maggiormante si confaceva alle istanze di Giordano Bruno era il cattolicesimo e non certo il calvinismo, per vari motivi: innanzitutto quella di Calvino era essenzialmente una protesta e non solo intellettuale (come voleva Giordano Bruno), ma anche ”fisica": il calvinismo divenne vero e proprio strumento di guerra e di disordine ed é quindi comprensibile che Giordano Bruno preferisse il cattolicesimo, che se non altro si prefigurava come strumento di pace.
In più Giordano Bruno non poteva accettare l’idea della predestinazione tipica del calvinismo: principio ispiratore della filosofia di Bruno é proprio la libertà e l’idea di essere predestinati dall’eternità non lasciava ad essa grande spazio.
”Ho lottato, e molto: credetti poter vincere (ma alle membra venne negata la forza dell'animo), e la sorte e la natura repressero lo studio e gli sforzi. E’ già qualcosa l'essersi cimentati; giacché vincere vedo che é nelle mani del fato. Per quel che mi riguarda ho fatto il possibile, che nessuna delle generazioni venture mi negherà; quel che un vincitore poteva metterci di suo: non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun simile, aver preferito una morte animosa a un'imbelle vita.” (De monade, numero et figura).
Per approfondire il suo pensiero e le vicende della sua condanna vedi questo link.