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13 giugno - MARTIN Mordechai BUBER, filosofo, teologo e pedagogista austriaco naturalizzato israeliano. "Ogni vita vera è incontro".

Autore: Silvio Restelli. Curatore: Mangiarotti don Gabriele.

Martin Buber (Vienna, 8 febbraio 1878 – Gerusalemme, 13 giugno 1965) è una delle figure fondatrici del nostro tempo, ha detto di lui Hans Urs von Balthasar. "Si deve a lui l'emersione alla cultura europea del movimento hassidim, ma soprattutto a lui si deve l'idea che la vita è fondamentalmente non soggettività, bensì intersoggettività; anzi per Buber soggetto e intersoggettività sono sincronicamente complementari e ne era talmente convinto che non esitò ad affermare: "In principio è la relazione".
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La maturità
Nel 1898 aderì al neonato movimento sionista e ne divenne un membro attivo ed impegnato, pur discostandosi rapidamente dalle posizioni del suo fondatore Theodor Herzl, dal quale lo divideva la convinzione che le ragioni del sionismo fossero piuttosto culturali e religiose, che nazionalistiche e politiche.

Nel 1899 incontrò Paula Winkler, giovane intellettuale cattolica che si sarebbe successivamente convertita all'ebraismo, che divenne sua moglie e la madre dei suoi due figli, nati nel 1900 e nel 1901, e collaborò anche al suo lavoro.

Nel 1923 egli scrisse il suo capolavoro, “Io-tu”. Nel 1927 si recò a Pavia, presso l'Almo Collegio Borromeo, per trovare il poeta russo ed amico Venceslao Ivanov. Durante il periodo che va dal 1924 al 1933 insegnò filosofia della religione ebraica all'Università Johann Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno.

La sua filosofia - "Ogni vita vera è incontro"
L'essere umano, secondo Buber, è per essenza dialogo, e non si realizza senza comunicare con l'umanità, la creazione e il Creatore. L'uomo è anche, necessariamente, homo religiosus, perché l'amore dell'umanità conduce all'amore di Dio e viceversa. È quindi impensabile parlare agli uomini senza parlare a Dio, e questo avviene secondo un rapporto di reciprocità. La Presenza divina partecipa dunque a ogni incontro autentico tra gli esseri umani e abita in quelli che realizzano il vero dialogo.

Il dialogo riposa sulla reciprocità e sulla responsabilità, che esiste unicamente là dove vi è una vera risposta alla voce umana. Dialogare con l'altro significa affrontare la sua realtà e farsene carico nella vita vissuta. Il dialogo con Dio non avviene differentemente: la Sua "parola" è una presenza reale, alla quale occorre rispondere. Per Buber, la Bibbia testimonia questo dialogo tra il Creatore e le sue creature, e Dio ascolta l'uomo che addita coloro sui quali la collera divina deve abbattersi o supplica il suo Creatore di manifestare la Sua provvidenza.

Io e Tu (Ich und Du)
Nella sua opera più celebre, Martin Buber sottolinea la propensione duplice verso il mondo: la relazione Io-Tu e la relazione Io-esso. Né l'Io, né il Tu vivono separatamente, ma essi esistono nel contesto Io-Tu, antecedente la sfera dell'Io e la sfera del Tu. Così, né l'Io né il esso esistono separatamente, ma esistono unicamente nel contesto Io-esso. La relazione Io-Tu è assoluta solo rispetto a Dio - il Tu eterno - e non può essere pienamente realizzato negli altri domini dell'esistenza, comprese le relazioni umane, dove sovente Io-Tu fa posto all'Io-esso (Io-Tu o Io-esso non dipendono dalla natura dell'oggetto, ma dal rapporto che il soggetto istituisce con l'oggetto).

L'essere umano non può trasfigurarsi ed accedere a una dimensione di vita autentica senza entrare nella relazione Io-Tu, confermando così l'alterità dell'altro, che comporta un impegno totale: “La prima parola Io-Tu non può essere detta se non dall'essere tutto intero, invece la parola Io-esso non può mai essere detta con tutto l'essere”. Io e Tu sono due esseri sovrani, l'uno non cerca di condizionare l'altro né di utilizzarlo. Secondo Buber l'uomo può vivere senza dialogo, ma chi non ha mai incontrato un Tu non è pienamente un essere umano. Tuttavia, chi si addentra nell'universo del dialogo assume un rischio considerevole dal momento che la relazione Io-Tu esige un'apertura totale dell'Io, esponendosi quindi anche al rischio del rifiuto e al rigetto totale.

La realtà soggettiva dell'Io-Tu si radica nel dialogo, mentre il rapporto strumentale Io-esso si realizza nel monologo, che trasforma il mondo e l'essere umano stesso in oggetto. Nel piano del monologo l'altro è reificato - è percepito e utilizzato - diversamente dal piano del dialogo, dove è incontrato, riconosciuto e nominato come essere singolare. Per qualificare il monologo Buber parla di Erfahrung (una esperienza “superficiale” degli attributi esteriori dell'altro) o di Erlebnis (una esperienza interiore insignificante) che si oppone a Beziehung - la relazione autentica che interviene tra due esseri umani.

Il volto dell'Altro e il volto di Dio
Il pensiero in Buber con la sua concezione che afferma l'essenza della vita come relazione per cui non si dà una soggettività che non sia simultaneamente intersoggettività sembra muoversi verso una concezione unitaria dell'essere, tuttavia questa direzione del suo pensiero si ferma proprio là quando si tratta di affrontare le due realtà, quella umana e quella divina trattate sino ad oggi come appartenenti a due ordini differenti. Egli infatti nel ribadire come nell'unità dialogica, la "coppia Io-Tu", il volto dell'Altro rimanda sì al volto di Dio ma non è comunque il volto di Dio e mantiene l'insanabile frattura tra la realtà mondana e la realtà divina come separazione insuperabile.