11 dicembre - ANDREA EMO: per un nichilismo cristiano.
Autore: Silvio Restelli. Curatore: don Gabriele Mangiarotti.Oggi 11 Dicembre ricordiamo un filosofo italiano importante ma quasi sconosciuto, ANDREA EMO CAPODILISTA (Battaglia Terme, 14 ottobre 1901 – Roma, 11 dicembre 1983). Fu allievo di Giovanni Gentile nel periodo in cui il filosofo aveva una cattedra all’università La Sapienza di Roma. Nonostante la decisiva influenza del maestro, Emo si impegnò abbastanza precocemente nella realizzazione di un pensiero autonomo.
Personalità fortemente schiva, solitaria, non priva di qualche tratto eccentrico, Emo si inserì anche nel milieu letterario del primo e del secondo dopoguerra italiano – basti pensare alle sue amicizie con Cristina Campo (di cui è noto il carteggio) e con Alberto Savinio. Tuttavia, solo dopo la morte la sua fama varcherà i confini della cerchia ristretta di amicizie, attirando – nel 1986 – l’attenzione di Massimo Cacciari che, appena in possesso dei suoi scritti, rimarrà stupito dalla straordinaria sistematicità e dal forte ”amore per lo stesso”.
Andrea Emo, comunque, è perfettamente consapevole del “nulla” da ultimo esprimentesi nei valori più alti, e dunque nello stesso concetto di Dio. Per Emo, infatti “credere in Dio è credere nel nulla”.
Ma è proprio tale ‘negativo originario’ che per lui si manifesta nelle diverse polarità ontologiche (da cui tutte le sistematizzazioni assiologiche caratterizzanti il nostro Occidente) e si realizza, dunque, proprio ‘negandosi’. Negando cioè il suo stesso valore fondativo. Ossia, la paradossale fondatività di una negazione che è tale innanzitutto nei confronti di se medesima.
Per Emo insomma, a differenza di Nietzsche (in ciò l’originalità del ‘suo’ nichilismo che non prevede appunto vie d’uscita come quelle che Nietzsche forse continuava ancora a intravedere) non si tratta di redimersi! Emo non è vittima, come sembra invece essere ancora Nietzsche, di un residuo ‘moralistico’; quello che muove appunto il filosofo dell’eterno ritorno a cercare comunque una forma di salvezza, ad esempio, nell’accettazione piena e convinta della potenza cosmica dischiudentesi di fatto in ogni evento del ciclo temporale, anche il più insignificante.
Nessun ‘oltre’ da raggiungere, invece, per Emo. Nessun oltre-uomo da realizzare; ma lucida comprensione del fatto che “tutte le forme superiori dello spirito intristiscono e cercano invano di uscire da sé per trovare qualcosa che le salvi”.
Perciò, a differenza di Nietzsche, Emo RIESCE A COGLIERE, SINO IN FONDO, L’ETERNA VERITÀ DEL CRISTIANESIMO; nel cui orizzonte, solamente, poteva essere compreso che “Dio deve espiare la sua universalità, deve distruggere ogni valore e il proprio – sì che lo sparire, il nascondersi di Dio nella sua espiazione non è altro che la nuova creazione, la nuova creazione dei valori; e così il ciclo ricomincia”. Insomma, che Dio “si abolisce col suo stesso realizzarsi”.