La libertà e le sue radici 4 - Da san Tommaso alla Carta degli indios

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Nel VI capitolo, si esamina la dottrina politica di san Tommaso che pone il problema della relazione tra il singolo e la totalità della comunità politica. In gioco, per Tommaso, secondo R. Buttiglione (1948-), c’è la salvaguardia della libertà dell’individuo rispetto al perseguimento dell’ordine civile, fine della pólis. Centrale è la nozione di bene comune: esso rappresenta la finalità da raggiungere collettivamente, ed è al tempo stesso condizione di possibilità per una vita buona da parte della persona. Nella definizione di bene comune Tommaso fa rientrare la sacralità dell’individuo e la sua non assoggettabilità a forze superiori che ne possano impedire una vita secondo virtù. Dalla sintesi tomista, con la piena elaborazione teorica della concezione dualistica della società, nascerà una nuova concezione della persona e della libertà umana.

Nel VII capitolo si rileva come la Scuola francescana e l’occamismo ebbero maggior fortuna rispetto a quella domenicana. La prima, come ci ricorda Franco Todescan (1944-), con la sua filosofia della persona singola piuttosto che della generalità, e con la sua attenzione più marcata alle esigenze della vita quotidiana, si apre a quello che oggi chiamiamo il libero mercato e, mentre il diritto naturale cede il passo al nominalismo, come ricorda Michel Villey (1914-1988), schiude l’orizzonte della filosofia moderna del diritto che sarà imperniata sul positivismo giuridico e sul diritto soggettivo. D’altra parte, proprio il ricorso al diritto naturale consentì ai giuristi, fino al XVII secolo, di moderare conseguenze individualistiche inaccettabili e di arginare lo strapotere dello Stato cui il nominalismo inevitabilmente conduceva.

Nell’VIII capitolo, viene esaminata la ripresa della concezione del diritto naturale propria di Tommaso d’Aquino da parte di Francisco de Vitoria (1492-1546), che gli consente di stendere una virtuale “carta” dei diritti degli indios americani. Essa costituisce un’anticipazione di quanto di meglio la cultura produrrà nei secoli successivi. Accade così che nella prima metà del XVI secolo – quattrocento anni prima della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – vengano proclamati i diritti individuali della persona, a partire da quelli degli indigeni americani.

Questo lavoro, dunque, non intende indurre alla nostalgia per un ipotetico passato in cui «c’era più libertà». Al contrario, tramite l’accertamento delle radici storiche e teologiche della libertà, offre spunti per cogliere quanto il cristianesimo abbia giovato alla sua causa. Si aprono così nuovi orizzonti di comprensione per il presente, superando quel pregiudizio nei confronti della Chiesa che costituisce un ostacolo al riconoscimento della fede come fattore positivo per la realizzazione della persona.