Il cammino della ragione. L’incontro col Mistero
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L'attualità di una testimonianza.
«Mentre il mondo laicista, e tanto mondo religioso, soprattutto protestante, accettava sostanzialmente la separazione astratta fra fede e ragione, padre Gratry costruisce la spiegazione dei dogmi rivelandone la profonda ragionevolezza e quindi la capacità che essi hanno di corrispondere alle autentiche esigenze della ragione. Ovviamente non di una ragione chiusa in se stessa, e quindi aperta alle illusioni ideologiche ed alle patologiche delusioni post-ideologiche, ma una ragione in cammino verso il Mistero, come luogo della Verità, del Bene, della Giustizia, della Bellezza… Padre Gratry apre un dialogo con tutti quelli che desiderano conoscere in modo nuovo e più adeguato i dogmi fondamentali della fede; tale dialogo risente ovviamente del particolare contesto culturale e sociale in cui avviene: è un contesto di una cultura e di una società che viene pensata senza alcun riferimento religioso e con una profonda avversione nei confronti della tradizione cattolica. Tale dialogo, mentre risulta esplicativo dei contenuti della fede, favorisce un recupero dei fattori fondamentali di un’autentica concezione dell’uomo e tende a divenire anche giudizio esplicito sulla cultura moderna e contemporanea che, mentre rifiuta Dio, tende a minacciare la consistenza stessa, la verità, e quindi la grandezza dell’uomo». Queste considerazioni di Luigi Negri tracciano il ritratto essenziale di un pensatore cattolico, del quale ricorre il secondo centenario della nascita, che seppe dare una vivace testimonianza della propria fede in un’epoca e in un ambiente non certo favorevoli alla diffusione del cattolicesimo; «un maestro di cultura cristiana», lo ha definito monsignor Giussani, che, nella lezione di Gratry, ha visto «confermato l’impeto missionario che ha sempre animato il nostro tentativo ecclesiale».
Cercare la verità
Alphonse Gratry nacque a Lilla il 30 marzo 1805 e nel 1832 venne ordinato prete. Scrittore assai fecondo, a partire dal 1848 pubblicò numerose opere di sicuro rilievo, tra le quali spicca La filosofia del Credo del 1861. Si trovò spesso al centro di polemiche e dispute, compresa quella intorno all’infallibilità pontificia. Morì a Montreux nel 1872. Al centro della filosofia di Gratry stanno Dio e l’uomo o, per meglio dire, l’uomo che tende a Dio che è, al tempo stesso, la verità e il bene. Nel cammino verso Dio, l’uomo si serve anche della ragione, la quale gli offre la prima fondamentale certezza, che è proprio quella dell’esistenza di Dio, provata razionalmente con una sicurezza che, secondo Gratry, non ha niente da invidiare alle dimostrazioni matematiche. Soltanto l’opposizione della volontà non permette a tutti gli uomini di accettare questa lampante verità: l’uomo resta infatti libero di rifiutare Dio, il quale, per Gratry come per Pascal, si nasconde, quasi per invitare l’umanità a cercarlo e per lasciare sempre a ciascuno un’ultima prova d’appello. Gratry è fiducioso nell’esito positivo dell’umana ricerca di Dio, ma sa anche che il peccato ha una notevole forza distruttiva: tuttavia, se l’uomo vuole davvero incontrare Dio, tale incontro avverrà; a questo fine, di grande importanza è una retta condotta morale. Pertanto, l’atteggiamento di incredulità, proprio di chi rifiuta Dio, non scaturisce dall’incapacità umana di comprendere una realtà troppo alta e misteriosa, ma dal fatto che l’uomo non vuole cercare la Verità. Tali convinzioni di Gratry lasciano chiaramente intendere che il suo pensiero non è contraddistinto da una tonalità esclusivamente ottimista, come sembrerebbe di poter dedurre dall’affermazione della sua fiducia nella possibilità da parte dell’uomo di contrastare il male e di instaurare la “città ideale”, in cui si attuano le leggi dell’amore e della giustizia: per lui il male in realtà esiste, non è semplicemente un bene minore o una conseguenza dell’ignoranza, quanto piuttosto si identifica con il peccato, cioè con il rifiuto di collaborare con Dio.
Collaboratori di Dio
L’umanità - afferma Gratry - non deve idolatrare il mondo, né disprezzarlo, ma deve operare affinché in esso trionfi la volontà di Dio. Nell’uomo vi è una naturale tendenza ad associarsi agli altri: si tratta di una forma di amore che richiede comunque di essere assecondata in modo non sentimentalistico, ma seguendo una rigorosa condotta di vita e applicando la giustizia. Il grande male è l’egoismo, nel quale Gratry ravvisa il più grave ostacolo sul cammino del miglioramento del mondo. La legge morale, che è, nel medesimo tempo, amore, giustizia e diritto, impone all’uomo di collaborare con Dio per portare a compimento il disegno di salvezza. Questa cooperazione fa davvero progredire il mondo: l’autentico progresso, infatti, non è quello delle scienze o quello del puro e semplice benessere materiale, ma consiste nell’affermarsi della giustizia divina, della charitas, la quale implica innanzitutto elevazione morale e religiosa, pur includendo anche il miglioramento delle condizioni economiche. Alphonse Gratry fu un apologeta entusiasta e notevoli sono i suoi meriti anche in campo filosofico-teologico. Di certo egli si confrontò con molte dottrine, rimanendo fedele a un umanesimo che, come afferma monsignor Giussani, «sapeva offrire la sua testimonianza di pienezza cattolica in un confronto, serrato ed insieme rispettoso, con la cultura razionalistica e illuministica che di fatto aveva egemonizzato l’Occidente».