Un’amicizia strana che nasce dall’alto… San Riccardo e San Giovanni Paolo II
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Un’amicizia strana che nasce dall’alto…
DOMENICA 8 APRILE 2018 A TRIVOLZIO, il raduno di una strana amicizia spuntata su Whatsapp, guardando a S. Riccardo Pampuri e S. Giovanni Paolo Il.
Da dove l’accostamento tra questi due grandi testimoni della storia contemporanea, amici di Cristo?
Quando il 1° maggio del 2011 il Papa polacco veniva proclamato beato nella festa della Divina Misericordia, ci si accorse che ricorreva anche la festa del “Dottor Carità”.
E di Pampuri, Papa Giovanni Paolo Il cosa conosceva? In vita nessun incontro di persona con lui, era un bambino in Polonia quando il medico, religioso Fatebenefratelli, moriva a Milano il 1° maggio 1930.
Eppure Papa Wojtyla lo definì BEATO il 4 ottobre 1981, anche grazie al miracolo ottenuto da Ferdinando Michelini nel settembre 1959 presso la clinica S. Giuseppe a Milano, invocando Pampuri.
E poi il 1° novembre 1989 lo proclamò SANTO per la guarigione di Manuel Cifuentes Rodenas, ottenuta il 4 gennaio 1982 nella sua casa di Alcadozo, rivolgendosi con fiducia al medico dell’immaginetta.
Sicuramente Papa GP II ebbe modo di conoscere non poco il Pampuri, basta leggere le due omelie,
- della beatificazione:
"Erminio Filippo Pampuri, decimo di undici figli, a 24 anni è medico condotto e a 30 anni entra nell’Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio (Fatebenefratelli). Solo tre anni dopo moriva.
È una figura straordinaria, vicina a noi nel tempo, ma più vicina ancora ai nostri problemi ed alla nostra sensibilità. Noi ammiriamo in Erminio Filippo, diventato nell’Ordine Fra Riccardo Pampuri, il giovane laico cristiano, impegnato a rendere testimonianza nell’ambiente studentesco, come membro attivo del Circolo Universitario “Severino Boezio” e socio della Conferenza di san Vincenzo de’ Paoli; il dinamico medico, animato da una intensa e concreta carità verso i malati e i poveri, nei quali scorge il volto del Cristo sofferente. Egli ha realizzato letteralmente le parole, scritte alla sorella suora, quando era medico condotto: “Prega affinché la superbia, l’egoismo e qualsiasi altra mala passione non abbiano ad impedirmi di vedere sempre Gesù sofferente nei miei malati, Lui curare, Lui confortare. Con questo pensiero sempre vivo nella mente, quanto soave e quanto fecondo dovrebbe apparirmi l’esercizio della mia professione!”
Lo ammiriamo anche come religioso integerrimo di un benemerito Ordine, che, nello spirito del suo Fondatore san Giovanni di Dio, ha fatto della carità verso Dio e verso i fratelli infermi la propria missione specifica e il proprio carisma originario. “Voglio servirti, o mio Dio, per l’avvenire con perseveranza ed amore sommo: nei miei superiori, nei confratelli, nei malati tuoi prediletti: dammi la grazia di servirli come servirei Te”: così scriveva nei propositi in preparazione alla professione religiosa.
La vita breve, ma intensa, di Fra Riccardo Pampuri è uno sprone per tutto il Popolo di Dio, ma specialmente per i giovani, per i medici, per i religiosi.
Ai giovani contemporanei egli rivolge l’invito a vivere gioiosamente e coraggiosamente la fede cristiana; in continuo ascolto della Parola di Dio, in generosa coerenza con le esigenze del messaggio di Cristo, nella donazione verso i fratelli.
Ai medici, suoi colleghi, egli rivolge l’appello che svolgano con impegno la loro delicata arte animandola con gli ideali cristiani, umani, professionali, perché sia una autentica missione di servizio sociale, di carità fraterna, di vera promozione umana.
Ai religiosi ed alle religiose, specialmente a quelli e quelle che, nell’umiltà e nel nascondimento, realizzano la loro consacrazione fra le corsie degli ospedali e nelle case di cura, Fra Riccardo raccomanda di vivere lo spirito originario del loro Istituto, nell’amore di Dio e dei fratelli bisognosi."
- della canonizzazione:
"Beati i misericordiosi . . . Beati i puri di cuore” (Mt 5, 7-8). In appena trentatré anni, quali quelli del Cristo da lui amato sopra ogni cosa, la vita di san Riccardo Pampuri fu tutta un dono, a Dio e ai fratelli: come giovane apostolo tra gli studenti universitari, tra i militari in trincea durante gli orrori della guerra, tra i fedeli della parrocchia dove fu medico condotto. Seguendo poi la sua vocazione personale, egli entrò nell’ordine dei Fatebenefratelli, perché attratto dallo specifico ministero di questa famiglia religiosa di natura laicale, sorta per un servizio di carità anche eroica verso gli infermi, e verso i sofferenti più poveri.
In una comunità che doveva fare della misericordia il motto principale del proprio ministero, san Riccardo sentì di dover rispondere con un nuovo segno ed una nuova disponibilità a Cristo, “con una corrispondenza sempre più pronta e generosa, con un abbandono sempre più completo, sempre più perfetto nel Cuore Sacratissimo di Gesù” (Lettera alla sorella, 6 set. 1923).
Occorre però ricordare che san Riccardo iniziò il suo cammino di santificazione nel contesto dell’intensa spiritualità dei laici, proposta dall’Azione Cattolica. Per questo, sia come adolescente che come giovane studente e professionista, s’impegnò nel lavoro di formazione con l’aiuto di una attenta direzione spirituale, facendo degli esercizi spirituali un suo impegno forte e attingendo alla pietà eucaristica l’energia necessaria per proseguire nonostante le difficoltà.
Soprattutto egli penetrò il messaggio della carità evangelica alla luce della meditazione e della preghiera, trascorrendo intensi tempi di contemplazione accanto all’Eucaristia, e dedicandosi poi, con una sensibilità particolarmente acuta, ai sofferenti in ogni circostanza.
Come non essere toccati dalle parole con cui san Riccardo si rivolgeva, in un ultimo colloquio, al suo direttore spirituale: “Padre, come mi accoglierà Iddio? . . . Io l’ho amato tanto, e tanto lo amo”. In questo intenso amore sta il supremo valore del carisma di un vero fratello dell’ordine di san Giovanni di Dio, la cui vocazione consiste proprio nel riproporre l’immagine di Cristo per ogni uomo incontrato nel proprio cammino, in un rapporto fatto di amore disinteressato e alimentato alla sorgente di un cuore puro."
E dopo, il 1° maggio 2011, beatificazione di GP II e la sua canonizzazione il 27 aprile 2014.
Tra queste due date un iniziale accorgersi di una vicinanza umana tra i due, uno a mostrare il senso profondo della sofferenza del malato, l'altro a mostrare la compagnia possibile all’uomo provato, attraverso la cura. Ed insieme la convergenza alla presenza redentrice di Cristo nell’istante.
Da allora diverse cose son sono successe a confermare lo sguardo a questi due santi, come strada a Cristo per l’uomo nel dolore.
Occasione all’approfondimento di questo sguardo la testimonianza di don VINCENT NAGLE, DOMENICA 8 APRILE 2018 a TRIVOLZIO C/O HOSPICE FATEBENEFRATELLI