San Riccardo Pampuri

Medico esemplare e amico dei sofferenti nel segno dell'umiltà e della completa dedizione.
Autore:
Russomanno, Eugenio
Fonte:
Osservatore Romano
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San Riccardo Pampuri è stato canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1989 con queste parole: "È una figura vicina a noi nel tempo, ma più ancora ai nostri problemi ed alla nostra sensibilità. La sua vita breve, ma intensa, è uno sprone per tutto il popolo di Dio, ma specialmente per i giovani, per i medici, per i religiosi".

Nasce a Trivolzio, alle porte di Milano, il 2 agosto 1897, battezzato con il nome di Erminio. A tre anni muore la madre, Erminio viene affidato agli zii che diventano per lui madre e padre e che danno al bambino una educazione cristiana: fin da piccolo orizzonte e dimensione fondamentale della sua vita è la fede cristiana. Nel 1915 si iscrive alla facoltà di Medicina dell'Università Pavese. Durante la Prima Guerra Mondiale viene arruolato ed assegnato agli ospedali di campo. Nel 1921 consegue brillantemente la Laurea in Medicina e Chirurgia. Nel 1922 ottiene di diventare Terziario Francescano. In lui fede cristiana e professione del medico convivono indissolubilmente.

Dal 1922 al 1927 è medico condotto a Morimondo: un medico esemplare, un vero medico cristiano. Il dottor Pampuri non si dava un attimo di sosta: lo chiamavano a qualsiasi ora del giorno o della notte e lui era sempre disponibile. Era "una istituzione di carità più che un medico". Divenne ben presto il centro del paese: fonda il circolo dell'Azione cattolica; organizza gli esercizi spirituali per la preparazione al Giubileo del 1925. Ma, soprattutto, era cristiano. Ogni giorno la preghiera, ogni giorno la Messa, ogni giorno il suo cuore amava Cristo. La fede gli faceva incontrare Gesù sui volti degli ammalati. In una lettera alla sorella Longina, suora missionaria al Cairo, con la quale intrattiene per tutta la vita un rapporto epistolare speciale, scrive: "Prega affinché la superbia, l'egoismo o qualsiasi altra mala passione non abbiano ad impedirmi di vedere sempre Gesù nei miei ammalati, Lui curare, Lui confortare". Trattava ogni ammalato come fosse Cristo, lo chiamavano il "dottorino santo". Ma il dottor Pampuri sentiva più congeniale la vocazione ad una vita consacrata totalmente a Cristo. Finalmente nel 1927 riesce ad entrare nell'Ordine Ospedaliero di s. Giovanni di Dio (Fatebenefratelli); gli danno il nome di fra Riccardo, a ricordo di don Riccardo Beretta, suo padre spirituale degli anni di Morimondo. Padre Zaccaria Castelletti, allora provinciale dell'Ordine, ricorda che, quanto al voto dell'ospitalità e all'assistenza degli infermi, frate Riccardo era il primo a mostrarsi disponibile, nei lavori umili e in quelli dignitosi: il primo a maneggiare la scopa, il primo a vuotare i vasi e le sputacchiere, il primo che, mancando il direttore medico o il primario, all'invito del superiore, indossava la vestaglia bianca ed iniziava la visita medica. Ma lo stato della sua salute è precario. Muore, dopo terribili sofferenze, il primo maggio 1930. Nel 1981 Giovanni Paolo II lo proclama Beato, nel 1989 lo proclama Santo.

"Il santo è un uomo vero. Il santo è un vero uomo perché aderisce a Dio e quindi all'ideale per cui è stato costruito il suo cuore e di cui è costituito il suo destino. Eticamente tutto ciò significa "fare la volontà di Dio" dentro una umanità che rimane tale e pur diventa diversa" (Giussani). La vita di san Pampuri è esemplare in tal senso. Visse in assoluta semplicità, in un modo senza dubbio paragonabile a quello di un contadino o di un medico di campagna, che nessuno conosceva, noto solo per la bontà e la generosità con cui trattava gli ammalati. Trascorse gli ultimi tre anni della sua vita ritirato in un convento nascosto agli occhi del mondo. Lo spettacolo di san Pampuri è questo dimostrarsi della potenza di Dio nella semplicità più assoluta. "Il santo semplice" è il titolo di un saggio di Laura Cioni su fra' Riccardo; e l'eroica semplicità di san Pampuri traspare anche da un altro bel saggio, quello di Rino Cammilleri. Nella vita di san Pampuri, per l'appartenenza a Cristo, il quotidiano diventava eroico e l'eroico quotidiano. Per questo egli è specialmente indicato ad essere spettacolo e forma di vita cristiana per l'oggi.

Egli è per noi "un fratello maggiore", che indica alla nostra vita il "porro unum necessarium": l'appartenenza a Cristo, l'amore a Cristo, l'imitazione di Cristo, presente nella Chiesa e nel mistero della sofferenza. In una delle lettere che il santo scrive alla sorella, suor Longina, si legge: "Far sempre la volontà del Signore, nell'esatto adempimento dei propri doveri, e in una lotta perseverante, generosa contro le proprie cattive inclinazioni con gli occhi fissi in Dio, nostra ultima meta e bene supremo, in Gesù nostro modello Divino, sempre più avanzare nella via della perfezione: crescere sotto l'occhio di Dio, questo dovrebbe veramente essere il mio programma, ed in esso dovrei trovare indubbiamente il più grande contento dell'anima e la più invidiabile pace dello spirito".

Nel tempo della Solennità di Nostra Signora di Lourdes e nei giorni del Giubileo degli Ammalati e degli Operatori sanitari, vorremmo concludere questo contributo alla devozione di san Pampuri con lo sguardo rivolto ai miracoli ed alle grazie che ancora oggi egli compie, amico degli ammalati, per la salute fisica e la pace spirituale di numerosi devoti. Don Angelo Beretta, il parroco di Trivolzio, ha più volte testimoniato, soprattutto negli ultimi anni, dell'aumento costante di pellegrini presso la chiesa parrocchiale di Trivolzio dove si custodisce e venera il corpo di san Pampuri. Si tratta di adolescenti, giovani soprattutto, e famiglie, che provengono da ogni parte d'Italia: Milano e dintorni, Roma, Lugano, Torino, Rovigo, Bologna, Trento, Fossombrone, Pesaro, Padova, Reggio Emilia, perfino da Benevento e da Napoli. Riprendiamo dalla rivista "Tracce" alcune testimonianze relative a recenti inspiegabili guarigioni legate al santo di Trivolzio. Roberta: qualche tempo fa diagnosticarono a sua madre un grave tumore osseo. Il giorno dopo alcuni amici accompagnarono la ragazza nella chiesa ove giacciono le spoglie di san Pampuri per chiedere la guarigione della malattia (ma soprattutto la conversione della mamma, non credente). Pochi giorni dopo la signora si reca in ospedale per alcune lastre. L'esito risulta "inspiegabile" ai medici: il male si era quasi totalmente riassorbito. Damiano verso la fine di maggio del 1995 riceve l'esito di alcuni esami clinici: linfoma nonhogkin. Il medico gli spiega di cosa si tratta e gli prospetta un duro calvario per le cure alle quali doveva sottoporsi. Damiano all'inizio di agosto si reca con alcuni amici sulla tomba di san Pampuri. Ci ritorna la settimana dopo. Alla fine di agosto, dopo gli ennesimi controlli, i medici gli dissero che non capivano se era guarito o se il male non era stato ancora debellato. Damiano torna da san Pampuri, il 17 settembre, questa volta con gli amici del Politecnico. Il giorno dopo i dottori gli comunicarono che era guarito. Cristina: uno degli ultimi giorni di dicembre del 1994 viene a sapere che una sua amica era stata ricoverata in ospedale per una aplasia midollare. Con alcune sue amiche si reca da san Pampuri. Dopo la Messa entrano nella stanza attigua alla cappella dove sono custodite le reliquie del santo. A questo punto una delle sue amiche le dice di appoggiare l'immaginetta di san Riccardo su una reliquia: per sottolineare la fisicità della domanda. Non si trattava di un gesto da fanatici, ma di concretezza. Cristina strofina l'immaginetta sulla divisa della banda musicale appartenuta al santo. Qualche giorno dopo vanno a trovare la parente e durante la conversazione raccontano della visita al Santuario e danno l'immaginetta alla signora. Il giorno successivo il medico fa un prelievo e dopo mezz'ora ritorna perché crede di aver sbagliato. Tutto si stava risolvendo e l'indomani la donna viene dimessa. Lo stesso medico dice: "Questo lo consideri un miracolo".