San Leonardo Murialdo
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San Leonardo Murialdo, "santo educatore torinese il cui carisma ha dilatato la chiesa come luogo di vita nel mondo", è stato definito da Paolo VI "un uomo straordinario, ma nell'ordinario". Tutta la sua vita è esemplare testimonianza di tale eroica quotidianità.
Nacque a Torino il 26 ottobre 1828, da famiglia largamente benestante e profondamente cristiana. Compiuta la formazione scolastica e religiosa nel collegio degli Scolopi di Savona, nel 1845 maturava la vocazione al sacerdozio. Avrebbe poi scritto: "Quanto alla vocazione religiosa, mai avevo pensato e mai avrei immaginato di diventare un religioso! Per la mia inclinazione alla libertà, avevo una certa avversione ad essere religioso. Eppure il buon Dio l'ha fatto". La premura della madre, figura fondamentale nell'educazione del giovane Leonardo, e "il prodigio di misericordia" di un abate lo aiutarono in quella che lo stesso Murialdo avrebbe definita "la sua conversione", dopo una grave crisi adolescenziale, fino ad abbracciare nella maturità della fede la vocazione sacerdotale (20 settembre 1851).
TORINO
In quegli anni, immediatamente successivi al 1848, infuriava la lotta tra Stato e Chiesa: la politica governativa del nascente Stato italiano era dichiaratamente anticlericale ed anticristiana. Anche per l'opera del Murialdo il cattolicesimo italiano resse all'urto del laicismo che accompagnò la riunificazione nazionale. Scriveva in quegli anni: "Tutti oramai sono convinti del malvolere e dell'ostilità preconcetta del governo contro la Chiesa. (...) Se negli Stati con libere istituzioni civili e politiche vi è libertà per tutti, perché non vi deve essere anche per la religione e per la Chiesa?". E riguardo al fatto educativo, suo principale ambito vocazionale, don Leonardo affermava con chiarezza il sacrosanto principio della libertà, con parole di grande attualità: "Mentre il governo secolarizza le scuole pubbliche e colpisce in tutti i modi l'insegnamento libero e cattolico, riducendolo sotto sorveglianza con continui capziosi decreti o sopprimendo gli stabilimenti educativi degli ordini religiosi, è un'opera santa e patriottica porgere aiuti e mezzi alle nuove scuole cattoliche che sorgono per l'attività di uomini di talento e coraggio. (...). La gioventù deve essere educata secondo la volontà dei genitori e non secondo quella dei governanti, perché i figli sono dei genitori e non dello Stato".
La sua vita e la sua missione hanno un punto di riferimento importante nell'amicizia e nella collaborazione con il gruppo più fervente del clero torinese: san Giuseppe Cafasso, san Giovanni Bosco (suo grande amico), il canonico Anglesio (successore del Cottolengo), ed altre belle figure di sacerdoti. Anche questo tessuto di amicizia cristiana tra personalità tanto imponenti fu all'origine del vivacissimo ministero del Murialdo che testimoniava un incredibile e febbrile impegno missionario e una grande fecondità di opere. Uomo d'azione - "d'indole forte e impetuosa" lo disse il suo migliore discepolo don Eugenio Reffo, e le testimonianze ai processi canonici sulla eroicità delle sue virtù lo definiscono di carattere forte e vivace, tutto nervi, assai vivo e pronto, ardente, impetuoso - il Murialdo assunse innumerevoli incarichi: insegnante di religione, direttore dell'oratorio "san Luigi" per incarico di don Bosco, predicatore, confessore, catechista nelle carceri minorili, cappellano militare, e molti altri furono gli impegni da lui assunti in quegli anni.
EDUCATORE
Per don Aldo Marengo, sacerdote giuseppino tra i più autorevoli studiosi del Santo, "l'inclinazione naturale di Leonardo, giovane sacerdote, è l'insegnamento". Nei manoscritti del Santo si legge: "Io stimo più eccellente di ogni pittore o scultore o simili maestri, colui che non ignora l'arte di modellare l'animo dei giovani. Educare è opera tra tutte la più divina. Il fanciullo è quanto di più prezioso vi sia nella società. Il cuore è quanto di più prezioso vi sia nel fanciullo. È l'educazione del cuore quella a cui da noi si mira". Il carisma di san Leonardo è quindi tipicamente educativo: professore di religione per 32 anni all'istituto delle suore Fedeli Compagne di Gesù (dal 1852 al 1884), autore di conferenze presso numerosi istituti educativi torinesi, soprattutto direttore del Collegio degli Artigianelli di Torino per 34 anni. Don Ignazio Martelletto, rettore del Seminario giuseppino di Viterbo, mi spiega che un aspetto importante della pedagogia murialdina è la "presenza" dell'educatore all'educando, riverbero del supremo metodo educativo cristiano, Presenza umana e divina di Gesù Cristo all'uomo.
Nel 1866 don Leonardo assunse l'impegnativo compito della direzione del Collegio degli Artigianelli di Torino, un'istituzione caritativa, educativa e professionale per i giovani apprendisti che andavano a bottega presso piccole aziende artigiane. Da allora, per 34 anni, sarà questo il suo impegno principale. Per assicurare continuità all'opera educativa degli Artigianelli, nel 1873 fondò la Congregazione di san Giuseppe (i Giuseppini), che si diffuse prima nel Veneto, poi in tutta Italia e, con le missioni, in Europa, in America e in Africa. E molti altri furono gli impegni dell'infaticabile don Leonardo: assistente ecclesiastico dell'Unione Cattolica Operaia, promotore di importanti opere di assistenza mutualistica, anima delle prime forme di azione cattolica, assistente del comitato regionale piemontese dell'Opera dei Congressi, diffuse la buona stampa con pubblicazioni popolari e biblioteche, diede vita al settimanale "La voce dell'operaio" (oggi "La voce del popolo"), promosse comitati di collocamento al lavoro, cooperative, associazioni. Propagò la devozione al Sacro Cuore e alla Madonna, nel cui Santuario torinese della Consolata prese le grandi decisioni della sua vita. "Tutta l'ascetica e la mistica di Maria sta in quel suo: 'Ecco, sono l'ancella del Signore; si faccia di me secondo la Tua parola'", ha scritto il Murialdo.
Morì il 30 marzo 1900. È stato proclamato Santo il 3 maggio 1970.
SANTO
Nella presentazione al saggio "Santi" di Cyril Martindale don Giussani ha scritto: "Il santo è un uomo vero. Il santo è un vero uomo perché aderisce a Dio e quindi all'ideale per cui è stato costruito il suo cuore e di cui è costituito il suo destino. Eticamente tutto ciò significa 'fare la volontà di Dio' dentro una umanità che rimane tale e pur diventa diversa". La vita di san Leonardo Murialdo è esemplare in tal senso. Il tono di alcune sue affermazioni riecheggia nei manoscritti continuamente: "Fare quello che Dio vuole, soffrire quello che Dio vuole e perchè Dio vuole: qui sta tutta la perfezione". "Amare Cristo è il nostro fine, la nostra fortuna, il nostro dovere". "Gesù Cristo è il fine dei pensieri, degli affetti, della verità". "Gesù Cristo è la via delle opere dell'uomo, la verità dell'intelletto, la vita del cuore". In che modo era possibile al Murialdo capire "la volontà di Dio"? Scrive don Aldo Marengo: "In lui prevale l'orientamento mistico di lasciarsi guidare dalla Provvidenza, cioè dalla volontà di Dio manifestata concretamente per mezzo delle circostanze. (…) Don Leonardo ricerca la volontà di Dio, espressa anzitutto nella quotidianità, nei segni del tempo, letti nella situazione concreta della Chiesa locale e del territorio, nei bisogni della gente, in modo particolare della gioventù". Questo sguardo intelligente sulla realtà, questa profonda esperienza della realtà come segno di Altro, della Provvidenza, comporta accettazione ed amore. Il Murialdo "accetta a diciassette anni la vocazione sacerdotale, a cui non ha mai prima pensato. Più tardi, chierico e giovane prete, accetta il campo di impegno apostolico nelle periferie in favore della gioventù e della gente del ceto popolare. Poi, la responsabilità della direzione del Collegio e dell'Opera degli Artigianelli. Qui accetta la realtà dell'opera: persone, difficoltà pedagogiche, economico-finanziarie… Accetta la chiamata allo stato religioso, verso cui sente istintivo rifiuto, e diventa iniziatore e superiore di una congregazione religiosa. Accetta serenamente le malattie personali e le disgrazie familiari…". Nell'Epistolario al fratello egli scrive: "Ho sotto gli occhi un'immagine che dice: 'La santità del cuore non è che un semplice sì'".
OGGI
Il Murialdo "vive" ancora oggi. Scrive don Giovenale Dotta, altro autorevole studioso del Santo: "Vivono le sue idee, cariche di sempre nuovi fermenti. Vivono le sue opere, che molti, dopo di lui, hanno continuato. Vive il suo esempio, capace di entusiasmare altri giovani a seguire la sua strada. Vive la sua santità, riconosciuta dalla Chiesa il 3 maggio 1970. Vive una "famiglia" (i Giuseppini del Murialdo) che, prima ancora di portarne il nome, vuole riassaporarne l'esperienza spirituale e lo slancio originale verso i giovani poveri".