Rolando Rivi
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Ha avuto inizio sabato 7 gennaio, a Modena, la cerimonia di apertura del Processo Informativo Diocesano per la beatificazione di Rolando Rivi.
Rivi aveva solo 14 anni e una tonaca nera da seminarista quando, il 10 aprile 1945, venne rapito da un gruppo di resistenti del modenese.
Verrà giustiziato in un bosco il 13 aprile, a colpi di rivoltella, senza che fossero risparmiati insulti ed ingiurie al “piccolo ragno nero”. Il corpo verrà ritrovato dal padre poche ore dopo in una fossa che- raccontano le testimonianze- fu lo stesso Rolando a dover scavare.
A poche centinaia di metri, appesa sul portico di una fattoria, la tonaca nera da seminarista.
Colpisce la giovane età del ragazzo, che si rifiutò di togliere l’abito talare nonostante il seminario fosse stato chiuso e non fosse più obbligato ad indossarlo.
“Io sono di Gesù” soleva ripetere, e - come ben documenta il libro di Emilio Bonicelli Il sangue e l’amore” (Jaca Book) - questa appartenenza gli derivava da una fede forte e capace, una fede contadina.
Recentemente pare che una giovane madre si sia rivolta a Rivi chiedendo la grazia per la figlia malata di leucemia e che quest’ultima sia guarita.
Questo è solo uno dei tanti casi che presumibilmente porteranno il giovane martire sulla via della beatificazione.
Nel panorama storico di quegli anni, la vicenda di Rolando Rivi non è insolita: in un suo recente libro - “Storia dei preti uccisi dai partigiani” (Piemme 2005) - il giornalista Roberto Beretta raccoglie le storie e la tragica fine di 129 preti uccisi dai partigiani in tutt’Italia nel dopoguerra.
Tra la Lombardia e l’Emilia in quegli anni furono più di 20.000 le persone giustiziate sommariamente. In buona parte, cattolici.
La vicenda di Rolando Rivi permette una riflessione riguardo il silenzio calato su questo aspetto della resistenza, silenzio squarciato dagli ultimi best-sellers di Giampaolo Pansa (“Il sangue dei vinti”e “Sconosciuto 1945”), e che tuttavia ancora non ha rivelato l’intera verità per quanto concerne il cosiddetto “triangolo della morte” che insanguinò il nord Italia in quei mesi.
E’ infatti recente cronaca il rifiuto del consiglio comunale di Scandiano di commemorare don Carlo Terenziani, un sacerdote della diocesi di Reggio Emilia ucciso il 29 aprile 1945.
Lo stesso Prodi ha dichiarato “non si può essere contrari a riflettere su questo capitolo della nostra storia”.
I fatti, però, dimostrano il contrario.