Il grande insegnamento di Karol Wojtyla 2 - Cristo Redentore dell'uomo
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Di fronte ad un gigante come Karol Wojtyla tutti si chiedono dunque qual è il senso ultimo della sua figura, qual è l'insegnamento sintetico che ci ha comunicato.
Il suo biografo ufficiale, G. Weigel, nel suo monumentale "Testimone della speranza", ci risponde autorevolmente:
"l'umanesimo cristiano come risposta della Chiesa alla crisi della civiltà mondiale al termine del XX secolo" (p.1068)
"Cristo, Redentore del mondo, rivela la stupefacente verità sulla condizione dell'uomo e sul suo destino ultimo; l'amore che spinge al dono di sé rappresenta il sentiero lungo il quale la libertà dell'uomo trova il proprio compimento nel fiorire della civiltà." (p.1069)
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Benedetto XVI, prima collaboratore principale e poi continuatore come Papa della sua opera, aggiunge:
"In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia di libertà"
"Ancora più in sintesi ci ha ridato la forza di credere in Cristo, perché Cristo è Redemptor hominis, Redentore dell’uomo: il tema della sua prima Enciclica e il filo conduttore di tutte le altre".
"L’uomo è la via della Chiesa": è stato questo, secondo Benedetto XVI, il "messaggio" di Karol Wojtyla, che "salì al soglio di Pietro portando con sé la sua profonda riflessione sul confronto tra il marxismo e il cristianesimo, incentrato sull’uomo".
"Con questo messaggio, che è la grande eredità del Concilio Vaticano II e del suo ‘timoniere’ il Servo di Dio Papa Paolo VI – ha proseguito il Santo Padre – Giovanni Paolo II ha guidato il Popolo di Dio a varcare la soglia del Terzo Millennio".
"Attraverso il lungo cammino di preparazione al Grande Giubileo", Giovanni Paolo II "ha dato al cristianesimo un rinnovato orientamento al futuro, il futuro di Dio, trascendente rispetto alla storia, ma che pure incide sulla storia".
"Quella carica di speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso – ha spiegato il Papa – egli l’ha legittimamente rivendicata al cristianesimo, restituendole la fisionomia autentica della speranza, da vivere nella storia con uno spirito di ‘avvento’, in un’esistenza personale e comunitaria orientata a Cristo, pienezza dell’uomo e compimento delle sue attese di giustizia e di pace".
L'8 aprile 2005 l'allora cardinal Ratzinger, al suo funerale, in presenza di una folla immensa di fedeli, pronuncerà parole indimenticabili che descrivono il senso più profondo della sua testimonianza.
"SEGUIMI!"
"Insieme al mandato di pascere il suo gregge, Cristo annunciò a Pietro il suo martirio. Con questa parola conclusiva e riassuntiva del dialogo sull’amore e sul mandato di pastore universale, il Signore richiama un altro dialogo, tenuto nel contesto dell’ultima cena. Qui Gesù aveva detto: "Dove vado io voi non potete venire".
Disse Pietro: "Signore, dove vai?". Gli rispose Gesù: "Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi" (Gv 13, 33.36).
Gesù dalla cena va alla croce, va alla risurrezione – entra nel mistero pasquale; Pietro ancora non lo può seguire. Adesso – dopo la risurrezione – è venuto questo momento, questo "più tardi". Pascendo il gregge di Cristo, Pietro entra nel mistero Pasquale, va verso la croce e la risurrezione. Il Signore lo dice con queste parole, "… quando eri più giovane... andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Gv 21, 18).
Nel primo periodo del suo pontificato il Santo Padre, ancora giovane e pieno di forze, sotto la guida di Cristo andava fino ai confini del mondo. Ma poi sempre più è entrato nella comunione delle sofferenze di Cristo, sempre più ha compreso la verità delle parole: "Un altro ti cingerà…". E proprio in questa comunione col Signore sofferente ha instancabilmente e con rinnovata intensità annunciato il Vangelo, il mistero dell’amore che va fino alla fine (cf Gv 13, 1).
Egli ha interpretato per noi il mistero pasquale come mistero della divina misericordia.
Scrive nel suo ultimo libro: Il limite imposto al male "è in definitiva la divina misericordia" ("Memoria e identità", pag. 70). E riflettendo sull’attentato dice: "Cristo, soffrendo per tutti noi, ha conferito un nuovo senso alla sofferenza; l’ha introdotta in una nuova dimensione, in un nuovo ordine: quello dell’amore…
E’ la sofferenza che brucia e consuma il male con la fiamma dell’amore e trae anche dal peccato una multiforme fioritura di bene" (pag. 199). Animato da questa visione, il Papa ha sofferto ed amato in comunione con Cristo e perciò il messaggio della sua sofferenza e del suo silenzio è stato così eloquente e fecondo."
Se questo che abbiamo evocato è il messaggio sintetico capace di rendere nulla la potenza della cultura dominante non soltanto attraverso una elaborazione dottrinale, ma anche con la testimonianza della sua intera vita, possiamo individuare tre punti nei quali tale messaggio si è articolato.