Anatolij Zurakovskij: Volto di Cristo e volto della Chiesa
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Approfondiamo ora un particolare aspetto della vita spirituale di Anatolij Žurakovskij che matura in lui a partire dal 1917 e che trova praticamente immediata applicazione storica nel suo ministero pastorale a partire dal 1920.
Le lettere scritte dal fronte negli anni 1916-1917 mettevano in evidenza, come già è stato sottolineato, l'avvenuta sua scelta radicale per Cristo, senso e scopo del pellegrinaggio terreno. Proprio tra le truppe ausiliarie matura in lui un progetto di vita chiaro e preciso, che trova nella Mensa del Signore il fondamento tradizionale ed eternamente nuovo su cui poggiare l'intero ministero della Chiesa.
Tornato a Kiev, non può far a meno di notare come i laici, pur partecipando alla Divina Liturgia, si comunicano di rado e come molte superstizioni offuscano il Sacramento.
Questa presa di coscienza lo spinge a scrivere un saggio, pubblicato sulla rivista dell'Accademia di Kiev "Christianskaja mysl'", un commento al testo della Liturgia bizantina di S. Giovanni Crisostomo e S. Basilio il Grande. Tutta la Liturgia ortodossa è vista da Anatolij come una sublime proclamazione che Dio è amore e perciò la Chiesa non può che essere anch'essa amore, mistero dello Spirito Santo, e non, polemizzando, potere, autorità o, peggio ancora, dicastero all'interno di un farraginoso sistema burocratico. La Chiesa visibile è costituita da uomini raccolti attorno all'altare, attorno ai Santi Doni; essa è una comunità eucaristica che permane nell'amore.
Per Žurakovskij è dunque necessario rinnovare la comunità eucaristica, fare proprio di essa la cellula-base della Chiesa. Propone anche passi molto concreti, quali l'aprire l'iconostasi (nella tradizione bizantina, tramezzo che divide il presbiterio, ove il sacerdote celebra la prima parte della Divina Liturgia, dalla chiesa propriamente detta, ove è raccolto il popolo in preghiera. Generalmente porta numerose icone) perché tutta la comunità possa partecipare all'intera Divina Liturgia e far risuonare a voce alta il canone, affinché esso divenga preghiera comune. E' necessario trovare tutti i mezzi per aiutare il popolo cristiano a vivere una profonda esperienza spirituale dell'Eucaristia, perché diventi proprio l'Eucaristia il centro della vita del battezzato.
Nello sguardo puntato su Dio Amore emerge con evidenza l'influenza esercitata su di lui dagli slavofili, da Chomjakov soprattutto; se per quest'ultimo però la Chiesa era praticamente solo comunità di persone convocate dallo Spirito Santo, Anatolij lega la comunità all'Eucaristia, inserendosi così nella dimensione tradizionale dell'Ortodossia. La Chiesa è per lui infatti prima di tutto il Corpo di Cristo, la divino-umanità che vive nella storia.
Scrive infatti in una lettera:
"L'anima si unisce a Cristo due volte. Una volta intimamente, in profondità, nel nascondimento... La seconda volta nella Chiesa. L'anima si unisce a Lui unendosi al prossimo, diventa una cosa sola con Lui diventandolo con il prossimo, Lo incontra nell'amore alla Chiesa.
Anche al di fuori della Chiesa noi ci incontriamo e persino ci amiamo. Ma i nostri incontri e il nostro amore ci fanno solo percepire in modo più acuto la nostra solitudine e la nostra divisione. Il muro che si erge fra noi diventa sempre più spesso. Per di più i rapporti tra le persone sono sempre così superficiali e i loro incontri così penosamente vacui, che la loro inconsistenza interiore... innalza un muro tra noi e Dio. Chi sta troppo con la gente, di solito sta troppo poco con se stesso e con Dio.
Questo è quanto avviene fuori della Chiesa. Ma la Chiesa ci svela il mistero. Ci dice che da quando Dio si è incarnato e si è fatto uomo, e il Figlio di Dio è diventato Figlio dell'Uomo, l'uomo non solo è immagine e somiglianza di Dio, ma particella della Carne divina, fratello minore di Cristo, membro del Suo corpo. Toccando il prossimo, in modo invisibile noi tocchiamo Cristo. Ogni incontro con una persona può e deve diventare preghiera e azione sacramentale, incontro con Cristo e incontro con Dio...
Il mistero dell'unione con Cristo attraverso l'uomo è il mistero della comunionalità, il mistero della Chiesa, il mistero della società cristiana, il mistero dell'amore, il mistero dell'ortodossia. Attraverso di esso e in esso tutta la vita diventa comunione con Dio, diventa preghiera, liturgia incessante, Eucaristia universale. Questo mistero è dimenticato e smarrito nei secoli: è di esso che abbiamo nostalgia, di esso attendiamo l'attuazione".
Da qui l'esigenza di un rinnovamento e di una rinascita della Chiesa, rinascita che deve partire "dal basso" attraverso la creazione di nuove comunità.
L'incontro con Padre Spiridon lo rafforza nel desiderio di dedicarsi completamente alla viva comunione con dei fratelli e delle sorelle nell'Eucaristia e, a partire dal 1920, tenendo come punto-base la Chiesa di S. M. Maddalena, si adopera alla creazione di fraternità ecclesiali che sorgono come libera iniziativa di fedeli, nate appunto "dal basso". Tali comunità sono extraparrocchiali e sovraparrocchiali; le comunità parrocchiali infatti sono viste da Anatolij come un'unione casuale di persone, estranee le une alle altre, trovatesi accomunate solo dal fatto di risiedere sul medesimo territorio. Secondo Žurakovskij invece la gente deve unirsi in base a un'affinità, a una consonanza ideale: persone affini e amiche che scelgono di "permanere nell'amore reciproco", avendo tra esse come unico legame l'Eucaristia. Queste comunità si radunano per celebrare la Divina Liturgia, per leggere la Sacra Scrittura, i testi dei Padri della Chiesa, per discutere e dialogare liberamente.
Il modello è certamente quello offerto agli Atti degli Apostoli (cap. 2 e cap. 4).
Le prime due comunità che vengono alla luce sono quella maschile dotto il patrocinio di S. Giovanni Crisostomo e quella femminile sotto quello di S. M. Maddalena.
Esse si configurano subito come una vera e propria opera ecclesiale: si preoccupano infatti di tenere in ordine la Chiesa, organizzano banchi di beneficenza, raccolgono fondi da distribuire ai poveri, si danno alla cura degli ammalati e degli invalidi, all'aiuto ai carcerati e alla educazione dei bambini.
Le fraternità si riuniscono per vivere insieme una intensa vita liturgica, di preghiera, ma anche di cultura: sono organizzati corsi di formazione liturgica, teologia, scritturistica e anche letteraria.
Per chi lo desidera poi c'è la possibilità di un ulteriore approfondimento con i docenti dell'ex Accademia teologica, fatta ormai chiudere dalle autorità.
A questo progetto concreto Anatolij consacra tutte le sue forze, per esso si spende completamente, non tirandosi indietro nemmeno quando il libero agire gli è impedito dal primo e poi dal secondo, definitivo, arresto. Dal confino scrive infatti una straordinaria lettera alla sua comunità (non l'unica di questa levatura, peraltro!) di cui riportiamo uno stralcio:
"Siamo arrivati al limite estremo, all'orrore estremo, alla disperazione ultima.
E quando pensavamo che tutti i fuochi si fossero spenti e che non ci fosse più speranza, abbiamo sentito dall'alto delle voci bianche che ci annunciavano che la salvezza esiste ed è vicina. Il mistero della Chiesa, il più dolce di tutti i misteri della terra, si è rivelato a noi nel segreto del cuore e noi d'un tratto abbiamo capito che la Chiesa, i Suoi doni, il Suo amore e la Sua grazia non sono per gli altri, ma per noi che l'avevamo perduta e ci eravamo smarriti. Ci siamo accostati alle alte mura della Chiesa e di là ci ha guardati il Suo Volto, e nei raggi dello sguardo divino i nostri occhi illuminati hanno potuto vedere ciò che ci sembrava perduto per sempre, irrealizzabile, irraggiungibile. Allora abbiamo capito che per tutta la vita, dagli anni della giovinezza pieni di dubbi e di ribellione, fino all'estrema vecchiaia piena di nostalgia e di dolorosa debolezza, avevamo sempre amato Lui solo. Lui solo avevamo cercato, a Lui solo anelava il nostro cuore.
Abbiamo capito che vivere e servirLo sono la stessa cosa. Allontanarsi da Lui, staccarsi da Lui, significa morire.
Questa, miei cari fratelli, è la nostra comunità.
Non è forse vero che i più zelanti tra noi sono quelli che, ancora fino a poco tempo fa, si trovavano nelle file degli avversari della Chiesa o almeno tra gli indifferenti e i dubbiosi? Ora abbiamo intrapreso una strada nuova. Se non proprio sulla soglia, in ogni caso siamo sui primi gradini di una vita nuova. Ancora timidi, ancora ciechi, incapaci di vedere in lontananza, bambini inesperti davanti a una costruzione nuova, andiamo a tentoni là dove sappiamo che ci attende la pienezza delle realizzazioni divine.
Per Cristo perseguitato noi vogliamo creare sulle strade del mondo, che gli è nemico, un cantuccio dove Egli sia non solo un Ospite casuale, ma dove tutto gli appartenga per sempre e in modo incontrastato, dove tutto sia compenetrato dei suoi raggi, dove tutto risplenda del Suo nome e sia pervaso della Sua grazia.
A volte nel medioevo gli abitanti di intere città si mettevano a costruire assieme, comunitariamente, una chiesa.
Succedeva anche da noi, in Russia, e così venivano erette le cosiddette chiese "d'un giorno", costruite cioè in un solo giorno dalla volontà e dal lavoro di tutti, senza eccezioni.
Così anche noi costruiamo il tempio della nostra comunità con il lavoro, con la nostra vita. Questo tempio è la nostra comunità. In questo tempio tutto deve appartenere a Lui solo, ogni angolino, ogni sassolino.
Non mi darò pace, non pronuncerò il mio "Nunc dimittis", finché non sentirò che nel cuore di ognuno di voi saranno crollate definitivamente le barriere che separano la Chiesa e il Suo mondo dalla vita, le feste dalla quotidianità, il servizio a Dio dal lavoro di tutti i giorni. Ciò che ho sognato, che sogno e per cui prego è che la nostra comunità diventi un particolare microcosmo che abbracci, raccolga sotto un'unica cupola la vita di ognuno di voi in tutta la pienezza delle sue manifestazioni. Questo microcosmo deve essere il regno di Colui al quale ci siamo legati per sempre e che serviamo. Il sorriso dei bambini, il lavoro quotidiano, la giovinezza luminosa e la vecchiaia sazia di giorni: tutto deve essere santificato e rischiarato a partire dalla Chiesa e tramite la Chiesa. La vita nella Chiesa e la Chiesa nella vita di tutti: questo deve diventare il nostro compito.
E svolgendo questo compito fondamentale, il compito del nostro lavoro e della nostra vita, ritroveremo il mistero perduto dell'unità e dell'amore reciproco.
Smarriti, divisi, estranei, abbiamo perduto i sentieri che conducono alle anime gli uni degli altri, sulle strade del mondo siamo diventati reciprocamente estranei, ma ora dobbiamo mettere radici comuni. Dobbiamo diventare una Cosa sola in Cristo Gesù, nostro Signore.
Ecco, carissimi, come io intendo la costruzione della "comunità", come l'ho sempre intesa. Questa costruzione è sempre stata per me innanzitutto un'opera profondamente interiore, non l'esito di conquiste esteriori, ma il cammino di trasfigurazione interiore della vita, nella nostra unità multiforme, nella costruzione del mondo nuovo, del nuovo regno dell'amore, del mistero della Chiesa".
Ecco la Chiesa, ecco la comunità cristiana, ecco l'unica concreta alternativa a ogni tipo di totalitarismo, sotto qualunque volto si mostri (…o dietro qualunque apparenza si celi!): una proposta e una responsabilità per ciascuno di noi, spesso così intorpiditi e assonnati, comodamente adagiati in un quietismo incapace di scuotere le nostre e le altrui coscienze.