A piedi... 13 - Nel deserto: l’angoscia, la tentazione, la Grazia

VII giorno di viaggio – 3/1/2009 – Tiberiade – Valle del Giordano – Gerico – Monastero di San Giorgio in Kotziba
Fonte:
CulturaCattolica.it
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- Partiamo, ma io non riesco a star sveglio. Intravedo il posto di controllo all’ingresso dei territori palestinesi. Ci fermiamo a mangiare nel mezzo della Valle del Giordano: per la prima volta vedo il deserto. A sinistra la piana, laggiù il fiume, lontane le montagne della Giordania coperte dalla foschia. A destra le prime montagne del deserto di Giuda. Balze pallide che si rincorrono una sull’altra, dalle forme tondeggianti e levigate... quanto mi vengono in mente i racconti e i film biblici, i profeti che si rifugiano nel deserto, il Popolo Eletto che vi vaga, le battaglie degli antichi re. Si sta bene in maglietta il tre di Gennaio, non oso pensare d’estate. Sconfinato il fascino di questo paesaggio venato di bianco.

- La strada vi entra dentro decisamente, piane brulle, polverose, sassose, aridissime. Inizio a capire che cosa significhi la povertà della Palestina. Vi sono dei villaggi sparsi in mezzo al nulla, letteralmente al nulla... un po’ di coltivazioni in certi punti meno aridi, ma in altri... c’è veramente da domandarsi di che cosa vivano. Un paio di posti di controllo militari, l’ultimo che batte bandiera palestinese. Tutti gentili, tutto tranquillo. Passiamo sotto una funicolare e ci si apre una piana con un abitato di una certa grandezza. Gli agglomerati di case hanno un disordine imbarazzante... tutto è cadente e in confusione... in effetti neanche alla lontana ha l’aspetto di una città, sembra proprio un villaggio cresciuto a dismisura. Non riuscirei neanche a definirla “civiltà”, perché “civiltà” presupporrebbe un ordine, men che meno “città”, che sarebbe un organismo... è un agglomerato di case biancastre. La funicolare porta all’ortodosso Monastero della Quarantena, che commemora le tentazioni di Gesù nei quaranta giorni nel deserto. Il tutto abbarbicato, letteralmente, sui monti che sovrastano la “cittadina”. Esso ha una serietà e una severità, una “compostezza” assorta, che contrasta col ribollire dell’abitato ai suoi piedi. “Ma che città è?” “Gerico” “Questa è Gerico?” da non credere! Pensavo fosse una vera città, disordinata finché si vuole, magari, come ogni buona città del Medio Oriente, ma una vera città, non un grande villaggio!

- Saliamo su scassati taxi-furgoni che ci portano a un crinale da cui, a piedi, è possibile imboccare la strada per il monastero ortodosso di San Giorgio in Kotziba. È il primo santuario mariano della storia. Vuole la tradizione che in questa gola del deserto, un’incassata valle dalle ripide pareti incavate nella roccia (in arabo sono chiamate uadi), si fosse ritirato il profeta Elia in una grotta. Il protovangelo di Giacomo riferisce poi che anche San Gioacchino vi si fosse recato e avesse avuto da un angelo l’annunzio che egli avrebbe generato la Madonna. Tutta la zona, di rocce brulle, è delimitata da croci nere, poste sugli angoli della valle, sui pinnacoli rocciosi, che segnano il territorio del monastero. Un arco segna l’ingresso al sentiero. Il paesaggio è maestoso, i precipizi scoscesi, la roccia compatta e picchiettata... a tratti sembra un paesaggio di alta montagna! All’ingresso del sentiero si attaccano dei beduini con i loro somari che offrono passaggi biascicando parole in inglese e italiano. Non ce li schiodiamo più di dosso.

- kefià bianca e nera = arabo palestinese
- kefià bianca e rossa = beduino

- Impressionante come ancora essi vivano negli scorsi secoli... me lo aspettavo, ma l’ho toccato con mano: il somaro come reale mezzo di trasporto. Il sentiero sale e scende e si infila nello uadi. In fondo quella che mi dicono una sorgente permette la vita a qualche albero e... attaccato a una parete pressoché verticale il monastero! Esso si mostra coi suoi alberi attorno e le croci lontane là, sui picchi (i “calvi picchi”), come un ritaglio di umanità, di dolcezza, di accoglienza in mezzo alla durezza spietata delle rocce. Qui, proprio qui, vennero a chiudersi degli uomini, in mezzo al deserto. Non erano matti... tutti questi secoli.... recito preghiere alla Madonna.

- Entriamo e un monaco sorridente si entusiasma quando lo saluto in greco con “kalimera”. Gli altri due monaci che vediamo appaiono piuttosto spenti e chiusi. Le volte del monastero si aprono sulla valle incassata. La dolcezza, l’accoglienza di un tavolo con bicchieri, acqua e vino sotto un grande arco risalta nel contrasto col paesaggio duro su cui l’arco si apre. Dentro la cappella, commovente, scura e carica, con le pareti e l’iconostasi annerite da secoli di candele. Molto greco e un po’ di russo qua e là. Uno dei monaci ci tiene d’occhio. Donge accenna a dire l’angelus, ma viene arrestato dal monaco... ahimè, non è bastato Paolo VI che togliesse le scomuniche... ancora non siamo una cosa sola... ahimè...

- Sono commosso, ancora una volta, dalla straordinarietà del luogo... così sperduto... quale “assurdità” da secoli continua a portare degli uomini a chiudersi in mezzo al nulla, a costruire qualcosa di bello e accogliente in mezzo al nulla? Sopra al monastero la “grotta di Elia”, in una rientranza. Mentre indugiamo sotto l’arco all’ingresso, il monaco che ci ha accolto mostra ancora il suo entusiasmo per la mia “conoscenza” del greco. Si assenta e torna con un libriccino di preghiere in greco, che mi dona. Ringrazio. Ce ne andiamo. Il paesaggio sempre più maestoso, i colori si fanno più tenui con l’ombra che avanza. Bandiera greca e del monastero che sventolano. Saluto di lontano uno dei monaci, affacciato, ma non risponde, o non vede. Nel libriccino vi sono le preghiere principali... che bello, sono in greco antico! E c’è anche il salmo 142, il mio preferito! Che bel dono!

- Tornando, visita al sicomoro di Zaccheo (!) In albergo grande ospitalità, grande fierezza dei palestinesi. Poi consueta riunione serale. Ahimè, domani è meglio non attraversare il Deserto di Giuda a piedi. Sobhy lo sconsiglia. Le notizie della guerra a Gaza non sono affatto buone. C’è il rischio dell’apertura di un fronte nord. Meglio tenersi il pullman vicino. Domani, quindi, Mar Morto, Qumran e Masada. Poi ingresso in Gerusalemme per la strada attraverso il Monte degli Ulivi!

E anche oggi... in qualche modo Egli si è fatto vedere.... nei salmi, nel deserto, nel monaco ortodosso, in questi compagni di cammino. Compieta.

DOMINE VENI
AUXILIO MIHI,
QUAESO!

Scrivo (in greco, dal libriccino del monaco) il mio salmo (142) “Rispondimi presto Signore, viene meno il mio spirito!”

Domani sera arriveremo a Gerusalemme!