Un dialogo che prende atto e rispetta le differenze
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“In continuità con l’opera intrapresa dal mio predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, auspico dunque vivamente che i rapporti ispirati a fiducia, che si sono instaurati da diversi anni fra cristiani e musulmani, non solo proseguano, ma si sviluppino in uno spirito di dialogo sincero e rispettoso, un dialogo fondato su una conoscenza reciproca sempre più autentica che, con gioia, riconosce i valori religiosi comuni e, con lealtà, prende atto e rispetta le differenze” (Discorso di Sua Santità Benedetto XVI ad Ambasciatori dei paesi a maggioranza musulmana e ad alcuni esponenti delle comunità musulmane in Italia).
Com’è negativo sentire cattolici, non sufficientemente attenti e informati, ripetere giudizi che non aiutano a cogliere nella dialettica di questi giorni con l’Islam, avvenimenti di grazia, occasioni di luce per crescere in una conoscenza reciproca sempre più autentica. E’ diventato purtroppo comune ripetere: “Dispiace che il Papa a Ratisbona abbia fatto quella citazione dei “Dialoghi con un maomettano”, non condividendo del passaggio di Manuele II Paleologo, secondo il quale nel “nuovo” portato da Maometto “troverai soltanto cose cattive e disumane”, ma condividendo invece il giudizio negativo sul “come la direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede”. Questo è il “nuovo”, il negativo cioè quando la cultura islamica era da poco fuoriuscita dal suo periodo più felice, quello dell’innesto della filosofia greca sul tronco della fede coranica. Anche i cattolici nell’Anno Santo hanno chiesto perdono dei periodi, come ai tempi di Carlo Magno, Ottone I, Ottone II e altri periodi in cui hanno diffuso la fede mediante l’imposizione violenta, esaltando invece Ottone III che alla scuola di sant’Adalberto e Silvestro II, al termine del primo millennio, hanno testimoniato fino al martirio che la fede si propone e mai si impone e da lì è accaduta la civiltà dell’Europa dalle radici cristiane. Ancora di più dispiace sentire personalità del mondo ecclesiastico che ripetono “Sta imparando a fare il Papa” e “Sarebbe bene che non facesse più interventi accademici smettendo le vesti del papa”, “Non parlasse la lingua sofisticata del teologo a un uditorio di specialisti”. A Ratisbona non ha smesso le vesti del papa, pur nella modalità adatta all’uditorio che aveva dinnanzi. Con lucidità e condivisione lo ha detto il cardinale Ruini lunedì 18 settembre al direttivo dei Vescovi italiani. “Le coordinate fondamentali” del messaggio che Benedetto XVI va proponendo come Papa alla Chiesa e al mondo sono in questi tre testi: l’enciclica “Deus Caritas est”, il discorso alla curia romana del 22 settembre 2005 sull’interpretazione del Concilio Vaticano II e, ultima ma non meno importante e significativa, la “splendida” prolusione di Ratisbona che fa pensare molto chi è cattolico e crede non in un dio qualsiasi ma nel Dio umano logos-amore di Gesù Cristo come lo propone il Catechismo e fa ragionare anche chi è di altra confessione, religione o non credente che ha, però, fiducia prioritariamente nella comune forza della ragione anziché porre al primo posto le ragioni della forza, del potere, dell’utile o addirittura argomentando su una concezione volontaristica di Dio: “agire contro ragione è in contraddizione con la natura di Dio”.
Ma nel discorso di lunedì 25 settembre 2006 Benedetto XVI ha spinto per “un dialogo fondato su una conoscenza reciproca sempre più autentica che, con gioia, riconosce i valori religiosi comuni e, con lealtà, prende atto e rispetta le differenze”.
Utili appaiono anche per prendere atto con gioia di valori religiosi comuni ma soprattutto rispettando le diversità le argomentazioni di Alain Besançon sul Corriere della sera di martedì 26 settembre.
Inizia con un interrogativo molto importante: l’Islam è una religione rivelata o una religione naturale? Il Concilio Vaticano II “guardando con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini” sembra assegnare all’Islam la qualifica di religione rivelata, pur diversa la modalità nell’argomentare l’avvenimento storico e il contenuto.
Besançon afferma che storicamente il grande fenomeno religioso degli esseri umani si suddivide come segue. Alcuni fanno parte dell’Alleanza di Noè: grazie a questa alleanza tra il Creatore e l’umanità gli uomini hanno la capacità originaria di rendersi coscienti di essere creature del Creatore e quindi di conseguenza della legge di natura, formandosi però un’idea del divino, costruendosi un’immagine di chi è Dio che rientra nell’ambito del grande fenomeno storico delle religioni naturali, pagane. All’interno di questa umanità comune, Dio ha “scelto” un uomo, Abramo (“E Dio disse ad Abramo…”), con la cui “casa” ha stipulato un’alleanza, ripresa e ampliata con quella accordata a Mosè nel nome del popolo che Dio si “crea” ai piedi del monte Sinai. E dopo essere intervenuto e parlato in molti modi e in molte maniere, finalmente il Dio vivente, Padre, Figlio, Spirito Santo, si dà definitivamente nel volto umano, ragionevole, logos-amore in Gesù Cristo, venuto come “Messia” d’Israele, istituisce, presente sacramentalmente crocefisso risorto, una “Nuova Alleanza” con i suoi, Suo Corpo, la Chiesa per tutti, capace di annunciare la salvezza ad ogni uomo, di realizzarla rendendo ragione della speranza.
Anche i musulmani sono convinti di aver ricevuto una rivelazione. Per noi la Sacra Scrittura ha due soggetti. Anzitutto il soggetto divino: è Dio che parla oggi, qui e ora, come ha parlato allora. Ma Dio ha voluto e vuole coinvolgere l’uomo nella sua Parola. Mentre per i musulmani unico è il soggetto Dio, convinti che il Corano sia ispirato verbalmente da Dio, noi crediamo che per la Sacra Scrittura caratteristica è la “sinergia”, la collaborazione di Dio con l’uomo. Egli coinvolge il suo Popolo con la sua parola e così il secondo soggetto – il primo soggetto è Dio – è umano. Vi sono singoli scrittori, ma c’è la continuità di un soggetto permanente – il Popolo di Dio che cammina con la Parola di Dio ed è in colloquio con Dio. Ascoltando Dio, si impara ad ascoltare la Parola di Dio e poi anche ad interpretarla. E così la Parola di Dio diventa presente, perché le singole persone muoiono, ma il soggetto vitale non è il libro ispirato da solo ma con il Popolo di Dio, è sempre vivo, ed è identico nel corso dei millenni: è sempre lo stesso soggetto vivente, nel quale vive la Parola, mentre per i mussulmani la Parola vive solo nel Corano, nel Libro: è la religione del Libro.
“Così si spiegano – ha detto Benedetto XVI ai giovani il 6 aprile – anche molte strutture della Sacra Scrittura, soprattutto la cosiddetta “rilettura”. Un testo antico viene riletto in un altro libro, diciamo cento anni dopo, e allora viene capito in profondità quanto non era ancora percepibile in quel precedente momento, anche se era già contenuto nel testo precedente. E viene riletto ancora nuovamente tempo dopo, e di nuovo si capiscono altri aspetti, altre dimensioni della Parola, e così in questa permanente rilettura e riscrittura nel contesto di una continuità profonda, mentre si succedevano i tempi dell’attesa, è cresciuta la Sacra Scrittura”. L’idea di una rivelazione progressiva è totalmente estranea all’Islam e in tale trasmissione il profeta non svolge alcun ruolo, ma si limita a ricevere una serie di brani, ripetuti come sotto dettatura. Maometto è l’ultimo inviato ed il riformatore definitivo.
“Infine, – ancora Benedetto XVI ai giovani – con la venuta di Cristo e con l’esperienza degli apostoli la Parola si è resa definitiva, così che non vi possono più essere riscritture, ma continuano ad essere necessari nuovi approfondimenti della nostra comprensione. Il Signore ha detto: “Lo Spirito Santo vi introdurrà in una profondità che adesso non potete portare”.
Mentre per i mussulmani soggetto unico della Parola di Dio è il Corano, il Libro, per i cattolici la comunione della Chiesa è il soggetto vivente della Scrittura. Ma anche adesso il soggetto principale è lo stesso Signore, il quale continua a parlare nella Scrittura che è nelle nostre mani. E Benedetto XVI ha concluso parlando ai giovani: “Penso che dobbiamo imparare questi tre elementi: leggere in colloquio personale con il Signore; leggere accompagnati da maestri che hanno l’esperienza della fede, che sono entrati nella Sacra Scrittura; leggere nella grande compagnia della Chiesa, nella cui Liturgia questi avvenimenti diventano sempre di nuovo presenti, nella quale il Signore parla adesso con noi, così che man mano entriamo sempre più nella Sacra Scrittura, nella quale Dio parla realmente con noi, oggi”. Un musulmano è felice della sua concezione della Rivelazione, noi cattolici siamo felici della nostra, rilevando pure con gioia elementi comuni e pur nella diversità siamo spinti a promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia, i valori morali, la pace.