Non religione e violenza, ma religione e ragione vanno insieme
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Ma altro era il tema della conferenza di Benedetto XVI, (che rispondeva alla richiesta sulla missione dell'Università oggi), e cioè la relazione tra fede e ragione. Nel suo intervento il Papa invita al dialogo della fede cristiana col mondo moderno ed al dialogo di tutte le culture, sottolineando nell'omelia di Monaco, quanto sia importante rispettare ciò che per gli altri è sacro. Occorre spingere e incoraggiare a un dialogo positivo, anche autocritico, sia tra le religioni, sia tra la ragione moderna e la fede dei cristiani.
Ma gran parte della prolusione ha sviluppato questo tema: "La convinzione che agire contro la ragione sia contraddizione con la natura di Dio, è soltanto un pensiero greco o vale sempre e per se stesso? Io penso che in questo punto si manifesti la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia…Partendo veramente dall'intima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire " con il logos" è contrario alla natura di Dio".
Il Papa, per onestà, ha annotato che, nel tardo Medioevo, si sono sviluppate nella teologia tendenze che rompono questa sintesi tra spirito greco e spirito cristiano. In contrasto con il cosiddetto intellettualismo agostiniano e tomista, Duns Scoto accentua talmente la trascendenza e la diversità di Dio per cui anche la ragione, il nostro senso del vero e del bene non sono più uno specchio di Dio. Ma per l'intelligenza della fede la Chiesa si è sempre tenuta alla convinzione che tra Dio e noi, tra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata esiste una vera analogia. "Dio non diventa più divino per il fatto che lo spingiamo lontano da noi in un volontarismo puro e impenetrabile, ma il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore". Il vicendevole avvicinamento interiore, che si è avuto tra la fede biblica e l'interrogarsi sul piano filosofico del pensiero greco è un dato di importanza decisiva non solo dal punto di vista della storia delle religioni, ma anche da quello della storia universale. Questo incontro, al quale si aggiunge successivamente ancora il patrimonio di Roma, ha creato l'Europa e rimane il fondamento di ciò che, con ragione, si può chiamare Europa.
Il Papa poi richiama tre ondate di de-ellenizzazione del cristianesimo: una richiesta che dall'inizio dell'età moderna domina in modo crescente la ricerca teologica e oggi anche gran parte della catechesi non conforme al Catechismo della Chiesa cattolica e al suo Compendio.
La prima ondata emerge in connessione con i postulati della Riforma del XVI secolo di fronte ad una sistematizzazione della fede condizionata totalmente dalla filosofia. Con il sola Scriptura si punta a cercare la pura forma primordiale della fede, come essa è presente originariamente nella Parola biblica. Con l'accantonare il pensare per far spazio alla fede, Kant ha agito in base a questo programma con una radicalità imprevedibile agli stessi riformatori. Con ciò egli ha ancorato la fede esclusivamente alla ragione pratica, negandole l'accesso al tutto della realtà.
La seconda ondata avviene con Adolf von Harnack, divenendo pienamente operante anche nella teologia cattolica con la distinzione di Pascal, continuamente richiamata anche oggi, tra il Dio dei filosofi e il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Nel sottofondo cresce sempre più l'autolimitazione moderna della ragione, lo spazio dell'esegesi storico-critica, una concezione razionalista della fede e della rivelazione, un umanesimo immanentista applicato a Gesù Cristo, una interpretazione sociologica della Chiesa, un soggettivismo -relativismo secolarizzato nella morale cattolica. Così si dissolve il riconoscimento dell'essenza specificamente cristiana, cioè il valore definitivo e universale di Cristo nella sua rivelazione, nella sua condizione di Figlio del Dio vivente, nella sua presenza reale, crocefisso e risorto, nella Chiesa e nella sua vita offerta e trasmessa come paradigma della condotta morale.
Più preoccupante ancora è la terza ondata di de-ellenizzazione che si diffonde attualmente. "In considerazione dell'incontro con la molteplicità delle culture si ama dire oggi che la sintesi con l'ellenismo, compiutasi nella Chiesa antica, sarebbe stata una prima inculturazione, che non dovrebbe vincolare le altre culture. Queste dovrebbero avere il diritto di tornare indietro fino al punto che precedeva quella inculturazione per scoprire il semplice messaggio del Nuovo testamento ed inculturarlo poi di nuovo nei loro rispettivi ambienti", relativizzando - esemplifico io - anche l'intelligenza dogmatica della fede, la continuità dinamica o tradizione, l'uso del Catechismo della Chiesa cattolica e del Suo compendio. "Questa tesi - secondo Benedetto XVI - non è semplicemente sbagliata; è tuttavia grossolana ed imprecisa. Il Nuovo Testamento, infatti, è stato scritto in lingua greca e porta in se stesso il contatto con lo spirito greco - un contatto che era maturato nello sviluppo precedente dell'Antico Testamento. Certamente ci sono elementi nel processo formativo della Chiesa antica che non devono essere integrati in tutte le culture. Ma le decisioni di fondo che, appunto, riguardano il rapporto della fede con la ricerca della ragione umana, queste decisioni di fondo fanno parte della fede stessa e ne sono gli sviluppi, conformi alla sua natura".
Per Benedetto XVI questo tentativo di critica non significa rigettare le convinzioni dell'età moderna, quello sviluppo moderno dello spirito con le grandiose possibilità che esso ha aperto all'uomo con i progressi che ci sono stati donati. Si tratta di allargare il concetto di ragione e l'uso di essa. Nel mondo occidentale domina largamente l'opinione che soltanto la ragione positivista e le forme di filosofia da essa derivanti siano universali. Ma le culture profondamente religiose del mondo vedono proprio in questa esclusione del divino dall'universalità della ragione aperta a tutti i settori un attacco alle loro convinzioni più intime. Una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell'ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture. Altro elemento di dialogo con il mondo moderno è la distinzione fra soggettività e soggettivismo. Significativo a questo riguardo il tratto dell'Enciclica Deus caritas est al numero 1: "All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva". Non c'è nulla qui di quel soggettivismo individualista in cui male e bene, vero e falso si confondono e si equivalgono, ma quell'avvenimento di grazia soprannaturale, quel principio di libertà di coscienza consapevole della responsabilità di ogni persona umana orientata già originariamente per una destinazione che la trascende, verso l'appartenenza a quella comunità, la Chiesa, via umana alla Verità e alla Vita.
Comunque mai religione e violenza, ma sempre il connubio fra religione e ragionevolezza, che il Dio dal volto umano di Gesù richiede.