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De-ellenizzazione?

Fonte:
CulturaCattolica.it
Non agire secondo ragione, non agire con il logos, è contrario alla natura di Dio... il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore...

“In considerazione dell’incontro con la molteplicità delle culture si ama dire oggi che la sintesi con l’ellenismo, compiutasi nella Chiesa antica, sarebbe stata una prima inculturazione, che non dovrebbe vincolare le altre culture. Queste dovrebbero avere il diritto di tornare indietro fino al punto che precedeva quella inculturazione per scoprire il semplice messaggio del Nuovo Testamento ed inculturarlo poi di nuovo nei loro rispettivi ambienti. Questa tesi non è semplicemente sbagliata; è tuttavia grossolana ed imprecisa. Il Nuovo Testamento, infatti, è stato scritto in lingua greca e porta in se stesso il contatto con lo spirito greco – un contatto che era maturato nello sviluppo precedente dell’Antico Testamento. Certamente ci sono elementi nel processo formativo della Chiesa antica che non devono essere integrati in tutte le culture. Ma le decisioni di fondo che, appunto, riguardano il rapporto della fede con la ricerca della ragione umana, queste decisioni di fondo fanno parte della fede stessa e ne sono gli sviluppi, conformi alla sua natura…Non agire secondo ragione, non agire con il logos, è contrario alla natura di Dio…il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore. Certo l’amore, come dice san Paolo, “sorpassa” la conoscenza ed è per questo capace di percepire più del semplice pensiero (Ef 3,19), tuttavia esso rimane l’amore del Dio-logos,per cui il culto cristiano è, come dice ancora Paolo un culto che concorda con il Verbo eterno e con la nostra ragione (Rm 12,1)…Una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell’ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture”.

E’ importante rapportare questo intervento di Benedetto XVI all’Università di Regensburg del 12 settembre 2006 all’istruzione pastorale dei Vescovi spagnoli “Teologia e secolarizzazione in Spagna. A quarant’anni dalla chiusura del concilio Vaticano II” sull’intelligenza e il linguaggio della fede.
La rivelazione di Dio al popolo eletto, con il quale ha stabilito l’alleanza, non è riducibile all’esperienza religiosa soggettiva; in ugual modo, la rivelazione definitiva in Cristo si è realizzata “con eventi e parole tra loro intimamente connessi” (DV 2). Conseguentemente, non si può affermare che il linguaggio relativo a Dio sia puramente simbolico, strutturalmente poetico, immaginativo e figurativo, che esprimerebbe e produrrebbe una determinata esperienza di Dio solo attraverso l’illuminazione interiore prodotta dalla sola parola, senza tuttavia comunicarci chi è Dio e chi è l’uomo. Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: “In principio era il logos”. Logos significa insieme ragione e parola – una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi. In principio era il logos, e il logos è Dio, ci dice l’evangelista. L’incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La visione di san Paolo, davanti al quale si erano chiuse le vie dell’Asia e che, in sogno, vide un Macedone e sentì la supplica: “Passa in Macedonia e aiutaci!” (At 16,6-10) – questa visione può essere interpretata come una “condensazione” della necessità intrinseca di un avvicinamento tra la fede biblica e l’interrogarsi greco e così si entra nella disputa del tempo presente. Sempre la fede cattolica si è espressa, in rapporto alla vastità della ragione, mediante affermazioni che usano un linguaggio vero, non semplicemente approssimativo, benché analogico.
Nel mondo occidentale domina largamente l’opinione, che soltanto la riduzione positivista della ragione e le forme di filosofia da essa derivanti siano universali seminando dubbi in relazione alla rivelazione di chi è Dio e di chi è l’uomo cioè l’intelligenza della fede. Alcuni riconoscono certamente che Dio si è rivelato all’uomo, ma a questi si nega la capacità concreta di accogliere la rivelazione. Altri invocano la sproporzione di accogliere la rivelazione. Altri ancora affermano che, dato il carattere contingente, finito e limitato dell’essere umano, si può accogliere la parola di Dio solo in modo frammentario, parziale e riduttivo. Una rivelazione divina considerata definitiva e piena entrerebbe così in conflitto con la stessa condizione storica dell’essere umano. E quand’anche la rivelazione potesse essere accolta, si dice, non potrà tuttavia, essere espressa in enunciati concreti, come pretende il Catechismo della Chiesa cattolica, il suo Compendio, che debbano essere considerati delle verità.
Se questo fosse vero, la rivelazione cristiana dovrebbe stare alla pari delle “rivelazioni” presenti in altre religioni o anche nell’ordine stesso della creazione. Il concetto e il linguaggio umano di fronte alla realtà divina ultimamente insondabile e ineffabile è certamente limitato e parziale, però non si deve dimenticare che le parole e le opere di Gesù, seppure circoscritte in quanto realtà umane che rimandano al divino (Mistero), hanno come fonte la persona divina del Verbo incarnato, vero Dio e vero uomo, e per questo presentano un carattere definitivo e pieno. “La verità su Dio non viene abolita o ridotta perché è detta in linguaggio umano. Essa, invece, resta unica, piena e completa perché chi parla e agisce è il Figlio di Dio incarnato” (Dominus Iesus, n. 6), via umana alla Verità e alla Vita che libera dalla schiavitù dell’ignoranza sulle domande di fondo che caratterizzano il percorso di ogni esistenza umana.
La riduzione positivista della ragione accetta la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda sul perché di questo dato di fatto esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali ad altri livelli e modi di pensare – alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l’ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell’umanità, specialmente quelle della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi ad essa significherebbe una riduzione inaccettabile del nostro ascoltare e rispondere. L’occidente, da molto tempo, è minacciato da questa avversione contro gli interrogativi fondamentali della sua ragione, e così potrebbe subire solo un grande danno. Il coraggio di aprirsi all’ampiezza della ragione, non il rifiuto della sua grandezza – è questo il programma con cui una teologia impegnata nella riflessione sulla fede biblica, entra nella disputa del tempo presente.
Pastoralmente, per tutti, occorre raccogliere con urgenza l’invito fatto da Benedetto XVI ai vescovi austriaci in visita ad limina: “Utlizzate, per favore, con zelo il Compendio e il Catechismo della Chiesa Cattolica! Fate in modo che i sacerdoti e i catechisti adottino questi strumenti, che vengano spiegati nelle parrocchie, nelle riunioni e nei movimenti e che vengano utilizzati nelle famiglie come importanti letture. Nell’incertezza di questo periodo storico e di questa società, offrite agli uomini la certezza della fede completa della Chiesa! La chiarezza e la bellezza della fede cattolica sono ciò che rendono luminosa la vita dell’uomo anche oggi! Questo in particolare se viene presentata da testimoni entusiasti ed entusiasmanti”.
La cultura non può mai essere un criterio assoluto di giudizio in relazione alla rivelazione divina. E’ piuttosto la fede che giudica la cultura ed è il Vangelo che conduce le culture alla piena verità. Analogamente, non tutta la riflessione filosofica è compatibile con la rivelazione, tanto meno è valido assumere acriticamente, soprattutto nella catechesi, i principi della cultura imperante per attualizzare il sempre nuovo messaggio evangelico.

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