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Per approfondire: l'Enciclica Libertas

Autore:
Jacopo Rossi
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
Papa Pecci mise in chiaro come la vera libertà umana, del singolo cittadino ma anche dell’autorità civile, non significa fare ciò che si vuole, che è una distorsione e provoca disordine e arbitrio, ma è quella di vivere secondo le leggi umane ispirate e legittimate da Dio

L’Enciclica Libertas venne pubblicata il 20 giugno 1888 e affronta il tema della libertà declinata nei vari aspetti della natura umana come la legge, la verità e la morale.
Il documento viene considerato come uno dei testi più importanti emanati da Papa Leone XIII dal momento che con il suddetto ddocumento il Pontefice fornì al mondo cattolico una risposta ai problemi scaturiti dalle profonde e laceranti trasformazioni politiche, sociali e culturali della seconda metà del XIX secolo d.C., ponendo le basi ideologiche e concettuali per l’altra grande enciclica leonina Rerum Novarum del 1891.
Papa Pecci aprì l’Enciclica affermando che la libertà è un dono di natura riservato unicamente alle creature dotate di ragione e permette all’uomo di essere padrone delle proprie azioni. Questa libertà è così anche una responsabilità perché attraverso l’uso di essa le persone possono scegliere il bene o il male.

“La libertà, nobilissimo dono di natura, proprio unicamente di creature dotate d’intelletto e di ragione, attribuisce all’uomo la dignità di essere “in mano del proprio arbitrio” e di essere padrone delle proprie azioni. (…) Infatti è facoltà dell’uomo ubbidire alla ragione, seguire il bene morale, tendere direttamente al suo fine ultimo. Ma egli può anche deviare verso tutt’altri scopi e, perseguendo false immagini del bene, può turbare l’ordine prestabilito e precipitare in volontaria rovina.”

Gesù fu Colui che elevò la libertà umana al massimo grado perché ne fu il Liberatore, concedendo la sua Grazia e aprendo il Paradiso, mentre la Chiesa Cattolica continuò la Sua missione presso gli uomini anche se molti la osteggiano a causa di una concezione sbagliata della stessa libertà, che ne altera i contenuti e la dilata ben al di là dei suoi limiti naturali.
“Gesù Cristo, liberatore del genere umano, restaurando ed elevando la primitiva dignità di natura, giovò moltissimo alla volontà dell’uomo e la innalzò verso miglior segno, ora soccorrendola con la sua grazia, ora proponendo la sempiterna felicità nei cieli. Per tale motivo la Chiesa cattolica ha giovato e gioverà sempre a questo eccellente bene di natura, poiché è sua missione diffondere in tutto il corso dei secoli i benefici recati a noi da Gesù Cristo. Eppure sono molti coloro che considerano la Chiesa contraria alla libertà umana. La causa di tale pregiudizio proviene da un perverso e confuso concetto di libertà, che viene snaturato nella sua essenza o allargato più del giusto, in modo da coinvolgere situazioni nelle quali l’uomo non può essere libero, se si vuol giudicare rettamente.”

Papa Leone XIII già nei suoi precedenti lavori, come l’Enciclica Immortale Dei, si era soffermato sulle libertà concepite dalla Modernità distinguendo gli elementi buoni e onesti dalle derive dottrinali e morali negative causate da periodi di instabilità e turbolenze, ma poiché molte persone continuavano a non ammettere gli errori pensandoli, al contrario, come una conquista del progresso e considerandoli come fondamentali per lo Stato moderno, si rese necessario un approfondimento magisteriale in favore del bene comune.

Il primo punto su cui si concentrò Leone XIII fu il concetto di libertà naturale, che il Papa descrisse come la fonte da cui scaturiscono tutte le altre libertà. La libertà naturale, infatti, è all’origine della libertà morale e distingue l’essere umano dagli animali perché, a differenza di questi ultimi che sono guidati dall’istinto della materia, possedendo un’anima spirituale può agire secondo la ragione e avere la facoltà di scegliere, dal momento che l’anima viene da Dio, non dipende dalla materia e conosce sia il bene sia il vero oggettivo.
La libertà naturale dell’uomo è dunque fondata sulla sua essenza razionale e spirituale.
“Prima però è opportuno trattare brevemente della libertà naturale poiché, sebbene si distingua affatto da quella morale, tuttavia costituisce la fonte e il principio donde scaturisce spontaneamente ogni forma di libertà. La ragione e il generale senso comune, autentica voce di natura, riconoscono la libertà soltanto in quegli esseri che sono dotati d’intelligenza o di razionalità, e in ciò sta il motivo per cui l’uomo è considerato giustamente responsabile delle sue azioni. Infatti, mentre gli altri animali sono guidati soltanto dai sensi e per solo istinto di natura cercano ciò che loro giova, e fuggono da quanto loro nuoce, l’uomo invece ha come guida la ragione nelle singole vicende della vita. La ragione giudica se tutti e i singoli beni che esistono sulla terra hanno o non hanno carattere di necessità e perciò, constatando che nessuno di essi è da considerare necessario, concede alla volontà il potere di scegliere ciò che preferisce.
Ma l’uomo può giudicare il carattere contingente (come suol dirsi) dei beni sopraddetti per il motivo che ha un’anima semplice per natura, spirituale, dotata di pensiero; e proprio perché siffatta, non trae origine dalla materia né dipende da essa per sussistere, ma creata direttamente da Dio e trascendendo di gran lunga la comune condizione dei corpi, ha un suo proprio genere di vita e di azione; ne deriva che, conosciute le immutabili e necessarie ragioni del vero e del bene, si rende conto che quei beni particolari non sono necessari. Pertanto, quando si stabilisce che l’anima umana è separata da ogni concrezione mortale e ha facoltà di pensare, nello stesso tempo si colloca la naturale libertà sul suo più saldo fondamento.”

La Chiesa Cattolica, seguendo Cristo, ha nel corso dei secoli sempre difeso e annunciato la dignità spirituale dell’uomo nonché la sua libertà, contrastando a livello dottrinale e filosofico tutte quelle eresie e tutte quelle speculazioni che al contrario negano agli esseri umani di poter scegliere il loro destino mediante le proprie decisioni, come affermavano i Manichei o i Giansenisti.

A differenza di queste teorie antagoniste, che portano avanti un fatalismo in base al quale il mondo è retto da una necessità esterna ad ogni volontà e impegno umano, la volontà razionale sceglie ciò che è bene facendo comunque attenzione al fatto che la stessa ragione possa anche proporre altre priorità apparenti: gli uomini e le donne possono infatti usare male o in modo erroneo la loro libertà e prendere cattive decisioni. Secondo San Tommaso d’Aquino, del resto, il peccare ossia il compiere un’azione contraria alla natura spirituale umana e alla sua parte razionale non è altro una forma di schiavitù verso un falso bene oppure verso un bene sbagliato.
La Santissima Trinità, gli Angeli e i Santi sono esempi di libertà perfetta in quanto sono pienamente liberi, non vogliono il male e agiscono sempre seconda la ragione e il bene.
“Pertanto la libertà, come abbiamo detto, appartiene a coloro che sono dotati di ragione o d’intelligenza; se si considera la sua natura, essa non è altro che la facoltà di scegliere i mezzi idonei allo scopo che ci si è proposti, in quanto chi ha la facoltà di scegliere una cosa tra molte, è padrone dei propri atti. Invero, poiché ogni cosa che sia assunta come causa di desiderio, ha carattere di bene che prende il nome di utile, il bene è tale per natura in quanto sollecita un desiderio e perciò il libero arbitrio appartiene alla volontà, o piuttosto è la volontà stessa, in quanto nell’agire ha facoltà di scelta. (…) Tanto più che in tutti gli atti volontari, la scelta è sempre preceduta dal giudizio sulla verità dei beni e sul bene da anteporre agli altri. (…) Dunque, se la libertà è tutt’uno con la volontà che per sua natura è desiderio sottomesso alla ragione, ne consegue che anch’essa, come la volontà, inclini al bene conforme a ragione.
Sennonché, poiché entrambe le facoltà sono lontane dalla perfezione, può accadere, e spesso accade, che la mente proponga alla volontà ciò che in realtà non è affatto un bene, ma ha solo un’apparenza di bene e che ad esso la volontà si adegui. Ma come la possibilità di errare, e l’errare di fatto, è un vizio che denuncia l’imperfezione della mente, similmente l’appigliarsi a beni fallaci e apparenti è una prova di libero arbitrio, come la malattia è prova di vita, e tuttavia denota un vizio di libertà. Così la volontà, in quanto dipende dalla ragione, quando desidera alcunché di difforme dalla retta ragione, inquina profondamente la libertà e fa un uso perverso di essa. Per questo motivo Dio infinitamente perfetto, essendo sommamente intelligente e solo bontà, è anche sommamente libero e perciò in nessun modo può volere il male della colpa; né lo possono i beati celesti in quanto contemplano il bene supremo. Saggiamente Agostino ed altri, contro i Pelagiani, avvertivano che se il sottrarsi al bene era conforme alla natura e alla perfezione della libertà, allora Dio, Gesù Cristo, gli Angeli, i Beati, nei quali non sussiste quel potere, o non sarebbero liberi o certamente lo sarebbero meno perfettamente dell’uomo pellegrino e imperfetto. Su questo argomento il Dottore Angelico disserta spesso ampiamente e da lui si può evincere che la facoltà di peccare non significa libertà ma schiavitù. Acutamente egli dice, commentando le parole di Gesù Cristo “chiunque commette il peccato è schiavo del peccato” (Gv 8,34): “Ogni cosa è ciò che le conviene secondo la propria natura. Quando dunque è mossa per impulso estraneo, non agisce in modo autonomo, ma per influenza altrui, cioè servilmente. Ora, l’uomo è ragionevole per natura. Quando dunque agisce secondo ragione, agisce di propria iniziativa e secondo la propria natura: questa è libertà. Quando invece commette peccato, agisce contro ragione e allora egli è sospinto quasi da un altro e imprigionato entro limiti altrui; “perciò chiunque commette il peccato è schiavo del peccato”.”

La libertà umana deve quindi essere protetta mediante norme che possano riflettere la legge divina perché l’essere umano, a causa della sua imperfezione, ha bisogno di leggi che sappiano indirizzare la sua volontà verso il bene e allontanarlo da scelte cattive. Questa è la legge naturale che Dio ha scritto nell’anima di tutti gli uomini, la quale comanda l’azione giusta e proibisce il peccato.
L’uomo infatti non agisce per istinto come gli animali ma compie sempre un’azione che prima viene ponderata, buona o cattiva, giusta o sbagliata, e Papa Leone lo evidenziò bene nella sua Enciclica rifiutando la teoria filosofica che nello stato di natura l’essere umano fosse libero ossia privo della legge perché quest’ultimo è stato sempre dotato di intelletto e la stessa sua libertà non è priva di regole interiori. La legge naturale, scolpita in ogni cuore, guida la libertà degli uomini e delle donne.
“Poiché tale è nell’uomo la condizione della libertà, era necessario proteggerla con idonei e saldi presidi che indirizzassero al bene tutti i suoi impulsi e la ritraessero dal male; altrimenti il libero arbitrio avrebbe recato grave danno all’uomo. Dapprima fu necessaria la legge, vale a dire una norma che regolasse le azioni e le omissioni; legge che in senso proprio non può esistere tra gli animali che agiscono per necessità comunque si comportino: agiscono per impulso di natura e non possono seguire altro modo di agire. Invece, coloro che godono della libertà, hanno facoltà di agire, di non agire, di agire in un modo o altrimenti poiché scelgono ciò che vogliono, facendo precedere quel giudizio razionale a cui già accennammo. In virtù di tale giudizio non solo si stabilisce che cosa sia onesto e che cosa sia turpe, ma anche che cosa in concreto sia il bene da compiere e il male da evitare; la ragione cioè prescrive alla volontà ove dirigere il desiderio e da dove rimuoverlo, in modo che l’uomo possa raggiungere il suo fine ultimo, in vista del quale si deve agire in ogni momento. Ora, questo ordinamento della ragione si chiama legge.
(…) Nulla si potrebbe dire o pensare di più perverso e assurdo che il considerare l’uomo esente da legge in quanto libero per natura: se così fosse, ne conseguirebbe che per essere libero dovrebbe sottrarsi alla ragione; invece è assai evidente che deve sottostare alla legge proprio perché libero per natura. Dunque la legge è guida all’uomo nell’azione, e con premi e castighi lo induce al ben fare e lo allontana dal peccato. Sovrana su tutto: tale è la legge naturale, scritta e scolpita nell’anima di ogni uomo, poiché essa non è altro che l’umana ragione che ci ordina di agire rettamente e ci vieta di peccare.”

Questa legge naturale che è insita nell’essere umano non può che provenire dalla legge eterna di Dio, che è il Sovrano dell’Universo e Creatore di tutte le cose. Essa non è, evidentemente, una creazione umana.
“Invero questa norma della ragione umana non può avere forza di legge se non perché è voce ed interprete di una ragione più alta, a cui devono essere soggette la nostra mente e la nostra libertà. La forza della legge infatti consiste nell’imporre doveri e nel sancire diritti; perciò si fonda tutta sull’autorità, ossia sul potere di stabilire i doveri e di fissare i diritti, nonché di sanzionare tali disposizioni con premi e castighi; è chiaro che tutto ciò non potrebbe esistere nell’uomo, se, legislatore sommo di se stesso, prescrivesse a sé la norma delle proprie azioni. Dunque ne consegue che la legge di natura sia la stessa legge eterna, insita in coloro che hanno uso di ragione, e che per essa inclinano all’azione e al fine dovuto: essa è la medesima eterna ragione di Dio creatore e reggitore dell’intero universo.”

Oltre alla legge naturale, Dio concede anche la grazia al fine di rafforzare la volontà umana nel perseguire il bene e facilitare il retto uso della libertà.
“A questa regola nell’agire e alle remore nel peccare sono stati aggiunti, per grazia di Dio, altri speciali soccorsi, adattissimi a rafforzare e a regolare la volontà umana. Sovrasta tra essi ed eccelle la virtù della divina grazia; essa illumina la mente; sospinge sempre la volontà, rinvigorita da salutare costanza, verso il bene morale; rende più facile e insieme più sicuro l’uso della libertà naturale. È ben lontano dalla verità il supporre che l’intervento di Dio renda meno liberi gl’impulsi volontari: infatti è intima nell’uomo e conforme alle sue naturali inclinazioni la forza della divina grazia, poiché deriva dallo stesso Autore dell’anima e della volontà nostra; da Lui ogni cosa è mossa in conformità della propria natura. Anzi, la grazia divina, come afferma il Dottore Angelico, per il motivo che deriva dal Creatore della natura, è mirabilmente concepita ed idonea a tutelare ogni creatura, a conservare i costumi, la forza, l’efficienza degl’individui.”

Leone XIII affermò, poi, che le considerazioni precedentemente esposte sulla libertà dei singoli valgono anche per la società civile poiché le leggi umane che vengono elaborate per la collettività riflettono i principi della legge naturale, a sua volta derivante dalla legge eterna.
Di conseguenza, il legislatore civile ha il compito di far rispettare queste norme, educare i cittadini alla virtù e reprimere i vizi e i cattivi costumi in modo tale da garantire in seno alla società la giustizia e la convivenza armoniosa e pacifica delle persone.
“Quanto si è detto circa la libertà dei singoli uomini può essere facilmente riferito agli uomini tra loro uniti in civile consorzio. Infatti, ciò che la ragione e la legge naturale operano nei singoli uomini, del pari agisce nella società la legge umana promulgata per il bene comune dei cittadini. Tra le leggi degli uomini alcune riguardano ciò che per natura è bene o male; esse, corredate dalla debita sanzione, insegnano a seguire l’uno e a fuggire l’altro. Ma siffatte disposizioni non traggono origine dalla società umana, poiché come la stessa società non ha generato la natura umana, così del pari non crea il bene che conviene alla natura, né il male che ripugna alla natura; piuttosto precorrono la stessa società civile e sono assolutamente da ricondurre alla legge naturale e perciò alla legge eterna. Dunque i precetti di diritto naturale contenuti nelle leggi umane, non hanno solo la forza di legge umana ma soprattutto comprendono quell’autorità molto più alta e molto più augusta che proviene dalla stessa legge di natura e dalla legge eterna. In questo genere di leggi, il dovere del legislatore civile è comunemente quello di condurre all’obbedienza i cittadini, dopo aver adottato una comune disciplina, reprimendo i malvagi inclini ai vizi, affinché, distolti dal male, perseguano la rettitudine o almeno non siano d’impedimento e danno alla società.”

Alcune leggi umane, tuttavia, non necessariamente possono derivare direttamente dal diritto naturale ma possono essere frutto della ragione umana, come ad esempio lo stabilire in che modo i cittadini devono contribuire al bene comune. Il legislatore deve comunque assicurarsi che tali prescrizioni siano sempre coerenti con la legge divina.
“Invero, altre ordinanze del potere civile non derivano subito e direttamente dal diritto naturale, ma da più lontano e in modo obliquo, e definiscono varie questioni che la natura non ha definito se non in generale e in modo indeterminato. Così la natura comanda che i cittadini contribuiscano alla tranquillità e alla prosperità pubblica: ma quanto, come, in quali occasioni non è stabilito da natura, bensì dalla saggezza degli uomini. Ora, in queste particolari regole di vita suggerite dalla prudenza della ragione e introdotte dal legittimo potere, consiste la legge umana propriamente detta. Questa legge impone a tutti i cittadini di concorrere al fine indicato dalla società e vieta di abbandonarlo; la stessa legge, finché segue dolcemente e consenziente i dettami di natura, conduce alla rettitudine e distoglie dal male. Da quanto detto si comprende che sono tutte riposte nella eterna legge di Dio la norma e la regola della libertà dei singoli individui, non solo, ma anche della comunità e delle relazioni umane.”

Continuando ad approfondire il concetto di libertà, Papa Pecci mise in chiaro come la vera libertà umana, del singolo cittadino ma anche dell’autorità civile, non significa fare ciò che si vuole, che è una distorsione e provoca disordine e arbitrio, ma è quella di vivere secondo le leggi umane ispirate e legittimate da Dio. Una norma civile che non segue questa concatenazione legittimante non può che essere ingiusta e non avere alcun valore in sé.
Dunque nella società umana la libertà nel vero senso della parola, non è riposta nel fare ciò che piace, nel qual caso subentrerebbe il maggior disordine che si risolverebbe nella oppressione della cittadinanza, ma consiste nel vivere agevolmente in virtù di leggi civili ispirate ai dettami della legge eterna. D’altra parte la libertà di coloro che governano non risiede nel poter comandare in modo sconsiderato e capriccioso, il che sarebbe parimenti dannoso e deleterio per lo Stato: per contro, la forza delle leggi umane deve derivare dalla legge eterna e non deve sancire alcuna norma che sia estranea ad essa, fonte del diritto universale. (…) Se dunque un qualunque potentato sancisce una norma che sia in contrasto con i principi della retta ragione e sia funesto per lo Stato, essa non ha nessuna forza di legge, poiché non è regola di giustizia e allontana gli uomini dal bene, per il quale la società è nata.”

La vera natura della libertà umana è dunque quella di seguire la ragione e conseguire il vero scopo di ogni creatura che è quello di volgersi verso la Santissima Trinità.
“Pertanto la natura della libertà umana, comunque la si consideri, tanto nelle persone singole quanto consociate, e non meno in coloro che comandano come in coloro che ubbidiscono, presuppone la necessità di ottemperare alla suprema ed eterna ragione, che altro non è se non l’autorità di Dio che comanda e vieta. Questa sacrosanta sovranità di Dio sugli uomini è ben lontana dal sopprimere la libertà o dal limitarla in alcun modo, tanto che, se mai, la protegge e la perfeziona. Infatti la vera perfezione di tutte le creature consiste nel perseguire e conseguire il proprio fine; il fine supremo a cui deve tendere la libertà umana, è Dio.”

Proseguendo nella stesura dell’Enciclica Libertas, il Romano Pontefice ritornò sul ruolo della Chiesa che fu essenziale per diffondere e difendere le leggi evangeliche nel mondo, le quali superano la sapienza pagana ed elevano l’essere umano verso la santità e un senso di libertà più alto.
In questo senso la Chiesa ha sempre favorito la libertà civile e politica, promuovendo l’uguaglianza e la fratellanza di tutti gli uomini e le donne, difendendo i deboli, opponendosi agli abusi dei potenti e incentivando la formazione di ordinamenti giusti e condivisi dai popoli.
Un esempio in questo senso fu la lotta per l’abolizione della schiavitù, che Leone XIII indicò come un vergognoso retaggio delle genti pagane.
“La Chiesa, ammaestrata dagli esempi e dalla sapienza del divino Fondatore, ovunque diffuse e affermò questi precetti di una veritiera e sublime dottrina, da noi conosciuta soltanto alla luce della ragione; né mai desistette dal prenderli a norma della propria missione e di inculcarli nei popoli cristiani. Per quanto riguarda i costumi, le leggi evangeliche non solo sovrastano di gran lunga tutta la sapienza pagana, ma apertamente chiamano ed educano l’uomo a una santità ignota agli antichi, e nell’avvicinarlo a Dio lo rendono capace di più perfetta libertà. Pertanto apparve sempre grandissima l’influenza della Chiesa nel custodire e proteggere la libertà civile e politica dei popoli. (…) Basti ricordare l’abolizione della schiavitù, antica vergogna delle genti pagane, soprattutto per opera ed interessamento della Chiesa. (…) Parimenti la Chiesa non desistette mai dal recare grandi benefici ai popoli ingentiliti dalla civiltà, o resistendo all’arbitrio dei prepotenti o allontanando le offese dal capo degli innocenti e dei più deboli, o infine facendo in modo che prevalesse l’ordinamento statale preferito dai cittadini per la sua equità, e temuto dagli stranieri per la sua potenza.”

La libertà di seguire Dio e la sua Legge, divina e naturale, si connota anche nel dovere, nobile e alto, di obbedienza verso la legittima autorità e verso le leggi giuste.
Questa legittimità proviene da Dio stesso e se colui che detiene il potere devia da questo legame andando contro la ragione, la legge eterna o la volontà divina, commettendo così ingiustizia, allora diviene ammissibile la disubbidienza. In questo modo viene sconfessata la tirannia e si tutelano i cittadini nei loro diritti individuali, familiari e sociali.
“Inoltre, uno dei doveri più ragionevoli sta nel rispettare l’autorità e nell’obbedire alle leggi giuste: ne deriva che i cittadini sono tutelati contro la violenza dei malvagi, dall’equità e dalla vigilanza delle leggi. Il potere legittimo deriva da Dio e chi resiste al potere, resiste all’ordine di Dio; in tal modo l’obbedienza acquista molto in nobiltà, divenendo ossequio verso un’autorità giustissima ed elevata in sommo grado. Invero, dove il diritto di comandare è assente o dove si prescrive alcunché di contrario alla ragione, alla legge eterna, alla sovranità di Dio, è giusto non obbedire agli uomini per obbedire a Dio. Precluso in tal modo l’adito alla tirannide, lo Stato non dovrà avocare tutto a sé: sono salvi i diritti dei singoli cittadini, della famiglia, di tutti i componenti la società, concedendo ampiamente a tutti la vera libertà che consiste, come dimostrammo, nel poter vivere ciascuno secondo le leggi e la retta ragione.”

Leone XIII passò poi a denunciare la falsa concezione di libertà, che non segue la legge divina e la ragione perpetuando una licenza morale considerata dal Pontefice come “assurda”. Coloro i quali seguono una tale concezione di libertà altro non fanno che seguire l’esempio di Lucifero, che lanciò il suo empio grido “non servirò!”, accusando la Chiesa di essere nemica della libertà dei singoli e degli Stati.
In particolare, tra questi contestatori, Papa Pecci indicò i Liberali che, portando avanti la stessa ideologia del Razionalismo e del Naturalismo, elevano la ragione umana al di sopra anche della legge divina spezzando ogni legame di autorità con Dio e lasciando così agli uomini l’illusoria possibilità di porre le leggi e la pubblica autorità da sé stessi, sulla base della sola volontà popolare.
Questo modo di pensare e concepire la realtà si riverbera inoltre sul piano morale, in cui questa deviante libertà appare senza alcun limite o freno facendo perdere il contatto tra creatura e Creatore, la distinzione tra bene e male e causando la corruzione della società, che si manifesta nell’eversione, nell’abuso della forza, nella fine del culto pubblico e nei disordini sociali.
A rafforzare questa tesi, Papa Leone XIII portò l’esempio dei tumulti causati dai Socialisti, particolarmente attivi nella seconda metà del XIX secolo d.C. in vari Stati d’Europa.
“Ovviamente, là dove mirano in filosofia i Naturalisti o i Razionalisti, ivi mirano, in tema di morale e di politica, i fautori del Liberalismo i quali applicano nei costumi e nella condotta di vita i principi affermati dai Naturalisti. Ora, il primato della ragione umana è il caposaldo di tutto il Razionalismo, il quale rifiuta l’obbedienza dovuta alla divina ed eterna ragione, si definisce artefice della propria legge, e perciò considera se stesso il sommo principio, la fonte e l’unico giudice della verità. Così i seguaci del Liberalismo, di cui si è detto, nella vita pratica pretendono che non vi sia alcun divino potere a cui si debba obbedienza e che ognuno debba essere legge per se stesso; perciò nasce quella filosofia morale che chiamano indipendente e che, dietro l’apparenza di libertà, tende a rimuovere la volontà dalla osservanza dei divini precetti e quindi suole concedere all’uomo infinita licenza. (…) Infatti, accettato e stabilito il principio per cui nessuno è al di sopra dell’uomo, ne consegue che la causa che determina la concordia e la società civile è da ricercare non già in un principio esterno o superiore all’uomo ma nella libera volontà dei singoli; che il potere pubblico emana, come da fonte primaria, dal popolo. Inoltre, come la ragione di ciascuno è la sola guida e norma della condotta privata, così la ragione di tutti deve essere guida per tutti nella vita pubblica. Perciò la maggioranza ha poteri maggiori; la maggior parte del popolo è sorgente dei diritti e dei doveri universali.
Ma è evidente, da quanto si è detto, che queste affermazioni contrastano con la ragione. Non volere che tra l’uomo e la società civile interceda alcun vincolo con Dio creatore e supremo legislatore, ripugna assolutamente alla natura, e non solo alla natura dell’uomo ma di tutte le creature; poiché è necessario che tutti gli effetti abbiano qualche attinenza con la causa da cui sono scaturiti, riguarda tutte le creature; attiene alla perfezione di ciascuna rimanere nel posto e nel grado che l’ordine naturale ha stabilito, in modo che il mondo inferiore sia sottoposto e obbedisca a quello che lo sovrasta. Per di più, siffatta dottrina è gravemente perniciosa sia per i singoli che per la società. Una volta confinato nella sola e unica ragione umana il criterio del vero e del bene, la corretta distinzione tra il bene e il male sparisce; le infamie non differiscono dalla rettitudine in modo oggettivo ma secondo l’opinione e il giudizio dei singoli; il libito diventa lecito; stabilita una regola morale che non ha praticamente il potere d’infrenare e di placare le torbide passioni dell’animo, si spalancherà spontaneamente la porta ad ogni corruttela.
Nell’ordine pubblico, poi, il potere di comandare viene separato dal giusto e naturale principio da cui esso attinge ogni virtù generatrice del bene comune; la legge, nello stabilire i limiti del lecito e dell’illecito, è lasciata all’arbitrio della maggioranza, che è la via inclinata verso il regime tirannico. Ripudiato il dominio di Dio sull’uomo e sul consorzio civile, ne consegue l’abolizione di ogni culto pubblico e la massima incuria per tutto ciò che ha attinenza con la religione. Del pari, la moltitudine, armata della convinzione di essere sovrana, degenera in sedizioni e tumulti e, tolti i freni del dovere e della coscienza, non resta altro che la forza, la quale, tuttavia, non è così grande da potere da sola contenere la passioni popolari. Lo dimostra la lotta pressoché quotidiana contro i socialisti ed altre schiere di sediziosi che da tempo tentano di sovvertire radicalmente la società civile. Chi è in grado di giudicare rettamente, valuti dunque e stabilisca se tali dottrine giovino a una vera libertà degna dell’uomo, o piuttosto la pervertano e la corrompano del tutto.”

L’Enciclica Libertas evidenziò in senso negativo anche la posizione più moderata di chi afferma che le leggi divine debbano applicarsi solo alla sfera privata dei cittadini e non alla sfera pubblica: anche lo Stato e i governanti devono obbedire all’Autorità di Dio che è la vera e unica fonte di giustizia e rettitudine nonché del benessere materiale e spirituale dei cittadini.
Deve rimanere salda la stessa collaborazione tra Stato e Chiesa poiché queste due Istituzioni, anche se hanno finalità diverse, governano le medesime persone e devono affrontare le stesse questioni in modo armonico come l’anima fa con il corpo.
“Alquanto più moderati, ma per nulla più coerenti, sono coloro che dicono che la vita e i costumi dei privati devono essere regolati dal dettato delle leggi divine, ma non quelli dello Stato; che è lecito sottrarsi ai comandamenti di Dio nei pubblici affari e non rifarsi ad essi in alcun modo nel formulare le leggi. Ne deriva quel funesto corollario per cui è necessario dissociare la Chiesa dallo Stato. Ma non è difficile comprendere l’assurdità di queste affermazioni. Infatti la stessa natura prescrive che ai cittadini siano dati mezzi e opportunità per condurre una vita onesta, cioè conforme alla legge di Dio, poiché Dio è il principio della rettitudine e della giustizia e quindi è inconcepibile che lo Stato ignori quelle stesse leggi o che possa fondare una convivenza ad esse ostile. (…) Ma ciò che più importa e che già da Noi stessi fu più volte ricordato, è il fatto che, sebbene il governo civile miri a fini diversi rispetto al potere sacrale, e non percorra lo stesso itinerario, tuttavia nell’esercizio del potere è inevitabile che talora l’uno e l’altro s’incontrino. Infatti entrambi hanno il dominio sulle stesse persone e accade spesso che entrambi affrontino le stesse questioni sia pure con diverso criterio. (…) Una siffatta concordia fu già paragonata, non senza ragione, all’unione che esiste tra l’anima e il corpo, con vantaggio di entrambe le parti; la loro disunione è soprattutto nociva al corpo, in quanto ne spegne la vita.”

Leone XIII dedicò poi la seconda parte della sua Enciclica alla critica delle cosiddette “libertà moderne”, ossia quei diritti concepiti in Età Moderna, a partire dall’Illuminismo, che si diffusero nella Cristianità occidentale nel corso dell’Ottocento mediante guerre, rivoluzioni, propaganda ed erronei insegnamenti.
La prima libertà moderna messa sotto la lente fu libertà di culto: secondo il Papa, credere nella Santissima Trinità non è una questione di scelta ma di una necessità doverosa dal momento che la creatura deve onorare il proprio Creatore secondo i modi da Lui disposti e indicati nel corso della storia umana.
Questa libertà si fonda sul principio che è facoltà di ognuno professare la religione che gli piace, oppure di non professarne alcuna. Eppure, fra tutti i doveri umani, senza dubbio il più nobile e il più santo consiste nell’obbligo di onorare Dio con profonda devozione.
Tale obbligo deriva dal fatto che noi siamo sempre in potere di Dio, siamo governati dalla volontà e dalla provvidenza di Dio e, da Lui partiti, a Lui dobbiamo ritornare. Si aggiunga che senza religione non può esservi virtù nel vero senso della parola; infatti è virtù morale quella che ha per dovere di condurre a Dio, ultimo e sommo bene per l’uomo; perciò la religione, che determina le azioni che direttamente e immediatamente hanno il fine di onorare Dio, è sovrana e moderatrice di tutte le virtù. E a chi si chiede quale unica religione sia doveroso seguire, tra le molte esistenti e tra loro discordi, la ragione e la natura rispondono: certamente quella che Dio ha prescritto e che gli uomini possono facilmente riconoscere da certi aspetti esteriori con cui la divina provvidenza volle distinguerla, poiché in una questione di tanta importanza ogni errore produrrebbe immense rovine. Perciò, una volta concessa quella libertà di cui stiamo parlando, si attribuisce all’uomo la facoltà di pervertire o abbandonare impunemente un sacrosanto dovere, e conseguentemente di volgersi al male rinunciando a un bene immutabile; questa non è libertà, come dicemmo, ma licenza e schiavitù di un’anima avvilita nel peccato.”

Lo Stato non può dunque essere ateo o porre sullo stesso piano tutte le religioni ma è suo dovere verso i propri cittadini promuovere e difendere il Cattolicesimo.
“Infatti non si può dubitare che gli uomini siano uniti in società per volontà di Dio, sia che si consideri la società stessa nelle sue parti, sia nella forma che assume l’autorità, sia nello scopo, sia nell’abbondanza di quei cospicui vantaggi che ne provengono all’uomo. È Dio che ha creato l’uomo socievole e lo ha posto nel consorzio dei suoi simili, affinché ciò che secondo natura desiderava e non poteva conseguire da solo, divenisse un facile acquisto vivendo in società. Perciò è necessario che la società civile, proprio in quanto società, riconosca Dio come padre e creatore suo proprio, e che tema e veneri il suo potere e la sua sovranità. Pertanto, la giustizia e la ragione vietano che lo Stato sia ateo o che – cadendo di nuovo nell’ateismo – conceda la stessa desiderata cittadinanza a tutte le cosiddette religioni, e gli stessi diritti ad ognuna indistintamente.”

Per quanto riguarda, invece, la libertà di parola e di stampa, Papa Leone scrisse che questi diritti non sono illimitati ma devono servire a diffondere la verità e l’onestà e non possono essere utilizzati per propagare le menzogne e i vizi, che vanno a corrompere le mente e a recare danno alla società. In questo senso l’autorità pubblica ha un dovere di intervento per tutelare in particolar modo coloro i quali non hanno i mezzi intellettivi per difendersi dai sofismi e dagli artifici dialettici che blandendo le passioni vanno a confondere e a corrompere la moltitudine.
“È appena il caso di dire che questa libertà non può essere un diritto se non è temperata dalla moderazione ed esorbita oltre la misura. Infatti il diritto è una facoltà morale: come dicemmo e come dovremo più spesso ridire, è assurdo pensare che essa sia concessa dalla natura in modo promiscuo e accomunata alla verità e alla menzogna, alla onestà e alla turpitudine. La verità e l’onestà hanno il diritto di essere propagate nello Stato con saggezza e libertà, in modo che diventino retaggio comune; le false opinioni, di cui non esiste peggior peste per la mente, nonché i vizi che corrompono l’animo e i costumi, devono essere giustamente e severamente repressi dall’autorità pubblica, perché non si diffondano a danno della società. Gli abusi dell’ingegno sregolato, che si risolvono in oppressione delle moltitudini ignoranti, devono essere repressi dall’autorità delle leggi non meno che le offese recate con la forza ai più deboli.”

Un’altra libertà presa in considerazione nell’Enciclica Libertas è quella di insegnamento. Leone XIII scrisse che l’oggetto dell’insegnamento deve riguardare la verità e nient’altro ed è dovere degli insegnanti di divulgarla agli studenti e confutare gli errori, in forza della responsabilità che essi hanno nei confronti dei propri discepoli, i quali si fidano dei loro maestri e raramente giudicano in modo autonomo i contenuti ricevuti.
Questa verità si compone di due tipi: una naturale, che concerne i principi morali, sociali e giuridici, e una soprannaturale, che è la Verità rivelata da Dio. Lo stesso Creatore che si è rivelato agli uomini ha dato mandato alla Chiesa, che è infallibile, di insegnare tali verità facendo sì che i popoli fossero rinnovati e abbandonassero le vecchie superstizioni.
Questo stato di cose vale anche per l’epoca moderna, dove la Chiesa non si oppone ai nuovi progressi scientifici in quanto la Verità rivelata non è contrapposta a quelle naturali.
“È fuor di dubbio che solo la verità deve informare le menti, poiché in essa sono posti il bene, il fine e la perfezione degli esseri intelligenti; quindi la dottrina non deve insegnare altro che la verità, tanto a chi la ignora quanto a chi la conosce, in modo che al primo rechi la conoscenza del vero, nell’altro la conservi. Per questo motivo è stretto dovere degli insegnanti svellere l’errore dalle menti e con validi argomenti sbarrare la via alle opinioni fallaci. Pertanto appare del tutto contraria alla ragione e predisposta a pervertire totalmente le menti quella libertà, cui si riferisce il nostro discorso, in quanto essa pretende per sé il diritto d’insegnare secondo il proprio arbitrio; (…) Tanto più che l’autorità dei maestri ha molta influenza sui discepoli, e raramente l’alunno può giudicare in modo autonomo se sia vero ciò che il maestro insegna.
Perciò occorre che anche questa libertà, per essere giusta, sia circoscritta da precisi confini, affinché non accada impunemente che l’arte di insegnare si trasformi in veicolo di corruzione. Inoltre la verità, a cui deve unicamente mirare la dottrina degli insegnanti, è di due specie: naturale o soprannaturale. Le verità naturali, quali sono i principi di natura e quelli che da essi la ragione deduce, sono come il patrimonio comune del genere umano. Su di esso, come su solidissime fondamenta, poggiano la morale, la giustizia, la religione e la stessa coesione della società umana, e perciò nulla vi è di tanto empio e di tanto stolidamente inumano, quanto permettere che quel patrimonio sia violato e dilapidato impunemente. Né va conservato meno devotamente il prezioso e santissimo tesoro di quelle realtà che conosciamo per rivelazione divina. Con numerosi e limpidi argomenti che gli Apologeti usarono spesso, si possono stabilire certi punti essenziali che sono quelli divinamente rivelati da Dio: l’Unigenito Figlio di Dio si è incarnato per rendere testimonianza alla verità; da Lui è stata fondata una società perfetta, quale è la Chiesa, di cui Egli stesso è il capo e con la quale promise di rimanere fino alla consumazione dei secoli. Tutte le verità che Egli ha insegnato volle affidate a questa società perché le custodisse, le difendesse, le divulgasse con legittima autorità; ad un tempo prescrisse a tutti i popoli di ascoltare la parola della sua Chiesa come fosse la propria: chi agirà diversamente, si perderà nell’eterna dannazione. Per questo motivo risulta evidente che Dio è il migliore e più sicuro maestro per l’uomo, fonte e principio di ogni verità; che l’Unigenito, in unione col Padre, è la via, la verità, la vita, la vera luce che illumina ogni uomo; al suo insegnamento devono essere docili tutti gli uomini (…). Ma Dio stesso volle la Chiesa partecipe del divino magistero in materia di fede e di morale, rendendola infallibile per sua divina grazia; perciò la Chiesa è la più alta e sicura maestra dei mortali e in essa è presente l’inviolabile diritto alla libertà d’insegnamento. (…) In questo modo la terra, respinta la miserabile superstizione, fu rinnovata alla luce della sapienza cristiana. La stessa ragione insegna chiaramente che le verità rivelate da Dio e le verità naturali non possono ovviamente essere tra loro contrarie; per questo motivo deve essere falso tutto ciò che con esse non concorda; perciò il divino magistero della Chiesa è tanto lontano dall’ostacolare l’impegno di apprenderei progressi delle scienze o dal ritardare in alcun modo l’avanzamento di una più civile umanità, ma piuttosto è portatrice d’intensa luce e di sicura tutela.”

La Chiesa contribuisce alla perfezione della libertà umana preservando la sapienza antica, promuovendo l’avanzamento della scienza, delle arti e della cultura in quanto la conoscenza della Verità che essa difende e insegna rende liberi gli individui, come disse Gesù Cristo.
“La stessa Chiesa giova non poco alla perfezione della libertà umana, avendo presente quella sentenza di Gesù Cristo Salvatore per cui l’uomo è reso libero dalla verità: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Pertanto non vi è motivo per cui la vera libertà debba indignarsi o la scienza degna di questo nome debba dolersi delle leggi giuste e necessarie che secondo i concordi dettami della Chiesa e della ragione debbono regolare l’apprendimento umano. Anzi la Chiesa, mentre agisce soprattutto a tutela della fede cristiana, si adopera altresì per favorire e far progredire ogni forma di umano sapere, come la realtà stessa dimostra diffusamente. Infatti è onesto di per sé e lodevole e desiderabile il decoro della cultura; inoltre l’erudizione che derivi da un sano raziocinio e che corrisponda alla verità oggettiva, serve non poco ad illuminare quegli articoli di fede in cui crediamo perché dettati da Dio. Davvero sono dovuti alla Chiesa questi grandi benefici: l’aver nobilmente conservato i monumenti dell’antica sapienza; l’aver aperto ovunque istituti scientifici; l’aver sempre incoraggiato il progresso intellettuale, alimentando con grande zelo quelle stesse arti medesime per le quali soprattutto si distingue la civiltà contemporanea.”

Esistono comunque ampi spazi di libertà in cui l’iniziativa e l’intelligenza degli uomini possono esprimersi senza vincoli, come i temi che non riguardano i principi di fede e morale cristiana. In questo spazio di libertà, secondo Papa Pecci, si inseriscono tuttavia i Liberali che da un lato rivendicano una libertà eccessiva che permette anche opinioni perverse e dall’altro cercano di limitare la stessa libertà della Chiesa.
La libertà di coscienza è un altro diritto moderno che l’Enciclica cerca di ricondurre entro i giusti confini. Se la libertà di coscienza “moderna” viene declinata come la facoltà propria di ogni persona di adorare o non adorare Dio, la sua vera essenza è invece quella di poter seguire Dio e i suoi Comandamenti senza impedimenti di qualsiasi entità o autorità.
In questo senso, i Liberali hanno in mente uno Stato assoluto, fondamentalmente ateo, che nega questa libertà ai Cristiani, creando di conseguenza una tirannide verso cui è lecito non obbedire.
Inoltre si predica assiduamente quella che viene chiamata libertà di coscienza; la quale, se interpretata nel senso che a ciascuno è giustamente lecito, a piacer suo, di venerare o di non onorare Dio, trova la sua smentita negli argomenti svolti in precedenza. Ma può avere anche questo significato: all’uomo è lecito, nel civile consorzio, seguire la volontà e i comandamenti di Dio secondo coscienza e senza impedimento alcuno. (…) Ma quando si danno ordini che palesemente contrastano con la divina volontà, allora si esce da quella misura e nello stesso tempo si entra in conflitto con la divina autorità: perciò è giusto non obbedire.
Al contrario i seguaci del Liberali
smo che considerano lo Stato padrone assoluto e onnipotente, e affermano che la vita deve essere vissuta senza rispetto alcuno verso Dio, non riconoscono affatto la libertà di cui parliamo, congiunta a onestà e religione; se si fa qualcosa per conservarla, accusano di aver agito a danno dello Stato. Se dicessero il vero, esisterebbe una tirannide così crudele, alla quale non si dovrebbe né sottostare né ubbidire.”

Rispetto a questa posizione, la Chiesa desidera ardentemente che i principi cristiani siano invece accolti e praticati all’interno degli ordinamenti statali poiché essi rappresentano un rimedio efficace ai mali presenti nella società moderna, i quali derivano in buona parte da un’errata esaltazione delle libertà, che hanno prodotto effetti negativi e contrari alle attese. Solo il ritorno a dottrine vere e sane può garantire, in conclusione, la pace, l’ordine e la vera autentica libertà per tutta l’umanità.

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