Se questo è un falso. La Sindone come falso medievale

Sul reperto Sindone proseguono studi da oltre cento anni, coinvolgendo diverse discipline e scienziati di tutto il mondo, al fine di determinarne l’autenticità oppure le tecniche di falsificazione.
Non è azzardato affermare che si tratti del reperto più studiato al mondo da storici, chimici, fisici, botanici, ematologi, medici, ingegneri, ed altri studiosi a vario titolo e per il quale non c’è ancora oggi (anno 2021) una spiegazione chiara sulla sua origine, che metta d’accordo il mondo scientifico.
Autore:
Simone Scotto di Carlo
Fonte:
CulturaCattolica.it

Questo articolo prende in esame l’ipotesi di origine come “falso medievale”, sostenuta da vari studiosi a seguito della datazione al radiocarbonio del 1988 a cura di tre laboratori situati a Oxford, Tucson e Zurigo [1]
Tralasciando i recenti sviluppi sulla reale bontà del test del 1988 (analisi dei dati grezzi messi a disposizione nel 2017 e pubblicata nel 2019 sulla rivista scientifica Archaeometry [2]), andremo ad analizzare le conseguenze storiche e scientifiche che l’ipotesi del falso medievale porta in campo per saggiarne la plausibilità e l’accuratezza.



Per procedere, dobbiamo scegliere tra le diverse ipotesi, quella che è ritenuta la più avanzata e plausibile sulla tecnica di realizzazione dell’immagine sindonica: scegliamo la riproduzione del prof. Luigi Garlaschelli [3] del 2009.



Riassumendo, l’esperimento ha permesso di realizzare un’immagine simil-sindonica attraverso l’utilizzo di un acido per realizzare le “bruciature superficiali” del lino nella definizione del corpo (disidratazione e ossidazione, per essere precisi).








Come punto di partenza dell’analisi, contestualizziamo la scena in cui il falsario si trovò a lavorare:
1) siamo intorno all’anno 1300, quindi in età medievale con le tecnologie e le conoscenze dell’epoca a disposizione
2) essendo la Sindone apparsa in Europa per la prima volta intorno all’anno 1350, possiamo ritenere che il falsario abbia lavorato in un Regno Europeo dominato dal Cristianesimo
3) l’attrezzatura da lavoro era limitata a utensileria in ferro e legno ed a pitture e miscele a base vegetale o animale (nulla di sintetico, per intenderci)
In questo contesto, dato l’ampio e florido mercato delle reliquie, il nostro falsario avrà certamente avuto incarico di realizzare un’opera d’arte che rappresentasse in tutto e per tutto la passione di Gesù di Nazaret e che evidenziasse i segni della flagellazione, della crocifissione e della risurrezione.
Nel produrre quest’opera d’arte, doveva scegliere un volto da dare a Gesù e siccome l’iconografia all’epoca aveva una tendenza nota in tutto il mondo cristiano con il “Pantocrator”, scelse proprio quel volto.
Riassumendo, il falsario doveva necessariamente essere a conoscenza:
1) dei racconti evangelici canonici, con tutti i dettagli sulla flagellazione e la crocifissione (essendo presenti sul corpo sindonico tutti i segni delle torture indicate nei Vangeli canonici)



2) degli strumenti di tortura Romani utilizzati oltre 1000 anni prima, come il “flagellum” [4] utilizzato dai soldati romani e dotato di corregge terminanti con estremità contundenti, in grado di battere e lacerare le carni (essendo stato dimostrato ampiamente che i segni di flagellazione sul corpo sindonico sono stati inflitti con quel tipo di strumento); strumento non più in uso nel 1300, quindi noto ai falsari solo attraverso accurate indagini storiche di tipo moderno.











3) Dell’iconografia classica medievale, perché conosceva il “Pantocrator” come volto di Gesù




Da quanto sopra esposto, si evince che il nostro falsario doveva necessariamente avere profonde conoscenze di:
1) Latino: per leggere i racconti evangelici e riportarne minuziosamente i dettagli; all’epoca infatti non vi erano copie bibliche tradotte per il popolo incolto (esistevano in Latino, Aramaico, Copto e altre lingue antiche). Ad esempio la Bibbia del Malermi, a cura del monaco camaldolese Nicolò Malermi, fu tradotta dalla Vulgata solo nel 1471;
2) Storia antica: per i dettagli sulle pratiche di tortura romane, flagellazione e crocifissione ed anche sui dettagli funerari ebraici del primo secolo;
3) Iconografia ed arte: per individuare il volto di Gesù più dipinto e scegliere il volto più familiare alla moltitudine dei cristiani, il falsario scelse quello del Pantocrator.

E’ più probabile quindi che si sia trattato di un’equipe di falsari piuttosto che di un singolo falsario, anche in virtù del fatto che oltre alle suddette conoscenze di partenza, bisognava unire alla perfezione anche le seguenti:
1) Chimica: dopo svariati tentativi con diversi sali e acidi, il team del prof. Garlascelli ha trovato l’acido giusto per realizzare le leggerissime bruciature superficiali del lino (siamo nell’ordine del millesimo di millimetro), utilizzando dell’acido solforico all’1,2-1,3% circa di concentrazione; il prof. Garlaschelli ha usato quindi un acido minerale forte, con una concentrazione ben precisa per evitare che la soluzione bucasse il lino (soluzione acida troppo aggressiva) o che semplicemente lo intaccasse poco (soluzione troppo diluita); la stessa conoscenza doveva essere posseduta dal falsario ed è illogico pensare che sia stato in grado di trovare il giusto acido alla giusta concentrazione al primo tentativo, dato che nel 2009 il team del prof. Garlaschelli ha impiegato “svariati tentativi” (non sappiamo quanti) prima di raggiungere il risultato voluto.
2) Pittura, medicina ed anatomia: per dipingere le macchie simil-ematiche lungo le ferite in modo così magistrale da ingannare per secoli gli osservatori e per riportare le fratture e le ferite sul telo in modo tanto realistico da ingannare equipe di medici ed esperti del XXI secolo (il prof. Garlaschelli nel 2018 ha cercato di dimostrare che una parte dei rivoli presenti sulla Sindone è fatta male ed è innaturale, ma l’esperimento è stato ritenuto da più fonti troppo approssimativo)

Con queste conoscenze, il team di falsari avrebbe potuto realizzare intorno all’anno 1300, il falso sindonico come riprodotto dal prof. Garlaschelli nel 2009.

Dobbiamo ora trovare una risposta plausibile alle contestazioni che vengono mosse all’ipotesi del falso medievale, che possiamo riassumere come segue:

1) le analisi al microscopio ottico ed elettronico hanno evidenziato tracce di pollini [5] di piante presenti in Palestina e non nell’Europa centrale dove ha operato verosimilmente il team di falsari. Pertanto dobbiamo necessariamente ammettere che il team di falsari abbia avuto l’accortezza di andare ad acquistare un telo di lino dalla Palestina o dintorni. Questa ipotesi denota una volontà da parte del team di realizzare una falsa reliquia inattaccabile nei secoli a venire, partendo quindi da un tessuto proveniente dall’area geografica corretta. Il team in qualche modo ha immaginato che nel futuro si sarebbero potute svolgere analisi tali da riconoscere eventuali tracce che rivelassero la provenienza del telo (tracce anche microscopiche, anche se il termine è anacronistico per l’epoca) ed è corso ai ripari comprando un telo di lino proveniente dalla Palestina.




2) Le analisi al microscopio ottico ed elettronico hanno rivelato la presenza degli unguenti e degli olii utilizzati nei riti funerari ebraici del I secolo, (Marzia Boi https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/arcm.12269) pertanto il team di falsari doveva necessariamente avere conoscenza approfondita delle usanze ebraiche del primo secolo e doveva essere in grado di saper riprodurre tali sostanze e di utilizzarle alla perfezione; siccome questo dettaglio microscopico non è stato scoperto prima di 600 anni circa dalla produzione della copia e dato che le conoscenze tecnologiche per rilevare questi particolari non sono arrivate se non dopo almeno altri 500 anni, il team di falsari studiò anche le possibili indagini future alle quali sarebbe stato sottoposto il telo, immaginando che tracce microscopiche di olii ed unguenti si conservassero per secoli;

3) dove sono presenti le macchie di sangue, non è presente la bruciatura chimica, (disidratazione e ossidazione) pertanto significa che sono state dipinte successivamente al lavaggio del telo per eliminare i segni dell’acido; questo significa che il team doveva necessariamente essere dotato di strumenti di posa dell’acido molto precisi per evitare di spennellare l’acido laddove successivamente avrebbero dovuto dipingere le macchie di sangue. Una precisione microscopica (compare ancora questo termine anacronistico) essendo le macchie simil-ematiche perfettamente posizionate negli spazi dove non c’è la bruciatura chimica; questo tipo di strumenti di precisione, non è mai stato rinvenuto in nessun’altra opera d’arte fino ad oggi, né una tecnica simile è mai stata concepita e rinvenuta in nessun altro reperto, prima dell’esperimento del prof. Garlaschelli.

4) Le macchie di sangue: se ipotizziamo che siano di vero sangue [6], devono essere state dipinte con sangue particolare (nel sangue del telo è presente la metaemoglobina, un prodotto della degradazione dell’emoglobina fortemente ossidata e invecchiata più altri composti tipici del sangue come il siero e grandi quantità di bilirubina), quindi il team di falsari doveva avere una conoscenza della medicina troppo avanzata per l’epoca; sarebbe più plausibile pensare quindi che non sia vero sangue, ma resta il fatto che ad oggi, 2021, non abbiamo ancora capito di che tipo di vernice si tratti. E comunque, le conoscenze di medicina legale del team di falsari dovevano essere avanzatissime, perché sono riusciti a riprodurre le caratteristiche ematiche reali tali da ingannare esperti in materia durante analisi chimiche, microscopiche, biologiche effettuate 8 secoli dopo.



In questo quadro storico, dobbiamo quindi immaginare un team di falsari con un’impostazione moderna del loro laboratorio, con conoscenze vastissime ed in grado di tenere in scacco con semplici strumenti medievali, una società avanzata come quella contemporanea.
Cerchiamo ora, alla luce di quanto sopra esposto, di approfondire maggiormente il discorso sulle conoscenze e competenze del team:
1) Chimica: le conoscenze del 1300 erano solo alchemiche, quindi ipotizzare che il team di falsari abbia trovato l’acido giusto con la giusta concentrazione solo mischiando elementi a caso, è veramente molto arduo (parliamo di acido solforico 1,2%). Inoltre per maneggiare e conservare acidi senza subire ustioni, servono materiali e protezioni che all’epoca non esistevano. Il fatto che il prof. Garlaschelli sia riuscito a riprodurre un’immagine simil sindonica solo nel 2009 quini circa 800 anni dopo il lavoro del team di falsari, dopo diversi tentativi fatti da altri scienziati (quello di Vittorio Pesce Delfino nel 1982 oppure quello di Joe Nickell nel 1983), evidenzia una singolare conoscenza multidisciplinare da parte del team di falsari; la maestria con cui il team ha utilizzato la soluzione acida come individuata dal prof. Garlaschelli, ci induce a pensare che nel team di falsari ci fossero dei veri e propri geni che abbiano avuto un’intuizione scientifica tanto avanzata. Intuizione che verrà persa subito dopo la realizzazione del falso telo sindonico, non essendo mai più stata rinvenuta una tecnica simile in nessun’opera d’arte nella storia dell’umanità.

2) Storia: le conoscenze storiche sulle tecniche Romane di flagellazione e crocifissione e sulle tecniche funerarie ebraiche del primo secolo, sono così puntuali e precise che nel team di falsari dovevano esserci studiosi di storia con approcci moderni di archeologia; in un epoca totalmente dominata dal Cristianesimo e dall’oscurantismo, ottenere informazioni così precise richiedeva sforzi di indagine e ricerca veramente fuori dal comune.

3) Bibbia e Teologia: sul corpo sindonico si contano oltre 100 colpi di flagello, ovvero un numero decisamente superiore alla flagellazione ordinaria riservata come punizione dai Romani; questo significa che il team di falsari era perfettamente a conoscenza della dinamica del racconto biblico dove emerge che Pilato fece flagellare pesantemente Gesù nella speranza che quella punizione bastasse per evitargli la crocifissione.

4) Medicina ed anatomia: la frattura del setto nasale, la ferita al costato con i segni del siero, i segni delle spine sulla testa, le ferite alle ginocchia dovute alla caduta mentre Gesù portava la croce, i segni del flagello, la lussazione della spalla; tutti finemente rappresentati sul telo sindonico con conoscenze di medicina di tipo moderno; conoscenze apparse nel team di falsari e poi scomparse per secoli, fino alla ricomparsa di geni come Leonardo Da Vinci ben 150 anni dopo; ma anche Da Vinci non è mai riuscito nei suoi pur numerosi esperimenti di pittura innovativa, ad utilizzare una tecnica lontanamente simile a quella della bruciatura chimica, né ha mai dimostrato conoscenze di medicina legale così avanzate da poter dipingere macchie simil ematiche di quel tipo.

Possiamo quindi affermare con ogni probabilità, che il team di falsari medievali che ha realizzato la falsa reliquia, sia stato un team di geni assoluti per l’epoca e che prima dopo c’è stato un team in grado di riprodurre le loro tecniche.
Un team di cui si è persa ogni traccia, di cui non si sa nulla: nessun nome, nessun indizio, nessuna traccia della loro esistenza, né delle loro conoscenze.
Non è rimasto nulla delle loro conoscenze di chimica, di medicina, di anatomia, nessun discepolo che abbia potuto almeno provare a fare qualcosa di simile.
A tal proposito, è doveroso far notare che un simile team di esperti, avrebbe potuto mettere a frutto le proprie uniche e futuristiche competenze per realizzare altre reliquie e farsi pagare profumatamente; ad esempio, perché non realizzare anche un telo sindonico per gli altri episodi di resurrezione narrati nei Vangeli?
Perché non realizzare il sudario di Lazzaro, ad esempio?
Anche di Lazzaro si racconta che sia risorto dopo 3 giorni nel sepolcro e che era stato avvolto dai teli funebri.
Date le profonde conoscenze bibliche del team, perché non mettere in commercio un simile segno di uno dei principali e più famosi miracoli di Gesù di Nazareth?
Ancora, ad un simile espertissimo team, non sarà sfuggito l’episodio famosissimo della “trasfigurazione del Signore Gesù” dove le sue vesti divennero “candide come la neve” ed una luce abbagliante avvolse gli Apostoli. Avrebbero potuto realizzare una falsa reliquia della Trasfigurazione, con l’immagine di Gesù impressa dalla luce nelle sue vesti. Una reliquia unica e sicuramente vendibile sul mercato medievale per cifre astronomiche. Da quello stesso episodio avrebbero potuto realizzare altre due false reliquie, utilizzando la stessa tecnica segreta: le immagini di Mosè ed Elia.
Ancora, data la fortissima tradizione cristiana secolare sull’ascensione al cielo di Maria (culto presente sin dal V secolo), avrebbero potuto creare una falsa reliquia con l’immagine della Vergine, impressa sulle vesti o su un telo funebre come accaduto per il Figlio. Una reliquia inestimabile per l’epoca.
E’ poco logico pensare che un team di falsari di quel calibro, che dedicò chissà quanto tempo per elaborare la tecnica segreta di realizzazione dell’immagine sindonica con bruciature chimiche, non abbia provato a far fruttare le proprie conoscenze vendendo almeno un’altra falsa reliquia. Così come è illogico pensare che tanta conoscenza non sia stata tramandata ad alcuno e sia stata occultata tanto bene che nessuno abbia mai trovato una traccia che indicasse il loro lavoro o le loro tecniche.

Insomma, la speranza è che gli studiosi di storia ed archeologia trovino prima o poi le prove dell’esistenza di questo fantastico team di falsari, perché bisogna dare loro i giusti onori scientifici ed artistici per aver realizzato il capolavoro dei capolavori della storia dell’arte, oltre ad aver realizzato il miglior falso della storia dell’umanità, ancora oggi in grado di prendere in giro centinaia di studiosi ed esperti in tutto il mondo.

Nell’attesa di queste prove, ci resta solo credere nell’esistenza del team e sperare che sia esistito davvero.

Pinerolo 04/01/2021

Simone Scotto di Carlo



Nota 1:
la datazione al radiocarbonio http://www.shroud.com/nature.htm
Nota 2: l’analisi dei dati grezzi https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/arcm.12467
Nota 3:
l’esperimento Garlaschelli https://www.uaar.it/uaar/ateo/archivio/70/possibile-riprodurre-sindone/
Nota 4: il flagello romano https://www.iltimone.org/news-timone/cosera-lorribile-flagello-con-cui-furono-torturati/
Nota 5: l’analisi dei pollini http://www.sindone.info/VALENC-4.PDF
Nota 6: macchie di sangue https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2018/08/06/sulla-sindone-sangue-vero-di-una-persona-torturata_e9576f81-f155-46f8-be27-0fd64ea3bd7d.html

La Sindone come falso medievale