Giuda: il mistero insolubile del traditore

La Passione vista dai suoi protagonisti
Autore:
Roda, Anna
Fonte:
CulturaCattolica.it ©



Come abbiamo potuto considerare anche in alcune delle opere precedenti, la figura di Giuda è una delle più osservate, forse perché la più complessa, la meno solare, la più enigmatica dei Vangeli e, poiché la Scrittura è essenziale, quasi lapidaria nei suoi confronti, lascia quindi un ampio margine alle “fantasie” degli scrittori.
Vogliamo proporre due romanzi centrati sul personaggio-Giuda: il famoso romanzo di Lanza del Vasto ed uno recentissimo dell’americano Lliteras.
Giuda fu pubblicato Lanza del Vasto (1901-1981) nel 1938 [1] e si presenta, a nostro avviso, come il racconto più completo e più suggestivo scritto sul traditore. Il motivo di tale risultato è suggerito dall’autore medesimo nella presentazione all’edizione che abbiamo tra mano: “Perché Giuda era ed è uno di noi… dove è la colpa, dove il merito, dove la Giustizia di Dio, dove la libertà dell’uomo?... dunque Giuda, Giuda, Giuda son io! E, d’orrore, mi son convertito! Il motore in partenza coprì la voce. L’ignoto sparì. Uno almeno nel mondo aveva capito di che si tratta, di che si tratta! Mi consolò il sentirmelo dire.”
La ricchezza della narrazione e le molteplici sfaccettature psicologiche di Giuda, cosi finemente presentate da Lanza, non ci permettono di esaurire in un riassunto la complessità del romanzo. Da subito però Giuda, già discepolo di Giovanni Battista, ci appare come un parassita, invidioso della grazia altrui, opportunista negli amori, dedito sia alla virtù, usata come strumento per farsi notare, sia a tutti i più abbietti vizi (dalla pedofilia all’idolatria). Lo scrittore interpreta il tradimento di Giuda come una “ritrovata” libertà, che gli altri discepoli, succubi del Maestro, non sanno nemmeno immaginare: “… lo irrita (ndr. È Giuda che dice di Gesù) che io abbia saputo liberarmi dal suo giogo. È geloso pure perché posso frequentare persone altolocate le quali apprezzano in me le virtù che egli ha sempre finto di ignorare per invidia…”
Per una curiosa sovrapposizione di ruoli, nell’orto degli ulivi Giuda, che sta accompagnando coloro che arresteranno il Cristo, vive su di sé i medesimi fenomeni che proverà Gesù: gronda sangue e sudore, cade per tre volte, si sente pecora condotta al macello.
Ma la tragedia di Giuda arriva al compimento proprio nell’istante in cui Pilato presenta Cristo alla folla dopo la flagellazione: “L’avevano travestito da re, con corona di spine in testa e scettro di canna in mano. Il sangue girava le occhiaie e colava sulle guance. La bocca s’apriva appena sull’anelito, gli occhi in tutta la folla guardavano Giuda, lui solo: lo guardavano con pietà. Una mano d’angoscia scendeva nel petto di Giuda, un sospiro gli si formò dentro:«O Maestro, o Signore, o Amico». Ma la voce non uscì. Venivano meno le gambe, ma non potette cadere. La folla mugolando e fischiando lo strinse quasi in un pugno, lo sollevò, lo sventolò come un’insegna. La pietà di Gesù non lo lasciava. Sulla guancia di Gesù, dove lo aveva baciato, colava uno sputo….Lo sguardo di Giuda è infisso alla croce. La sua disperazione si nutrisce del supplizio. «O amico un velo si è strappato e ti vedo. Vedo con orrore che ti amo»“
Giuda non può più, non vuole più tornare indietro, ormai il male è troppo per il pentimento, il dolore troppo per il pianto, l’orrore troppo per il grido, non gli resta che un’ultima, disperata soluzione: “Finire, bisogna finire. Trovò la corda che gli pendeva al collo, la legò al fico maledetto… «E se dall’altra parte, dovessi incontrare lui?» Ma si riprese, fece: no, colla testa, disse con forza: «Credo in te, solo in te, nero e tondo nulla!»
Il secondo romanzo, dello statunitense D.S. Lliteras, autore di altri romanzi a sfondo religioso, Judas (1999) [2] è molto diverso e, a nostro avviso, meno drammatico ed incisivo di quello di Lanza del Vasto.
Sicuramente è singolare la costruzione dell’intreccio: ai capitoli che seguono la vita di Giuda, dalla crocefissione di Gesù fino al suicidio, si alternano altri nei quali per bocca di personaggi diversi (donne giudee, uomini giudei, vagabondi, uomini di Dio, discepoli, scribi) si racconta di Gesù, del suo insegnamento, dello scandalo provocato dalle sue parole e dai suoi miracoli.
Fin dalle prime battute del libro Giuda appare in un’atmosfera allucinata, “la mia bocca è un’arma letale, colma di veleno e d’inganno. E ora… anche di rimorso. La mia bocca è un’arma letale…”, allucinata e serrata, dal ritmo sincopato che bene sa esprimere la confusione e l’angoscia che pervadono l’animo del traditore.
“Aveva tratti del volto decisi: soprattutto il profilo del naso, aquilino, e il taglio degli occhi, grandi, mobilissimi, che guizzavano da un angolo all’altro della taverna. La barba e i baffi erano corti, ma ben curati, come i capelli. Dall’aspetto, lo si sarebbe giudicato un uomo qualunque: né ricco né povero, né esperto nei lavori manuali né dedito allo studio delle Scritture. Era una mescolanza di contraddizioni che sconcertava chiunque avesse rapporti con lui…” e infatti Giuda, secondo l’interpretazione che ne dà Lliteras, è un gentile convertito all’ebraismo e fa parte di una banda di ribelli, che tramano contro i romani invasori; loro capo è Ganto, un uomo facile all’ira, pericoloso, con doti innate di comando che aveva ordinato a Giuda di infiltrarsi nel gruppo dei discepoli di Gesù per studiare quell’uomo e riferire delle sue azioni e del suo insegnamento. Giuda però non ha eseguito gli ordini, si è troppo coinvolto con il Maestro, tanto che “… Judas pensava che io potessi far pervenire l’argento ai membri del sinedrio, affinché non procedessero contro il Nazareno…”. Il suo comportamento viene giudicato da Ganto e dal numeroso gruppo di ribelli, per lo più poveri straccioni che sotto il potere romano hanno perso tutto, come un tradimento e viene quindi condannato a morte. Ma Giuda riesce a fuggire. Fugge, ma per darsi la morte da sé: “Incapace perfino di chiudere le palpebre, guardò con occhi sporgenti la morte muovere all’assalto finale. Il corpo continuava a lottare, deciso a non arrendersi, ma la volontà ebbe il sopravvento: Judas vinse la sua battaglia contro la vita, perdendo ciò che rimaneva della propria vita.

[1] Lanza del Vasto, Giuda, Milano, 1976
[2] D.S. Lliteras, Judas, Cinisello Balsamo (Milano), 2001