I valori irrinunciabili siano metro di giudizio
L'arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della fede, rilegge il documento del 2002 sulle responsabilità dell'impegno politico, in una intervista ad Avvenire. In allegato il discorso del Papa Benedetto XVI ai partecipanti al Convegno promosso dal Partito Popolare Europeo.- Autore:
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«Contenuti irrinunciabili»: li definiva così il cardinale Ruini aprendo lunedì 20 il Consiglio permanente della Cei.
Sono quei princìpi «fondati sul primato e sulla centralità della persona umana»: sono il magnete sul quale orientare la bussola nel momento in cui si è chiamati a fare scelte politiche ponderate e non emotive.
Non a caso Ruini richiamava la «Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica», che la Congregazione per la dottrina della fede pubblicò all'inizio del 2003, e che su quei «contenuti irrinunciabili» argomenta con chiarezza.
A firmarla fu l'allora prefetto cardinale Ratzinger.
L'attuale segretario della Congregazione, monsignor Angelo Amato, ci aiuta a rileggerla oggi.
1. La «Nota» non è stata pensata per l'Italia del 2006 ma si direbbe che le calzi a pennello. Come lo spiega?
«Quel documento non fu scritto in vista di una congiuntura politica determinata né fu condizionato da un particolare momento storico.
Lo scopo della "Nota" era di richiamare alcuni principi propri della coscienza cristiana che debbono ispirare e orientare l'impegno sociale e politico dei cattolici nelle società democratiche, tenendo nel medesimo tempo presenti certi indirizzi e posizioni ambigue e discutibili che emergono dal contesto pluralista e relativista della nostra cultura, e che si infiltrano anche nel mondo cattolico. Rivolgendosi ai cristiani, che partecipano alla vita pubblica come cittadini, la Nota ricordava, in concreto, la figura di san Tommaso Moro, proclamato patrono dei governanti e dei politici, che nella difesa della dignità inalienabile della retta coscienza cristiana affermò con la sua vita e con la sua morte che "l'uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale"».
2. Nel testo della Congregazione è ribadito a chiare lettere il diritto della Chiesa a «richiamare alcuni principi propri della coscienza cristiana». Autorità della Chiesa e libertà di coscienza del credente: in che rapporto sono?
«La domanda suppone la definizione esatta del concetto di libertà di coscienza. Una concezione della libertà che la pone come principio assoluto rispetto alla norma morale e all'ordinamento naturale voluto dal Creatore è una concezione falsa della libertà, che porta alla dissoluzione e all'autodistruzione dell'uomo stesso.
La persona, in quanto creata a immagine di Dio, deve orientarsi alla verità e deve lasciarsi formare dalla verità. La voce autorevole della Chiesa illumina la coscienza nello scoprire i princìpi e i criteri di giudizio perché la verità della persona umana e del bene comune siano riconosciuti e tutelati anche nell'àmbito politico e sociale».
3. Quanto dice la Chiesa in cosa è vincolante per i credenti al momento di decidere sul voto o quando si agisce in politica?
«La coscienza cristiana formata non permette di favorire con il proprio voto l'attuazione di un programma politico in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale cristiana siano misconosciuti, contrastati o negati (cf. Nota dottrinale, 4).
È in gioco l'essenza dell'ordine morale che riguarda il bene integrale della persona e della comunità».
4. Quali sono allora i princìpi sui quali non si può derogare e che devono valere come metro di giudizio?
«Nella Nota si elencano concretamente tali esigenze, che recentemente sono state anche richiamate dall'intervento del cardinale Ruini al Consiglio permanente della Cei: la difesa del diritto alla vita, la salvaguardia dei diritti dell'embrione umano, la protezione della famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra uomo e donna, la libertà di educazione, la tutela sociale dei minori, l'emancipazione dalle forme moderne di schiavitù (sfruttamento della prostituzione, liberalizzazione delle droghe), il diritto alla libertà religiosa, il rispetto della giustizia sociale, della sussidiarietà e della solidarietà, la difesa della pace (da non confondersi con il pacifismo
ideologico) contro ogni forma di violenza e di terrorismo».
5. La politica è l'arte della mediazione. Anche la mediazione conosce un limite?
«La mediazione come espressione della prudenza, dell'equilibrio e della saggezza non può trasformarsi in negoziazione o compromesso, quando siano in gioco le esigenze fondamentali e irrinunciabili dell'ordine morale naturale, conforme alla verità della persona umana e alla giustizia».
6. Al convegno ecclesiale di Palermo nel '95 Giovanni Paolo II disse che i cattolici devono evitare una «facile adesione a forze politiche e sociali che si oppongano o non prestino sufficiente attenzione ai principi della dottrina sociale della Chiesa». Alla luce della Nota, questo principio come si traduce?
Il "mercato" della politica offre un gran numero di formazioni che non si sa quali garanzie offrano al rispetto di quei princìpi...
«È certamente vero che non è sempre facile trovare una forza politica o un'alleanza politica in cui la dottrina morale e sociale della Chiesa sia perfettamente e pienamente tradotta e praticata in proposte programmatiche precise, anche se a me pare di poter riconoscere alcuni movimenti e partiti politici che riconoscono di ispirarsi alla dottrina morale e sociale cattolica e di orientare le loro scelte sulla base del patrimonio dei valori e dei principi morali dell'ordine naturale e cristiano. Così come a me pare altrettanto evidente che altre formazioni politiche e culturali hanno una visione dell'uomo e della società incompatibili con la visione cristiana. Sono proprio le prese di posizione circa le esigenze etiche fondamentali di cui si parlava poc'anzi a costituire un chiaro criterio e metro di giudizio al riguardo. Tutti ovviamente hanno diritto di proporre le loro opinioni in merito, ma anche la Chiesa ha diritto di esprimere il suo giudizio su ciò che è conforme o meno alla legge morale naturale e ai valori fondamentali che devono guidare una società fedele alla verità della persona umana e al bene comune».
7. È possibile operare da cattolici all'interno di una forza politica che non sempre rispetta la visione cristiana della persona, della vita e della famiglia, e a quali condizioni?
Allo stesso modo, è possibile votare per essa senza compromettere la propria coscienza? A molti sembra impossibile trovare uno schieramento che soddisfi pienamente le aspirazioni della propria coscienza per la presenza di questo o quel partito, di questo o quell'esponente...
«Direi che è importante fare una chiara e netta distinzione tra forze politiche che rispettano nella loro ispirazione e nel loro programma di governo i princìpi e le esigenze etiche non negoziabili, e forze politiche che su questi aspetti e vincoli fondamentali hanno una visione opposta alla dottrina cristiana o comunque relativista.
Il cattolico non può appoggiare le forze di questo secondo tipo.
Quando la Chiesa afferma che non opta a favore di nessun partito e di nessuno schieramento politico non vuol dire che rinuncia a dare un giudizio etico sui princìpi e sui programmi dei diversi schieramenti o partiti, in riferimento ai valori e alle istanze etiche fondamentali richiamate: vita, famiglia, libertà di educazione, libertà religiosa, giustizia sociale...
Come ha precisato lo stesso cardinale Ruini, non è possibile non vedere con preoccupazione che singole Regioni in Italia hanno dato via libera a normative che tendono a equiparare le unioni di fatto, eterosessuali e omossessuali alle unioni familiari fondate sul matrimonio, e che vi sono forze politiche di un determinato schieramento che intendono portare nel Parlamento nazionale tali proposte.
Spesso il cattolico deve scegliere nel voto il male minore, purché questo "male minore" non favorisca forze politiche che non riconoscono o si oppongono ai princìpi e alle norme della legge morale naturale».
8. Vita e famiglia: due priorità etiche sull'agenda della politica italiana. Qualcuno sembra pensare che basta "accontentare" i cattolici e la Chiesa su questi punti. Come smentire questa idea?
«Appare veramente strano che qualcuno possa continuare ancora a dubitare su questo punto: "vita" e "famiglia" sono realtà appartenenti alla natura dell'uomo, e non alla interpretazione confessionale della Chiesa cattolica. Il "decalogo" appartiene al patrimonio comune della civiltà umana. Soltanto una ideologia relativista, nichilista e dissolutrice del patrimonio razionale dell'umanità può arrivare a negare le basi fondamentali della nostra società. Il dialogo che si sta costruendo fruttuosamente tra pensatori cattolici e diversi rappresentanti del mondo laico e liberale (non laicista) è il segno che questa è la strada per costruire insieme una società sempre più giusta e libera».
© Avvenire, 30 marzo 2006