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La pittura del cattolicesimo popolare nella Francia del XIX secolo: una testimonianza spirituale

Autore:
Luca Costa
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
«La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto... Chi al suo nome increspa le labbra al sorriso, giudicandola come il ninnolo esotico di un passato borghese, di costui si può essere sicuri che, segretamente o apertamente, non è più capace di pregare e, presto, nemmeno di amare» (H.U. von Balthasar, Gloria)

Quando mi sono trasferito in Francia (ormai dieci anni fa), nel caos quotidiano di una società impossibile, una domanda ha cominciato a tormentarmi: qual è l’identità di questo popolo da un lato così legato alla sua tradizione letteraria ma al tempo stesso visibilmente sbriciolato da decenni di ideologie nichiliste? Qual è, se ancora esiste, l’anima, lo spirito dei francesi? Ho cercato spunti di riflessione nella storia politica, nelle rivoluzioni, nei trattati filosofici. Senza trovare risposte soddisfacenti.

L’illuminazione, inattesa e folgorante, nella letteratura cattolica: in Bernanos, Huysmans, Claudel, Péguy, Bloy, Mauriac, Daudet. Nelle loro opere l’ho trovato, il popolo, lo spirito di una nazione. Ma non solo! una risposta sorprendente ai miei dubbi emerge dalla pittura religiosa e realista del XIX secolo. In questi quadri ho trovato uno slancio spirituale sublime, seppur dimenticato, ho intuito una fede popolare. Carne, gesto, memoria.
Nel cuore del XIX secolo francese, mentre la Troisième République muoveva i suoi primi passi verso un programma radicalmente laicista e anticlericale, un gruppo di pittori si mise, consapevolmente o meno, a raccontare un’altra verità. Non attraverso proclami o manifesti, ma con la forza silenziosa delle immagini, immagini belle e potenti come fotografie, una pittura ultrarealista per raffigurare e immortalare ciò che era mortale e che stava per essere mandato a morte sotto l’urto della modernità: la spiritualità semplice, popolare, incarnata nella vita quotidiana della Francia rurale.

Artisti come Jean-François Millet, Jules Breton, Jules-Alexis Muenier, Pascal Dagnan-Bouveret e Léon Augustin Lhermitte non furono, per la maggior parte, teologi o propagandisti religiosi. Anzi! Spesso, erano uomini assai distanti dalla Chiesa e dai suoi dogmi. Eppure, le loro tele testimoniano ancora oggi un senso del sacro diffusissimo, concreto, quotidiano, consustanziale alla società. Una Chiesa che è società, è la società. In un’epoca in cui lo Stato cercava di estirpare la fede dalla scuola, dalla famiglia, da tutto, questi straordinari pittori la ritraevano con tenerezza e precisione nei volti dei contadini, nei gesti lenti della campagna, nelle preghiere delle chiese dei villaggi.

La vita spirituale è realtà quotidiana
Prendiamo ad esempio “L’Angelus” (1857-59) di Jean-François Millet: una scena minima, due contadini che si fermano nei campi al suono della campana. Un quadro vivente, una preghiera pittorica, capace di commuovere generazioni intere, tanto da diventare l’icona spirituale della Francia tutta. Millet, figlio di contadini normanni, non intendeva certo farsi assumere da Propaganda Fide, ma sentiva che il tempo contadino era scandito da Dio, che il sacro abitava ogni gesto, ogni zolla di terra, che il lavoro manuale non era solo lavoro materiale bensì grande slancio spirituale di un popolo intero.

Oppure “La Bénédiction des blés en Artois” (1857) di Jules Breton: una lunga processione rurale dove prete e popolo si uniscono nella benedizione del grano. Un rito antico, dove si toccano cielo e terra, sintesi di colore, vita, lavoro e grazia. In questo dipinto, la fede è gesto corale, è carne, è sudore e preghiera. È popolo.

L’insegnamento, la fede, la campagna e l’infanzia
Millet e Breton hanno lavorato qualche anno prima delle grandi politiche anticristiane della Troisième République.
Invece Jules-Alexis Muenier dipinge proprio nell’occhio del ciclone. In opere come “Le catéchisme” (1895), apre una finestra sull’educazione rurale, dove l’insegnante, spesso anche figura religiosa, è guida morale e spirituale dei piccoli. In un tempo in cui la scuola pubblica si stava laicizzando in modo aggressivo, Muenier mostrava la bellezza dell’apprendimento come forma di amicizia e di elevazione spirituale.

Vediamo però un breve riassunto dei vari provvedimenti legislativi anticristiani della Troisième République tra il 1880 e il 1905 :

  • Decreti del 29 marzo 1880 (decreti Ferry):
  • Obbligo per tutti gli ordini religiosi di chiedere l’autorizzazione dello Stato.
  • Scioglimento delle congregazioni non autorizzate, in particolare i gesuiti, che furono espulsi dalla Francia.
  • Inizio di una vasta campagna di chiusura dei conventi e scuole religiose.
  • 1881: Scuola gratuita (le leggi Jules Ferry)
  • 1882: Scuola obbligatoria e laica per bambini dai 6 ai 13 anni.
  • L’insegnamento religioso è escluso dalla scuola pubblica.
  • I preti e le religiose non possono più insegnare nelle scuole pubbliche.
  • Introduzione dell’educazione civica e morale laica.


  • Legge del 30 ottobre 1886: (legge Goblet)
  • Tutto il personale docente delle scuole pubbliche deve essere laico.
  • Le congregazioni religiose vengono escluse dall’insegnamento anche in scuole pubbliche, rafforzando la separazione tra Stato e Chiesa nell’istruzione.


  • Legge del 1º luglio 1901:
  • Le congregazioni religiose devono ottenere autorizzazione parlamentare per esistere legalmente.
  • Molte congregazioni vengono rifiutate o sciolte.
  • Porta alla chiusura di migliaia di scuole cattoliche e all’esilio di religiosi


  • Legge del 7 luglio 1904: legge sul divieto di insegnamento totale
  • Divieto assoluto per le congregazioni religiose di insegnare, anche in scuole private.
  • Chiusura forzata di circa 2.500 scuole religiose.
  • Forte spinta verso una scuola totalmente laica.


  • Legge del 9 dicembre 1905: Separazione Stato - Chiesa
  • Fine del concordato napoleonico del 1801.
  • Separazione ufficiale tra Stato e Chiese.
  • Lo Stato non riconosce né sovvenziona alcuna religione.
  • Nazionalizzazione dei beni ecclesiastici.
  • Le chiese rimangono luoghi di culto ma diventano proprietà pubblica (comuni o Stato), concesse gratuitamente al culto.


Una contro-narrazione pittorica
Questi artisti, pur immersi in un contesto di laicizzazione crescente, intuiscono la deriva legata al progetto di sradicamento spirituale della Francia. Nel rappresentare momenti di fede popolare, ne custodiscono per noi tutti, ancora oggi, la memoria visiva, il profondo significato culturale e storico. Le loro tele diventano documenti preziosi e forse atti di resistenza culturale. Esse ci mostrano che, al di là dei decreti e delle ideologie, il popolo francese viveva immerso nel sacro, senza bisogno di infinite riunioni o di momenti sinodali, ma con gesti umili: una preghiera, una benedizione, una processione, una Messa, una festa.

L’eredità necessaria
Oggi, ammirando questi quadri, possiamo comprendere più chiaramente la violenza e il totalitarismo ideologico dell’anticlericalismo repubblicano: non fu solo un conflitto istituzionale bensì un vero progetto di annientamento dell’immaginario collettivo, la volontà del potere più bieco di prosciugare l’anima di un popolo. I pittori realisti, forse inconsapevolmente, ci hanno lasciato una contro-narrazione visiva preziosissima per gli storici, per i curiosi ma anche per ogni uomo in cerca della verità.
In ognuna di queste tele c’è un frammento di anima francese che resiste. Non sono solo quadri: sono icone laiche della fede popolare. E nel loro silenzio pittorico, dicono più di molti trattati.

Conclusione: Douce France, l’anima di un popolo tradito dai potenti

Tutte le ideologie che hanno scosso la Francia tra il XIX e il XX secolo — il laicismo e l’anticlericalismo, il positivismo, il materialismo, l’individualismo fino alle forme più recenti di ecologismo radicale — hanno in comune un tratto inquietante: hanno voluto distruggere il popolo. Il popolo vero, quello delle campagne, delle parrocchie, dei riti tramandati con semplicità, della fede vissuta come parte del quotidiano. Per gli ideologi di ogni risma, il popolo non è mai stato un soggetto da amare, ma una massa da plasmare, da rieducare, da formare secondo progetti astratti. Così si è cercato di creare un “uomo nuovo” privo di spiritualità, ridotto a consumatore, a produttore, a materia umana da gestire.
Che peccato, Douce France. Tu che eri così bella, così ricca di umanità nei tuoi villaggi, nei tuoi altari, nei tuoi canti di processione. Ma grazie a questi pittori, oggi possiamo ancora vederti. Possiamo ancora piangere di commozione davanti a un quadro di Millet, di Breton o di Muenier, e riconoscere che lì — proprio lì — batte ancora il cuore del tuo popolo. Un cuore cattolico, umile, forte. E tremendamente vero.

Luca Costa

Le immagini sono tratte da Wikipedia

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