Il vescovo ha paura del volto di Cristo? La Sindone tenuta nascosta
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Ostensione “diffusa”: Progetto per l’esposizione di una copia della Sindone nelle chiese durante il Giubileo 2025, in particolare durante la Quaresima.

C’è un volto che continua a disturbare. Non è quello di una star, né di un politico scomodo. È il Volto di Cristo, impresso su quel tessuto che per secoli ha parlato al cuore della Chiesa. Eppure, proprio nel Giubileo del 2025, il vescovo di Torino, Roberto Repole, ha deciso di tenerlo nascosto. Anzi, peggio: di negarlo ai fedeli, sottraendolo all’adorazione pubblica con una decisione arbitraria, unilaterale, e senza precedenti.
Sì, perché non si tratta di un problema tecnico, di restauri in corso, né di restrizioni sanitarie. Si tratta di una scelta ideologica. Di una volontà precisa di non esporre la Sindone.
Di non esporre quella Sindone che proprio in occasione di un Giubileo e solamente in occasione di un Giubileo (fanno eccezione solamente le rarissime visite di un Pontefice a Torino, come Benedetto XVI nel 2010) può essere, deve essere, esposta ai fedeli.
“Non ci sarà un’ostensione pubblica,” ha dichiarato Repole, “ma un evento ecclesiale per giovani piemontesi…”.
E ancora: “Attraverso il digitale offriremo al mondo l’occasione di un pellegrinaggio alla Sindone”.
Tradotto: un gruppo ristretto e selezionato di 1000 giovani (scelti come? da chi?) potrà accedere alla Sindone. Il resto del mondo dovrà accontentarsi di uno schermo.
È una visione ecclesiale che definire elitaria è poco. È uno schiaffo alla fede popolare, una mutilazione del Giubileo per come lo conosciamo. La Sindone, simbolo universale, viene trasformata in un prodotto da esperienza immersiva, da “evento” da vivere in VR o in una “tenda digitale”.
Ma chi ha deciso tutto questo? Lo ha deciso Roberto Repole. Vescovo di Torino. Da solo. Senza alcun coinvolgimento della comunità cattolica. Senza consultare i fedeli, né i vescovi italiani.
E ancora più assordante è il silenzio di Roma. Il Vaticano – che pure ha la custodia della Sindone come dono della Casa di Savoia – non ha detto una parola. Come se questa soppressione di fatto non fosse un problema. Come se la Sindone fosse un ingombro, una reliquia troppo “forte”, troppo vera, troppo potente.
Che Repole abbia paura della Sindone? Paura della sua aura spirituale. Paura delle conversioni che provoca. Paura della fede che può riaccendere. Perché sì, guardare quel volto è un rischio: può convertire. Può mettere in crisi. Può richiamare a una fede che non ha bisogno di formule astratte né di marketing ecclesiale.
E allora si preferisce tenerla nascosta. Rinchiusa. Taciuta. Lontana dai pellegrini che – una volta nella vita – avrebbero voluto inginocchiarsi davanti a quella testimonianza muta e sconvolgente della Passione.
È ora che qualcuno lo dica: questo è un abuso. Un abuso. Un atto di censura contro Dio e contro il popolo di Dio. E il silenzio del Vaticano è, a sua volta, una colpevole omissione.
La Sindone non è un oggetto da laboratorio. Non è una proiezione per giovani catechisti 2.0.
La Sindone è il volto di Gesù, la sofferenza di Dio per noi, segno di un’amicizia cosi profonda da aver portato Dio all’estremo sacrificio per la nostra salvezza.
Pregare di fronte alla Sindone è per milioni di cattolici un’occasione straordinaria di dire grazie a Gesù, di riaffermare la propria fedeltà, il proprio amore per Lui.
Che sia un vescovo a privarci di tutto ciò è uno scandalo che non può e non deve essere taciuto.
Luca Costa