COMUNICATO STAMPA IN RISPOSTA ALLA CSdL
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Quanto sta accadendo nel mondo, in particolare nel conflitto tra Israele e Hamas, è fonte di preoccupazione per tutti coloro che stanno guardando ai fatti con realismo, studiando vie di uscita che aprano alla speranza. Una amica insegnante mi ha ricordato che molti suoi alunni le hanno chiesto: «Ma noi, che cosa possiamo fare?»
Cercare la verità, cercare il confronto, e non solo nei rapporti normali, ma anche con le istituzioni. Sì, perché proprio da questo confronto si accresce la stima reciproca e la speranza di trovare vie percorribili. Mi ricordo quello che scriveva san Benedetto a proposito delle scelte dell’Abate: «Ogni volta che in monastero bisogna trattare qualche questione importante, l’abate convochi tutta la comunità ed esponga personalmente l’affare in oggetto. Poi, dopo aver ascoltato il parere dei monaci, ci rifletta per proprio conto e faccia quel che gli sembra più opportuno. Ma abbiamo detto di consultare tutta la comunità, perché spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore».
Penso che il «più giovane» possa anche significare colui che sembra il meno «competente».
È per questa ragione che mi sono rivolto al Segretario di Stato agli Esteri insistendo perché San Marino, l’«Antica Terra della libertà», risponda alla sua vocazione di accoglienza e di protagonismo fattivo, diventando luogo di un tavolo di confronto riguardo alle gravi situazioni che minacciano la pace. E se all’inizio la mia preoccupazione era segnata dalla grave violenza nei confronti del popolo armeno scacciato dalla sua terra nell’Artsakh (Nagorno-Karabakh), ora quanto accaduto in Israele sollecita un impegno ancora maggiore. E ritengo che proprio la nostra storia possa indicare soluzioni ragionevoli, non ideologiche, al di là delle logiche di partito. E mi aspetto che ci possa essere un confronto e un dibattito tra chi è interessato. La pace nel mondo e il rispetto delle vite umane ci chiedono un impegno straordinario e una apertura di cuore che superi pregiudiziali e schemi obsoleti, e nessuno è di principio inutile in questo confronto.
Ho poi espresso la mia solidarietà al Segretario di Stato con una lettera privata (forse caduta nel vuoto) e rinnovo il mio apprezzamento per la posizione presa da San Marino, perché ritengo che l’astensione rispetto alla Risoluzione dell’ONU sia giustificata, mentre le accuse di coloro che non la condividono mi sembrano motivate da una pregiudiziale partitica, invece che da ragioni reali.
Forse basterebbe (almeno per un profano in questi argomenti) leggere il preambolo della risoluzione, che riporto nella sua integralità, per comprendere le ragioni per cui non solo San Marino, ma un numero considerevole di nazioni, non abbia sottoscritto il documento:
«Illegal Israeli actions in Occupied East Jerusalem and the rest of the Occupied Palestinian Territory (Traduzione offerta dal sito CSdL: Azioni illegali israeliane nella Gerusalemme Est occupata e nel resto dei territori palestinesi occupati)
Bahrain, Bangladesh, Belize, Bolivia (Plurinational State of), Botswana, Brunei Darussalam, Comoros, Cuba, Democratic People’s Republic of Korea, Djibouti, Egypt, El Salvador, Indonesia, Iraq, Jordan, Kuwait, Lebanon, Libya, Malaysia, Maldives, Mauritania, Morocco, Namibia, Nicaragua, Oman, Pakistan, Qatar, Russian Federation, Saint Vincent and the Grenadines, Saudi Arabia, Senegal, Somalia, South Africa, Sudan, Türkiye, United Arab Emirates, Venezuela (Bolivarian Republic of), Yemen, Zimbabwe and State of Palestine:*
draft resolution
Protection of civilians and upholding legal and humanitarian obligations»
In ordine alla chiarezza, riporto per un possibile confronto, quanto inviato il 30 ottobre c.a. al Segretario di Stato Dott. Luca Beccari:
«Egregio dott. Luca Beccari, Segretario di Stato agli Esteri,
ho avuto modo di leggere sulla stampa sammarinese la sua posizione riguardo alla delibera dell’ONU sulla crisi palestinese, e pure le reazioni avverse dei politici dell’opposizione.
Le esprimo la mia solidarietà, perché mi pare che, di fronte alle ragioni da lei espresse, le critiche sono «a prescindere», cioè dettate non da ragioni motivate, ma solo dal semplice fatto che chi le esprime sta da un’altra parte politicamente.
Se avevo espresso il mio plauso per coloro che chiedevano che la nostra Repubblica si proponesse come tavolo di mediazione della pace (e non solo per quanto riguarda la situazione palestinese, ma anche per quanto accaduto in Artsakh [Nagorno Karabakh]), preoccupato perché la parte politica che aveva fatto questa proposta non avrebbe poi mantenuto il criterio della imparzialità e della giustizia, ora riaffermo l’urgenza che la nostra Repubblica si schieri in difesa della giustizia e della verità, rifiutando, come lei ha fatto, di parteggiare acriticamente per coloro che hanno avuto comportamenti terroristici.
La giustizia non si fa con la menzogna o con la partigianeria, né con l’uso indiscriminato delle armi. Neppure cavalcando reazioni emotive senza riconoscere le reali responsabilità.
Lei ha giustamente affermato che «Astenersi non significa essere indifferenti»: credo che sarebbe importante realizzare degli incontri con personalità capaci di aiutarci a comprendere la posta in gioco. La pace non è pacifismo e la violenza, oltretutto cinicamente mostrata, non è mai la soluzione.
Conosco persone che potrebbero aiutarci a fare chiarezza. Sarebbe bello poterle incontrare e farle incontrare al popolo sammarinese.
Ogni occasione di dialogo, ogni possibilità di confronto sono un bene per la convivenza civile. Non possiamo mettere a tacere (lo si fa troppe volte) le voci libere che sono presenti tra noi.
Il confronto e il dialogo sono un bene che solo l’ignavia o l’ideologia (sempre, purtroppo totalitaria) non sopportano.
L’«Antica terra della libertà» merita, anche per la sua grande storia, uomini coraggiosi, leali e costruttori di ponti. La storia politica di San Marino ha anche di questi esempi.
Cordialmente.»
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