Condividi:

Il genere passa, il sesso resta: la lezione dimenticata della genetica (quella vera)

Autore:
Luca Costa
Fonte:
CulturaCattolica.it
Fonti: questo articolo è la traduzione dell’intervista pubblicata su Le Figaro, il 25 luglio 2023: On peut changer le genre mais pas le sexe, les leçons oubliées de la génétique. Intervista di Eugénie Bastie e Claudine Junien, coautrice del saggio: C’est votre sexe qui fait la différence, pubblicato da Plon, nel 2023.

In un magistrale saggio appena pubblicato in Francia: C’est votre sexe qui fait la différence (è il vostro sesso che fa la differenza) Claudine Junien, professore di genetica e membro dell’Accademia nazionale di medicina, spazza via le frottole degli studi di genere (genders studies) che da anni cercano di convincere grandi e piccini che le differenze sessuali non sono altro che oscure costruzioni sociali.
In realtà, la scienza ci illustra con grande chiarezza che il sesso impregna ogni nostro cromosoma in maniera determinante per la nostra vita.

La giornalista Eugénie Bastié ha intervistato Claudine Junien per il quotidiano francese Le Figaro. Traduciamo l’intervista per farne un importante strumento di riflessione su uno dei temi più scottanti del nostro tempo.

EB: Dall’ignoranza all’ideologia, le nozioni di sesso e di genere sono oggi all’origine di violenti dibattiti d’opinione. La nozione di sesso è considerata ormai come desueta e incompatibile con la modernità. Ma qual è, per la scienza, la differenza tra sesso e genere?

CJ: È vero, sotto la pressione dei gender studies, oggi si tende a confondere sesso e genere. La conseguenza è scontata: si diffonde nelle masse l’idea che cambiare genere equivale a cambiare sesso. Facile come bere un bicchier d’acqua per chiunque si senta imprigionato in un sesso attribuitogli alla nascita, senza nemmeno chiedere il suo parere. Un errore da correggere in fretta grazie ai vari ormoni disponibili sul mercato, da somministrare in dosi massicce per correggere (maldestra) madre natura. E se non bastasse c’è sempre il ricorso alla chirurgia.
Tuttavia, non è così: sesso e genere sono due nozioni ben distinte.
Il genere è una nozione socioculturale. Il sesso è una nozione biologica.
Il progresso scientifico in campo genetico ci ha permesso di comprendere come i cromosomi, già dal concepimento, siano presenti in ognuna delle nostre cellule e come essi facciano di noi una donna (coppia di cromosomi sessuali XX) o un uomo (coppia XY) in ognuna delle nostre cellule.
Quando appaiono gli ormoni (tra la sesta e l’ottava settimana di gravidanza per poi variare quantitativamente nel corso del nostro ciclo vitale) essi non appaiono mai “soli” bensì costantemente accompagnati dai cromosomi sessuali che sono presenti in tutte le nostre cellule e durante tutta la nostra vita.

EB: Questo tipo di informazione scientifica, benché fondamentale, è ormai scomparso dai radar. È in corso oggi una negazione, una censura, della biologia umana?

CJ: La negazione della biologia è fondata, appunto, sulla confusione (voluta) tra le nozioni di sesso e di genere di cui parlavo prima. Una confusione totale tra ciò che è innato e immutabile e ciò che è acquisito e appreso, confusione folle tra ciò che appartiene al nostro patrimonio genetico e fattori che sono invece meramente ambientali o culturali.
Oggi regna un’idea: non si può agire sulla genetica a causa dell’inerzia del DNA mentre si potrebbe manipolare tutto ciò che è legato all’epigenetica, considerata come (più o meno) reversibile.
Quest’idea si appoggia su un’ideologia ormai dominante: le differenze tra i sessi risulterebbero solo da costruzioni storico-sociali e non sarebbero quindi che stereotipi da abbattere.
La cosa incredibile è che disponiamo di 308.324 pubblicazioni scientifiche ufficialmente riconosciute (PubMed) che affermano in maniera inequivocabile le differenze genetiche e biologiche esistenti tra i due sessi, pubblicazioni che vengono incredibilmente ignorate e taciute.
Se queste (validissime) pubblicazioni fossero diffuse, conosciute e discusse, non sarebbe difficile smentire le falsità prodotte dalle pseudo-scienze note come gender studies.

EB: Parliamo di un esempio concreto: la questione degli atleti transgender nelle competizioni sportive (specialmente nelle competizioni femminili).

CJ: Il genere è una semplice dimensione socioculturale, di conseguenza è possibile cambiare genere là dove vi sia un consenso politico e sociale.
Ciò che non è possibile fare è cambiare il proprio sesso biologico perché il sesso è un’informazione presente nei cromosomi, presente nei geni delle nostre cellule dal momento del concepimento fino alla morte. Presente là dove non si può intervenire.
Oggi si è diffusa l’idea, falsa, che il sesso dipenda esclusivamente dagli ormoni, e dal momento che si ignora il ruolo dei cromosomi è ovvio che la gente si rivolga agli ormoni per cercare di correggere quelle incongruenze di genere percepite da chi si sente inadeguato rispetto al proprio sesso biologico.
Ma gli ormoni non giocano affatto un ruolo decisivo o esclusivo nella determinazione del sesso biologico, anzi!
Parliamo delle differenze sessuali determinate dai geni dei cromosomi sessuali: sono fondamentali e causano differenze anatomiche tra uomini e donne assai importanti, come la percentuale di massa muscolare e di massa grassa. Sono differenze che non scompaiono sotto l’effetto di trattamenti ormonali, per questo motivo il problema degli atleti transgender è reale, eccome! È davvero giusto e equo far partecipare a competizioni sportive femminili degli individui considerati come donne dal punto di vista del genere (gender) ma che sono in tutto e per tutto uomini dal punto di vista cellulare, biologico?
Nel 2014, negli Stati Uniti, è stato permesso a un transgender, biologicamente uomo, maschio, ma considerato come donna dall’ideologia gender, di combattere contro una donna in un incontro di MMA (arti marziali miste). La donna ne è uscita con una gravissima commozione cerebrale e diverse fratture ossee: ha rischiato la vita!

EB: Un altro problema si pone circa i trattamenti medico-sanitari. Qual è la sua opinione al riguardo?

CJ: Le differenze legate al sesso (DLS) sono oggi sconosciute dalla maggioranza della popolazione, in tutti i paesi del mondo. Eppure, un terzo dei nostri geni si esprime diversamente, secondo il sesso, in ben 44 tessuti di cui 11 nel solo cervello. Questo implica importanti differenze nei meccanismi di azione a livello cellulare. Tali differenze sono dovute a fattori genetici o a fattori ambientali? La risposta è ovvia: a entrambi, dal momento che parliamo di interazioni tra ciò che l’individuo è e ciò che l’ambiente nel quale evolve è.
Perché, per fare qualche esempio, l’autismo colpisce quattro volte di più i maschi che le femmine? Perché l’anoressia interessa le ragazze nove volte di più che i ragazzi?
Come potremo rispondere a queste domande negando le differenze esistenti tra maschi e femmine? tra uomini e donne?
Un altro esempio: a livello molecolare, studi sui livelli di espressione dei geni nei diversi tessuti di uomini e donne affetti da depressione hanno mostrato che in sei regioni del cervello le reti di geni implicati nella patologia sono diverse tra uomini e donne. Perché? È necessario scoprirlo per poter determinare trattamenti efficaci per gli uomini e trattamenti efficaci per le donne.

EB: Possiamo quindi affermare che anche il nostro cervello è caratterizzato sessualmente?

CJ: Possiamo affermare con certezza che gli ormoni non sono i soli responsabili delle differenze tra maschi e femmine. Possiamo affermare che i geni dei cromosomi X e Y sono determinanti nelle DLS che appaiono sin dal concepimento, e che sono i cromosomi i soli responsabili di tutte le DLS che appaiono al momento della determinazione del sesso del bambino tra la sesta e l’ottava settimana di gravidanza, non gli ormoni.
Come tutti i nostri organi, il cervello non fa eccezione: è anch’esso sessuato. Nella malattia di Parkinson, ad esempio, recenti studi hanno dimostrato come il gene SRY giochi un ruolo fondamentale per l’uomo, un ruolo impossibile per la donna dal momento che tale gene nella donna non è presente.
E si osserva come la malattia di Parkinson colpisca due volte più gli uomini che le donne.

EB: Parliamo di giocattoli “sessuati”, lei afferma che la socializzazione non ha che un effetto modulatore sulle differenze comportamentali, differenze in realtà ancorate alle differenze biologiche. Cosa significa esattamente?

CJ: Sono innumerevoli gli studi che hanno comparato l’uso di diversi oggetti e i relativi comportamenti in funzione del sesso dei bambini. Oggi molti genitori si sforzano di imporre un’educazione in tutto e per tutto “neutra” ai loro figli piuttosto che assecondare la loro natura. Tutto ciò va, purtroppo, controcorrente rispetto alle osservazioni neuro-scientifiche recenti.
Sappiamo che il nucleo dell’ipotalamo ha un netto dimorfismo sessuale, si tratta di una regione dove sono presenti neuroni implicati nello sviluppo del comportamento già a partire dall’infanzia.
A quale pro, dunque, proporre giocattoli asessuati o gender-neutri?
La socializzazione (anche se forzata) non è in grado di invertire, creare o distruggere differenze comportamentali sessuate che sono profondamente radicate nel nostro patrimonio biologico!

EB: In conclusione?

CJ: In nome dell’uguaglianza di genere la modernità vuole occultare differenze fondamentali tra uomo e donna. Differenze biologiche importantissime che vanno considerate e approfondite per poter sperare di curare patologie gravi e molto diffuse. Centinaia di migliaia di pubblicazioni scientifiche mostrano in maniera inequivocabile che no, uomini e donne non funzionano nello stesso modo.
Ogni essere umano possiede 63 mila miliardi di cellule e ognuna di queste cellule è sessuata a partire dal concepimento.
Ignorare questo fatto, perché? Nell’interesse di chi?

Luca Costa

Vai a "Ultime news"