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La sentenza della Corte Suprema: non c’è diritto all’aborto e decidono gli Stati le leggi sull’aborto

Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
Inizia ora una nuova fase storica in cui le “battaglie” sul tema dell’aborto dovranno essere sostenute conquistando il consenso elettorale. Entrambe le parti, favorevole e contraria all’aborto, potranno confrontarsi civilmente, si spera, nel rispetto reciproco, influenzando l’opinione pubblica ed il legislatore. E’ quindi del tutto errato far pensare che questa sentenza impedisca l’aborto negli Stati Uniti.

La sentenza della Corte Suprema: non c’è diritto all’aborto e decidono gli Stati le leggi sull’aborto

La Corte Suprema USA ha emesso la tanto attesa sentenza in merito al ricorso contro la legge del Mississippi che vieta l’aborto oltre la quindicesima settimana.
La sentenza è in linea con la bozza scritta dal giudice Samuel Alito che era stata anticipata dai media.
In pratica la sentenza stabilisce che il diritto all’aborto non è previsto dalla Costituzione americana, ribaltando quindi la sentenza del 1973 Roe vs Wade e affermando il principio che la questione dell’aborto che solleva un ampio dibattito etico deve essere risolta a livello legislativo da ogni singolo Stato degli Stati Uniti.
“We end this opinion where we began. Abortion presents a profound moral question. The Constitution does not prohibit the citizens of each State from regulating or prohibiting abortion. Roe and Casey arrogated that authority. We now overrule those decisions and return that authority to the people and their elected representatives” Justice Samuel Alito wrote in the court’s opinion.
La parola quindi torna nell’ambito legislativo dove ogni assemblea statale potrà legiferare a favore dell’aborto, limitarlo o proibirlo, il potere di decidere viene quindi restituito ai rappresentanti del popolo liberamente eletti e tolto dall’ambito giudiziario.
Inizia ora una nuova fase storica in cui le “battaglie” sul tema dell’aborto dovranno essere sostenute conquistando il consenso elettorale. Entrambe le parti, favorevole e contraria all’aborto, potranno confrontarsi civilmente, si spera, nel rispetto reciproco, influenzando l’opinione pubblica ed il legislatore. E’ quindi del tutto errato far pensare che questa sentenza impedisca l’aborto negli Stati Uniti.
Va riconosciuto che questo risultato è anche il frutto del lavoro e dell’impegno delle organizzazioni pro life capaci di mantenere, fortificare e fare avanzare la cultura, anche giuridica, a tutela della vita, capace di sfidare sul terreno delle argomentazioni e dei valori di ragione ed umanità potenti realtà economiche e politiche come hanno ricordato anche i Vescovi USA commentando la notizia della sentenza: "La decisione di oggi è anche il frutto delle preghiere, dei sacrifici e del lavoro di innumerevoli americani comuni di ogni ceto sociale. In questi lunghi anni, milioni di nostri concittadini hanno lavorato insieme pacificamente per educare e persuadere i loro vicini sull’ingiustizia dell’aborto, per offrire assistenza e consulenza alle donne e per lavorare per alternative all’aborto, compresa l’adozione, l’affidamento e l’assistenza pubblica di politiche a sostegno delle famiglie. Condividiamo la loro gioia oggi e gli siamo grati. Il loro lavoro per la causa della vita riflette tutto ciò che c’è di buono nella nostra democrazia e il movimento pro-vita merita di essere annoverato tra i grandi movimenti per il cambiamento sociale e i diritti civili nella storia della nostra nazione".
Va riconosciuto anche il merito ai giudici della Corte Suprema del coraggio mostrato di fronte alla massiccia campagna stampa contraria di questi mesi e alle manifestazioni intimidatorie che si sono svolte negli USA contro di loro e le loro famiglie. Va loro riconosciuto di essere stati uomini e donne che, sia pure dall’alto di cariche prestigiose ed a vita, hanno il coraggio di scrivere e testimoniare con profondità, giustizia e correttezza giuridica le ragioni della vita.
I pro-choice (pro aborto) ora gridano allo scandalo e attaccano i giudici della Corte Suprema USA, ma dal 1973 fino ad oggi quando le sentenze erano a loro favore attribuivano valore alle decisioni della Corte Suprema e ne richiedevano il rispetto da parte di tutti, anche da chi non le condivideva, e così è accaduto, ora dovrebbero accettare lo stesso principio. I giudici della Corte Suprema sono stati sempre eletti da una parte politica, farne solo una questione politica è sbagliato però, perché - potremmo dire - i giudici riflettono un clima culturale presente nel paese, oggi dopo 50 anni di pratica dell'aborto il clima è decisamente cambiato negli USA. La sentenza del 1973 aveva d'altronde liberalizzato in USA l'aborto a qualsiasi fase della vita gestazionale del bambino, come hanno ricordato i Vescovi USA commentando la sentenza: "Questo è un giorno storico nella vita del nostro Paese, che suscita pensieri, emozioni e preghiere. Per quasi cinquant’anni l’America ha applicato una legge ingiusta che ha permesso ad alcuni di decidere se altri possono vivere o morire; questa politica ha provocato la morte di decine di milioni di bambini, generazioni a cui è stato negato il diritto di nascere" ora è lecito provare a cambiare strada.
La sentenza rimane coerente con il suo scopo, ovvero non dettare una regolamentazione dell’aborto, ma affermare che il diritto di aborto non ha un riconoscimento costituzionale e, quindi, non può essere imposto per via giudiziaria all’intero popolo americano.
E' possibile trovare sul sito del Movimento per la Vita Ambrosiano una analisi precisa della bozza preparatoria della sentenza http://www.movimentovitamilano.it/corte-suprema-degli-stati-uniti-e-aborto/

Luca e Paolo Tanduo

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