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Son tutte belle le #mamme del mondo

Fonte:
CulturaCattolica.it
La #festa della mamma, una festa commerciale che è diventata L'occasione per un grazie a quelle donne che nel quotidiano costruiscono la #società, quella fatta di carne e anima.

Domenica scorsa si è festeggiata “La festa della mamma”
Come spesso accade, nasce come una festa commerciale, ma è diventata a buon diritto una festa che tutti amano. L'occasione per un grazie a quelle donne che nel quotidiano costruiscono la società, quella fatta di carne e anima.
In fondo, tutti abbiamo una madre a cui dire grazie. Perché ci ha dato il dono della vita, cosa che non è così scontata. Una mamma che fa il suo lavoro quotidiano in silenzio, spesso senza attendere riconoscimenti, ma che è gratificata dal constatare che chi è amato non resta indifferente all’amore ricevuto.
Questa festa mi ha sempre un po’ messa a disagio, forse perché io non ho una mamma tradizionale, non ho mai capito se si tratta di carattere, non è detto che si nasca capaci di esternare l’amore, se ci sono stati traumi giovanili, si cerca sempre nell’infanzia la causa di un’età adulta complicata. Chissà, sta di fatto che la mia mamma è stata una donna indipendente, anche un po’ diffidente nei confronti del genere umano.
Ho dei bei ricordi della mia infanzia, di quegli anni in cui tua madre è tutto, unica e irripetibile, mia madre in quegli anni cantava sempre, qualcosa poi si è rotto, senza un motivo apparente, come se i figli che crescono anziché un orgoglio fossero un problema.
E’ fatta così e negli anni, con non poca fatica ho imparato ad accettarla, ad amarla per come è. Da lei non puoi aspettarti un complimento, un invito a cena, una torta per il compleanno, nemmeno con i suoi nipoti si è addolcita, a onor del vero bisogna dire che negli ultimi anni esterna il suo amore con piccoli lavori di sartoria.
Il suo motto: “requiem eterna chi se i ga fatti se i guerna” riferito ai nipoti, - chi li ha fatti se ne prenda cura. – l’ha esentata da qualsiasi supporto quando eravamo una giovane famiglia, lei era impegnata a vivere la sua vita, sempre insoddisfatta, sempre con lo sguardo a ciò che non aveva, che le mancava, fermamente convinta che i figli vanno umiliati perché crescano forti, che i complimenti possano creare alterigia. Oggi è un’anziana signora instabile sulle gambe, con un udito labile e la mania dell’accumulo compulsivo, una nonna che finge di non essere in casa perché non ama essere disturbata. Quando ha voglia di uscire dal suo isolamento viene a trovarti, si siede e ti racconta fatti della sua vita, non vuole sapere come stai, se sei serena, non vuole cenare con te e non accetta nemmeno un caffè, un bicchiere d’acqua, vuole solo essere ascoltata. Quando è stanca di raccontare si alza e se ne va.
Spesso la guardo e non posso non pesare che quella che più ci ha rimesso è stata lei, che non ha mai passato una giornata con i suoi nipoti, che non è mai riuscita a gioire per un compleanno, una laurea, non ha avuto moto di orgoglio per le gioie, ma nemmeno di compassione per i momenti dolorosi che i suoi nipoti hanno vissuto. Il suo motto in questo caso è: “ognuno sente il suo” insomma il dolore è privato, ognuno sente il suo, perché affliggerci per i mali altrui. Qualche volta mi chiedo se qualcosa ho “preso” da mia madre. Forse si, mi piacerebbe essere più espansiva, saper manifestare con più spontaneità il mio affetto, ma come lei non ne sono capace.
Però ho avuto una grande fortuna, quando ero adolescente ho incontrato una donna che mi ha insegnato a perdonare la mia “madre di pancia” lei che per me era una “madre di cuore”, mi ha aiutata a fare tesoro di quello che vivevo, spesso ha lenito le mie ferite. Credo di dovere a lei se ho cercato di capovolgere quello che mi faceva soffrire, ecco perché la mia casa è una trattoria aperta a tutti, perché fare l’educatrice di un gruppo di adolescenti è stato uno dei momenti più gratificanti della mia vita, se guardo ai miei figli mi si riempie il cuore di gioia nel vederli uomini, ecco perché se penso ai miei nipoti che ancora non sono nati, fantastico pensando che insegnerò loro a cantare, a fare capriole, a guardare le cose belle, a stupirsi del sole che sorge e ad avere compassione per il male altrui. Perché il dono di una madre è un dono grande, ma si può essere madri dando alla luce un figlio oppure, insegnando a figli non nostri che la vita è un miracolo che vale la pena di essere vissuto.
Ci sono donne che sono madri di pancia e altre che sono madri di cuore per molti figli che non hanno messo al mondo. La mia “madre di cuore” mi ha educata alla fede, mi ha insegnato il perdono, mi ha insegnato che non c’è nessun dolore dal quale non possa nascere un bene. A una sono grata per il dono della vita e per un’infanzia fatta di canzoni, alla seconda per avermi aiutata a diventare adulta.

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