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Lettura sinottica dell’articolo di Scalfari

Autore:
Mondinelli, Andrea
Fonte:
CulturaCattolica.it

Nella Bussola online del 10 novembre 2015 compare un intervento di di Antonio Iannaccone dal titolo: “Qualcuno chiarisca quel che ha detto il Papa a Scalfari”, in cui l’autore giustamente si lamenta del silenzio assordante seguito al consueto articolo di Scalfari che riferisce quello che gli avrebbe detto Papa Francesco. La lettera di Iannaccone termina in questo modo (http://www.lanuovabq.it/it/articoli-qualcuno-chiarisca-quel-che-ha-detto-il-papa-a-scalfari-14353.htm):

E’ un fatto: queste parole sono potenzialmente una novità devastante per la Chiesa (e per la famiglia) e sono state attribuite al pontefice da un organo di stampa che non può essere ignorato. Perché i vertici della Chiesa sono silenti? E perché tacciono anche i media? Vi prego, che qualcuno batta un colpo per chiarire le cose. E lo faccia presto.
Naturalmente, non posso chiarire nulla, ma insieme possiamo fare una lettura sinottica dell’articolo di Scalfari per vedere se le sue affermazioni hanno qualche fondamento.


Scalfari FA DIRE AL PAPA:

“Il diverso parere dei vescovi fa parte della modernità della Chiesa e delle diverse società nelle quali opera, ma l’intento è comune e per quanto riguarda l’ammissione dei divorziati ai Sacramenti conferma che quel principio è stato accettato dal Sinodo. Questo è il risultato di fondo, le valutazioni di fatto sono affidate ai confessori ma alla fine di percorsi più veloci o più lenti tutti i divorziati che lo chiedono saranno ammessi”.


Ma è proprio un’invenzione scalfariana, oppure potrebbe avere qualche fondamento?
A fine ottobre, a cavallo della conclusione del sinodo, è scoppiata una disputa teologica tra almeno tre teologi di chiara fama: padre Riccardo Barile, Priore del Convento di San Domenico in Bologna, mons. Antonio Livi entrambi contro la posizione di padre Giovanni Cavalcoli, il quale ammette la possibilità della comunione ai divorziati risposati, che vivono proprio more uxorio, ossia non vivono in castità come fratello e sorella, seguendo le indicazioni del punto 84 di Familiaris consortio di San Giovanni Paolo II. Non solo l’ammette, ma va oltre dicendo che la legge non solo può, ma, sia pure con il “forse”, deve cambiare!
Per chi volesse leggersi tutta la disputa, ecco i links:



A me interessa la risposta conclusiva di Barile a Cavalcoli. Ebbene, padre Riccardo Barile conclude il suo intervento in maniera limpida e agghiacciante:

Le proposte (Comunione ai divorziati risposati ndr) del teologo (Cavalcoli ndr) intervistato sembrano strade poco percorribili. Alla fine però, se possono sembrare normali evoluzioni e svolte del suo pensiero, è meno comprensibile come mai affermazioni del genere abbiano trovato ospitalità generosa e acritica su Avvenire. Non si può pensare a una distrazione, perché durante il Sinodo ciò che un giornale come Avvenire pubblica in argomento non può che essere attentamente vagliato. Bisogna dunque pensare a uno stile e a una scelta di parte abbastanza determinata, comportante disinvolte revisioni di un Magistero non solo antico, ma recente. Presupponendo poi una normale dose di prudenza (umana) per cui in genere non si rischia a vuoto, bisogna concludere che per ora chi opera tali scelte ha le spalle coperte. E a questo punto, sulle coperture e su quelli che ti aspettano per “farti fuori” quando qualcosa cambierà, viene in mente il consiglio dell’Imitazione di Cristo: «Non fare gran caso se uno è per te o contro di te, ma preoccupati piuttosto che Dio sia con te in tutto quel che fai» (II,2,1). Vero. Ma qui Dio da che parte sta?


Quindi per Avvenire quotidiano della CEI, supervisionato dalla Segreteria di Stato, la possibilità della Comunione a divorziati risposati non è affatto un’idea peregrina. Anzi!
Purtroppo, la questione si chiarisce ancora meglio con la pubblicazione dell’ultimo Quaderno di Civiltà Cattolica, a sinodo ormai concluso. Antonio Spadaro  è l’attuale direttore della rivista La Civiltà Cattolica. Ora, una delle caratteristiche peculiari di tale rivista è il rapporto con la Santa Sede:

Un carattere specifico de La Civiltà Cattolica è il suo particolare rapporto con la Santa Sede.
Quando il fascicolo della rivista è ancora in bozze viene inviato alla Segreteria di Stato della Santa Sede per l’approvazione definitiva. Quello che lega La Civiltà Cattolica alla Santa Sede è un rapporto di fiducia da parte di quest’ultima; mentre la rivista, in sintonia con essa, vuole svolgere un modesto servizio alla Chiesa, in particolare al Papa nel suo Magistero ecclesiale universale. Questo spirito di servizio è conforme a una rivista scritta da gesuiti, che sono legati al Papa da un vincolo particolare di amore e di obbedienza. http://www.laciviltacattolica.it/it/storia/storia/il-rapporto-con-la-santa-sede/


Ebbene, SPADARO scrive in Quaderno N°3970 del 28/11/2015 - (Civ. Catt. IV 311-414 ):

Proprio nella sua omelia mattutina del 23 ottobre — cioè nel giorno precedente alla votazione in Aula della Relatio Synodi — a Santa Marta il Pontefice ha affermato: «I tempi cambiano e noi cristiani dobbiamo cambiare continuamente. Dobbiamo cambiare (?! Caso mai RIMANERE!) saldi nella fede in Gesù Cristo, saldi nella verità del Vangelo, ma il nostro atteggiamento deve muoversi continuamente secondo i segni dei tempi».
8) Un ultimo nodo critico che proponiamo in queste pagine è il forte desiderio di non limitarsi al linguaggio normativo o di condanna, ma di usare quello propositivo e aperto proprio del Concilio, valutando un proprio approccio pastorale alla luce dello stile di Papa Francesco.
[…] La tensione sulla situazione sacramentale dei divorziati risposati civilmente nasce proprio dal fatto che la Familiaris Consortio affermava di essi: «Non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita» (n. 84). È un concetto che anche Papa Francesco ha ripetuto molte volte. Ma questa «apertura» pone il problema serio su che cosa sia questa «comunione ecclesiale» riconosciuta. Come è possibile essere davvero in comunione ecclesiale senza arrivare, prima o poi, alla comunione sacramentale? […] La Chiesa è sacramento di salvezza. Ci sono molti percorsi e molte dimensioni da esplorare a favore della salus animarum» (26). Circa l’accesso ai sacramenti, il Sinodo ordinario ne ha dunque effettivamente posto le basi, aprendo una porta che invece nel Sinodo precedente era rimasta chiusa. Anzi, un anno fa non era stato possibile neppure certificare a maggioranza qualificata il dibattito sul tema, che era invece effettivamente avvenuto. Dunque si può a ragione parlare di un passo nuovo.


Povero Scalfari, tutti a dargli addosso! In fin dei conti, la sua frase è stata approvata da Civiltà Cattolica, che a sua volta è stata approvata dalla Segreteria di Stato! Che a sua volta…
Ciascuno, in coscienza, tragga le conclusioni.
 
San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia.

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