Condividi:

Non Conformiamoci

Autore:
Cassano, Gianni
Fonte:
CulturaCattolica.it
Ho ricevuto da un amico questa riflessione che volentieri condivido con voi

Sono passate poche ore dagli sconvolgenti attentati a Parigi, ma non posso dimenticare che in pochi giorni sono morte oltre 400 persone tra Parigi, Beirut e sull’aereo russo in Egitto: non possono esserci morti di serie A o B. Leggo sui Media, su FB dove si è scatenata la caccia al “dagli addosso all’untore”, ne sono tentato pure io, ma mi fermo e mi chiedo: cosa avrebbe detto o fatto mio Padre, don Giussani, quale Giudizio scaturirebbe su quanto la realtà in questi giorni ci pone davanti? Ho trovato queste parole che credo possano aiutare ognuno a stare davanti ai terribili fatti e un Giudizio che ci fa essere certi di quanto abbiamo incontrato.
“Ricordo bene che per settimane, insieme ai miei amici, nei giorni dell’attacco alle Twin Towers abbiamo letto, discusso, cercato di capire e giudicare quello che era successo. Entrando nel merito delle questioni, nella concretezza.
Un amico, Marco, ieri mi ha telefonato e mi ha detto, sconsolato: “Non siamo stati capaci di giudicare quel che è successo a Parigi. Che differenza con la consapevolezza e i giudizi del 2001!”. Pensavo si riferisse alla Fallaci, al suo memorabile intervento sul Corriere, che poi diventò un libro.
Invece mi ha suggerito di andare a rivedere il libro di Savorana su Don Giussani. Sono due paginette scarse, 1089 e 1090. Riporto di seguito alcuni passaggi:
“Appena appresa la notizia – a Milano è il primo pomeriggio – Giussani telefona a Jonathan Fields, responsabile della comunità di CL a New York. La prima cosa che gli chiede è di pregare San Giuseppe per la Chiesa universale e per questi terribili eventi.
Mentre Giussani parla, Fields trascrive come può le sue parole, quindi le trasmette immediatamente a tutti gli amici del movimento sparso per l’America. Sono frasi spezzate, accenni di pensieri che tuttavia lasciano intendere la preoccupazione che ha mosso Giussani a telefonare subito. “Noi dobbiamo tener saldo il nostro giudizio e paragonare tutto con quello che ci è successo, in questo momento grave e grande…Dobbiamo ripetere questo giudizio prima di tutto a noi stessi. Questo momento è almeno grave quanto la distruzione di Gerusalemme. E’ totalmente dentro il Mistero di Dio… Tutto è segno… Preghiamo la Madonna… L’ultima definizione della realtà è che essa è positiva e la misericordia di Dio è la più grande parola. Questo è certo, occorre rimanere saldi nella speranza. Grazie a ognuno, uno a uno, per essere là”. Spedendo la trascrizione della telefonata ricevuta dall’Italia, Fields invita gli amici: “Per favore, fate di tutto per trovarvi insieme per la messa o il Rosario”. […]
Giussani invia un telegramma al presidente americano George W. Bush: tutti i membri del movimento cattolico di Comunione e Liberazione, scrive, “sono vicini a Lei in un momento così doloroso per tutta la Nazione – e quindi per tutti gli uomini – per i tragici fatti di New York e di Washington DC, terribile affronto alla dignità dell’uomo”. Nel messaggio a Bush, Giussani riprende le parole del Pontefice e implora Dio “per la Sua persona e per il Suo popolo affinché insieme possiate raggiungere quella giustizia pacificante di cui avete sete e di cui tutto il mondo ha bisogno, dato il compito storico che gli Stati Uniti d’America hanno nei confronti di tutti”.
Il giudizio sul mondo, il paragone con tutto, la passione per tutto. Il nostro giudizio pubblico sul mondo, il nostro paragone con tutto, la nostra passione per tutto. Nostra perché era mia, mia perché era nostra. Questa era CL. E arrivava fino a mandare un telegramma a Bush, perché noi avevamo da dire qualcosa di importante a Bush, e ne eravamo consapevoli. Gli dicevamo che pregavamo per lui e per il suo popolo. E al tempo stesso riconoscevamo il compito storico degli Usa: un giudizio storico, e politico, e culturale.

Il giudizio sul mondo, il paragone con tutto, la passione per tutto. Il nostro giudizio pubblico sul mondo, il nostro paragone con tutto, la nostra passione per tutto. Nostra perché era mia, mia perché era nostra. Questa era CL. E arrivava fino a mandare un telegramma a Bush, perché noi avevamo da dire qualcosa di importante a Bush, e ne eravamo consapevoli. Gli dicevamo che pregavamo per lui e per il suo popolo. E al tempo stesso riconoscevamo il compito storico degli Usa: un giudizio storico, e politico, e culturale.”

Vi è infine un altro attacco, pericoloso ed insidioso:

“La cosa più terribile mi pare essere una concezione che sganci la divinità di Cristo dalla Sua umanità: l’abolizione della sottolineatura della dimensione storica dell’avvenimento cristiano, infatti, comporta l’annullamento della sua ragionevolezza e umanità. Gesù diventa una figura del passato o una delle tante vie del cammino religioso dell’uomo. Praticamente, poi, la vita appare definita da un volontarismo etico, essendo la carità ridotta a generosità o “volontariato” come azione suppletiva a quella del potere. Tutto questo ha come origine una fede ridotta a spiritualismo, a moto interiore (soggettivismo). Esattamente vent’anni fa Paolo VI accusava l’introduzione di un “pensiero non-cattolico” dentro la Chiesa. Si trattava di un allarme a riguardo di un incipiente svuotamento dall’interno della natura e del metodo del fatto cristiano. L’esito è quello indicato: Gesù Cristo ridotto a un flatus vocis, a parola astratta. Non più dunque l’avvenimento storico di Gesù di Nazareth morto e risorto, presente qui ed ora nella sua umanità nella Chiesa, suo corpo misterioso, ma, al massimo, una favola carica di insegnamenti etici. Mentre la resurrezione di Cristo è un fatto. San Paolo dice: «Se Cristo non è risorto, vana è la nostra speranza». Nel riconoscimento di questo sta o cade la possibilità di una testimonianza cristiana nel mondo di fronte ai fratelli uomini che gridano confusamente l’esigenza di una risposta all’infinita fatica del vivere, come direbbe il nostro carissimo Leopardi. Certo, l’epoca moderna ha preteso annullare questa fatica del vivere promettendo all’uomo la riuscita dei propri desideri a prescindere dal riconoscimento che il Mistero solo fa tutte le cose. E anche tra cristiani si è fatto strada il pensiero che una forte sottolineatura dell’etica fosse sufficiente a vivere nella giustizia e nella verità, quasi resistendo al “mondo” con la risorsa della propria fragile volontà. Non è stato così: infatti la sottolineatura dell’etica finisce solo con l’avvalorare i principi via via definiti come morali dal potere in una determinata epoca. Abbiamo ben compreso che un uomo non può lanciarsi nell’avventura di fare il bene solo se riconosce e aderisce ad un Vero, scoperto nelle pieghe del reale, tanto corrispondente alle attese del cuore da mettere l’io in movimento.
 (Don Giussani: “Non conformatevi”. Intervista a Tempi 1997 | Tempi) A noi tocca essere: “tamquam scintillae in arundineto”, come scintille in un campo di stoppie, fino a far scaturire la Bellezza della Verità, che è Cristo, risposta compiuta ad ogni esigenza dell’umano.

Articoli Correlati
Vai a "Ultime news"