Condividi:

«... e mi siete venuti a trovare...»

Fonte:
CulturaCattolica.it
«… Mi riconosco
immagine passeggera,
presa in un giro immortale»
(Giuseppe Ungaretti, Sereno)

C’è nebbia, in questi giorni che chiamano estate di San Martino e tu, di questo santo cavaliere, vorresti un po’ del suo coraggio e del suo cuore buono. Di estate, però, non c’è nemmeno l’ombra. E’ tutto ovattato, qui nel nord-est: i contorni dei volti e delle cose, persino il rumore dei passi veloci sull’asfalto.
Mi intrufolo in una via secondaria per fare più in fretta e incrocio quella casa che non guardavo da un po’. Vederla sì, ci passo davanti spesso perché è vicina alla piazza, ma dalla strada la si scorge appena. Da quando lei è morta, a luglio, non ho più svoltato l’angolo per cercare l’ingresso, non c’era più motivo. Lo facevo prima, quando mi ritagliavo un’oretta per farle compagnia, specie da quando le sue giornate erano diventate sveglia colazione sedia a rotelle pranzo pisolino sedia a rotelle merenda tivù cena letto, e l’unica compagnia erano il Parkinson e la badante o le telefonate veloci di suo figlio, sempre lontano, sempre indaffarato.
Ci andavo e perlopiù le tenevo la mano. Avevo smesso da un po’ di chiederle di lei, di com’era Portogruaro quando era giovane, o di cosa fosse fare la maestra tra gli anni ’40 e gli anni ’70. Prima mi insegnava ricette di cucina, o mi mostrava orgogliosa i suoi ricami, o i lavori a ferri o a uncinetto. Quando le mani hanno cominciato a tremare e doveva essere aiutata in tutto, ho smesso di ricordarle gli hobby e, senza bisogno di dircelo, dal fare ci eravamo concentrate sull’essere, anzi sull’essenza. Di insegnanti, di donne, di mogli, di madri.
Nell’ultimo periodo le parlavo di me, della mia famiglia: i figli, il lavoro, i libri che stavo leggendo… O le parlavo dei miei genitori, suoi grandissimi amici. Era un po’ come avvicinare gli uni all’altra, e poi viceversa, quando ai miei raccontavo dei miei incontri con lei.
Così fino all’ultimo. Fino agli ultimi ricoveri in ospedale, fino alle ultime visite a casa. Siamo state una presenza l’una per l’altra, da che ci siamo conosciute, e correva l’anno 1975. L’8 luglio è morta, di sera; la mia mamma era accanto a lei. Poi il funerale e il cimitero, ed è lì che quando posso vado a salutarla. E nel momento della preghiera.
Oggi, due furgoni parcheggiati davanti all’ingresso attirano la mia attenzione. Guardo i balconi di legno scuro, come a sperare di vederli, finalmente, aperti. (Forse non è vero, mi dico, che se ne è andata per sempre… Forse c’è vita, ancora, lì dentro…) E mentre tace, la casa, accatastate nel furgone, in mezzo ad altri oggetti di legno e ferro vecchio, gambe all’aria spuntano vecchie sedie dalla paglia consumata. Mi avvicino. Un operaio fuma, forse è in pausa. Hanno sgombrato la casa (le cose più belle le ha portate via il figlio), stanno svuotando il garage. E il suo bel giardino lungo il fiume, dove portavo mia sorella – aveva solo un anno quando ci siamo trasferiti qui, ed io, di undici anni più grande, quella volta giocavo a fare la mamma – quel giardino dove ho lasciato correre liberi i miei figli senza i pericoli della strada, ora è rimasto quasi senza erba, schiacciata dai cingoli e dalle ruote della macchine da lavoro (e l’angolo dei mughetti? e le ortensie? e le sue piante di rose?...)
E’ vuoto di lei e di tutto, ormai, questo giardino, orfana la sua casa, che entravi ed era piena di foto, di libri, di ricami, di ricordi, e sapeva di lei. Gli oggetti, venduti svenduti regalati.
Sgombrano, gli operai. Non sanno perché, non sanno per chi. Li pagano e basta, non mi dicono altro.
Parcheggeranno altri camion, entreranno altri mobili, altre persone, altre storie, in questa casa che è lei ma non sarà più la stessa. Così è la vita.
Passiamo. Noi, le nostre cose. Ma è questo il destino: cimitero, robivecchi, discarica, oblio?
Saluto gli operai con un sorriso (chissà cosa pensano, mi dico, di questa che non si sa chi sia e viene qui a curiosare…) e mentre mi stringo più forte alla mantella – un brivido mi percorre la schiena – riprendo il cammino con una domanda nel cuore. E io, per cosa vivo? Per Chi?

Vai a "Ultime news"