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Regalare un rene come prestare un utero

Fonte:
CulturaCattolica.it
«Non voglio condurvi, inesperto e ardente come ero io allora, a una sicura rovina. Imparate da me – se non dai miei consigli, dal mio esempio – quanto pericoloso sia l’acquisto della scienza, quanto più felice sia chi crede mondo la sua città, di chi aspira a elevarsi più di quanto la sua natura consenta»
(Mary Shelley, Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno)

Non è un incubo, no. Forum, 7 ottobre 2015.
Una giovane donna, Alessandra, chiama in causa il marito Alessandro perché vorrebbe avere il suo consenso per andarsene nove mesi negli Stati Uniti. Uno stage? Un viaggio di lavoro, di studio, di piacere? Macché. In Italia la maternità surrogata è vietata e Alessandra si è offerta di “prestare” (!) il proprio utero alla madre quarantenne che non può più avere figli a causa di una isterectomia, ma vorrebbe tanto soddisfare il desiderio di paternità del nuovo compagno. Lui, Jerry, di suo ci metterebbe il seme, e vuoi non trovare negli Stati Uniti un gamete femminile da acquistare, più uno straccio di medico che metta insieme i pezzi? Fecondazione in laboratorio e poi entrerebbe in scena la figlia, disposta a farsi impiantare l’embrione (di suo fratello) e a portare avanti la gravidanza. Dopo il parto, un po’ di scartoffie e poi tutti in Italia con il bebè.
Ascolto e aspetto che qualcuno del pubblico o da casa prenda coraggio e denunci l’abominio. Invece no. Tizia dice che, in fondo, del proprio corpo è giusto fare quel che si vuole, Caia (anzi, Antonella) scrive da casa che non c’è problema: come si dona il proprio plasma o il midollo agli sconosciuti, «mi spiegate perché se regalo un rene è un atto d’amore e se presto un utero no?» Una plaude alla generosità della figlia, un’altra spezza una lancia in favore di Elisa, la madre, che a seguito di un incidente, ora, poveretta, è sterile per sempre. «Provate a mettervi nei suoi panni, voi che sterili non siete». E poi, perché privare il compagno del legittimo diritto alla paternità?
In studio si mormora, una donna scuote la testa. Beh, dai, Alessandro, il giovane marito, potrebbe fare un piccolo sacrificio e andare neve mesi negli Stati Uniti con Lorenzo, il figlioletto di due anni, oppure cosa vuoi che sia, nove mesi passano presto: con Skype ci si può vedere tutti i giorni. Eh, no, dice qualcun altro. Alessandro ha ragione. Begli egoisti, Elisa e Jerry, che mettono zizzania nella coppia e chiedono ad Alessandra di starsene lontana dalla nuova famiglia.
Ascolto e vorrei darmi un pizzicotto. Nessuno, a parte Alessandro, parla del bambino che si sta progettando come il dottor Frankenstein nel buio della notte ossessivamente architettava la “sua” creatura. Nessuno (possibile!) prova a immedesimarsi in quel bambino progettato, manco fossimo a Bake off, dove si fanno le gare di torte: un cincinin di seme italiano, un uovo americano, lo impastiamo in laboratorio, lo mettiamo in “forno” nove mesi…
Sogno o son desta?
Nessuno che chiede di mettersi nei panni di quel bambino che, appena in grado di intendere, guardando la donna che l’ha tenuto in grembo – sua madre! – scoprirà che è anche sua sorella e che però un’altra mamma è in giro per l’America e non saprà mai che volto ha. Poi volterà il faccino verso la donna che si fa chiamare mamma ma mamma non è, perché scoprirà che non viene da un suo ovulo, né dal suo ventre. Ma che problema c’è, dice qualcuno in sala. E gli adottati? Anche loro non hanno nulla della donna che chiamano mamma. Sì, è vero. Ma solitamente nessuna nonna è così folle da farsi chiamare mamma!
Qualcuno, verso la fine, butta là qualche perplessità, ma guardi e capisci che nel mare magnum del pensiero unico politicamente corretto si annebbia il cervello: chi d’istinto vorrebbe dire che non si fa, che è un’azione egoistica e contro-natura si guarda bene dal dirlo, perché adesso non si può più dire che qualcosa è “contro-natura”. Minimo ti rispondono che se la pensi così allora non conosci il mondo animale, o vegetale, dove la natura si sbizzarrisce in mille modi fantasiosi, sei tu che sei monotono, retrogrado, oscurantista (omofobo, no, stranamente qui non c’azzecca).
Ah, sì, “contro-natura”, ti dicono? Allora lascia fare la natura e non usare medicine, non curare il cancro, non accendere le luci, il computer, vattene in giro a piedi… e giù una carriola di esempi, uno più scemo dell’altro.
C’è qualche faccia contratta, lo vedi qualcuno pensoso, ma non ha coraggio di manifestare ad alta voce le proprie perplessità. Siamo in televisione, che figura ci farei? E poi la conduttrice, Barbara Palombelli, l’ha detto che «sentire un coro di no» non le interessa. Zitti tutti e state buoni se potete.
E così, in sintesi, è questo che passa in tivù.
Alessandra insiste con gli slogan l’utero è mio, il mio corpo è mio, io comando me stessa, dobbiamo evolvere, siamo nel 2015, portare in grembo mio fratello mi rende onorata, posso dare un figlio a questa famiglia che tanto lo desidera e in fondo anch’io lo voglio questo fratello…
Jerry, il patrigno, dice che vuole «un figlio a tutti i costi» (sì, dice proprio così, e infatti in studio i costi per comprare un bambino negli stati Uniti vengono fuori: dai 120 ai 150 mila dollari). E’ così determinato che è pure disposto a indebitarsi, ma avere un figlio – ripete più volte – è un suo diritto. Adottare è un iter troppo lungo e invece questo bambino «sarebbe tutto nostro», incalza. «Con il patrimonio genetico della famiglia».
Elisa, sterile a seguito dell’isterectomia dopo un grave incidente, in cui aveva perso un bimbo di poche settimane, racconta la sua depressione e pure il tentativo di suicidio. Non le interessano le rimostranze del genero e dice che «questa maternità condivisa sarebbe un legame che consolida ancora di più la sua famiglia» (!) poi, convinta di portare dalla sua il pubblico, butta lì un pezzo da novanta (ma solo Alessandro si scandalizza): «questo bambino sarebbe un privilegiato. In America gli ovuli vengono controllati: il bambino non avrà malattie genetiche». Silenzio in studio. La ciliegina eugenetica non irrita nessuno.
L’unico a manifestare coscienza critica (vox clamantis in deserto) è Alessandro, genero di Elisa e giovane marito di Alessandra, che non si stanca di dice pane al pane: «è una follia, non c’è cosa più pazzesca di essere madre e sorella della stessa creatura; è un’azione amorale, contro-natura, roba da supermercato. Facciamolo in fabbrica direttamente». Alessandro manifesta preoccupazione per la salute della moglie e non esita a ripetere la verità, e cioè che questo bambino si troverebbe con tre madri, che Alessandra verrebbe usata come contenitore, che questa procedura «è un baraccone che neanche il circo». Ripete che un figlio si fa tra due adulti consenzienti che si amano, non in provetta, e che per egoismo Elena, Jerry e Alessandra stanno prendendo decisioni pesanti sulla pelle del bambino che nascerà.
Mi aspetto che almeno il giudice riporti la questione fuori dalla menzogna che si sta parlando solo del diritto della madre di avere (comprare) un altro bambino o del diritto del suo compagno di essere padre, o del diritto della figlia di decidere che farsene del suo corpo. Aspetto che dia una svegliata ai contendenti e al pubblico in studio e a casa, e parli finalmente di chi è senza voce. Almeno lei, mi chiedo, prenderà le difese del nascituro? E aspetto.
Entra il giudice, Giovanna de Virgiliis. In sintesi e con parole mie. In Italia la maternità surrogata non è ammessa, ma nessuno può impedire che Alessandra vada in America e però se va e il marito si scoccia, lui potrà chiedere la separazione con addebito, ergo la di lei domanda non può essere accolta. Poi accenna genericamente a «problemi connessi al riconoscimento successivo del concepito». Punto.
E la conduttrice, Barbara Palombelli? Dulcis (si fa per dire) in fundo.
La conduttrice aveva esordito, a inizio trasmissione, dicendo che il tema è molto difficile da trattare perché «chi siamo noi per giudicare?, lo ripeteremo fino alla fine». Più volte, in verità, dice che la pratica della maternità surrogata è «sconvolgente», ed è vero che in trasmissione ha invitato il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, che è pure medico e vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica, che con chiarezza parla di «commercio e utilizzo del corpo femminile» e, riferendosi alla GPA, di «rivoluzione epocale nella storia dell’umanità». Ma la conduttrice ripete un sacco di volte che «bisogna fare un passo avanti». Dice che «questa possibilità che oggi sembra una follia magari tra dieci anni sarà praticata e ci troveremo a convivere con tanti figli nati in questo modo, per cui va fatto un passo avanti e dobbiamo aprire la mente perché tante procedure sono entrate nella consuetudine della medicina e della scienza a prescindere dal giudizio etico, che è un’altra cosa».
No, non è un incubo. Forum, 7 ottobre 2015.
Così va il mondo. Così vanno televisione, radio, cinema, quotidiani, i periodici che sfogliamo dal parrucchiere. Si chiama mitridatismo. Piccole dosi quotidiane di velenoso pensiero unico che obnubila le coscienze, non fa più distinguere bene e male, vero e falso… L’esito è l’assuefazione. Così va anche in (certa) Chiesa. Vuoi che tra il pubblico non ci fosse nessun cattolico? Statisticamente impossibile. Nessuno straccio di cattolico che avesse niente da dire? Ah, già. La risposta l’ha data la cattolica Palombelli. (Cattolica, sì. Una prova? Proprio all’inizio della trasmissione aveva fatto un lungo panegirico sulla scala santa di Campli «è faticoso fare una scala in ginocchio, io l’ho fatta ed è molto dura»).
Eccola, la “cattolica” Barbara Palombelli. «La coscienza è una cosa, il tribunale della coscienza è quello che abbiamo dentro di noi: noi rispondiamo alla nostra religione alle nostre idee, ma la legge deve dare un nome alle cose. Se esistono, questi bambini, devono nascere e avere tutti i diritti».
Chi sono io per giudicare?, aveva detto all’inizio. Facciamo un passo avanti. E infatti. Tutta la trasmissione è stato un passo avanti, e poi un altro, e un altro ancora. Sì, verso il baratro. Sbrodolamenti sugli (pseudo) “diritti” degli adulti, e chi se ne frega dei bambini.
 
N.B. Alla prova della bilancia, Alessandra ha avuto dalla sua solo tre persone del pubblico: la stragrande maggioranza si è dimostrata dalla parte di Alessandro, segno che quando il gioco si fa serio e si vota, testa e cuore sanno da che parte andare. Sono certa che la proporzione in studio rappresenta l’Italia, ma a chi è chiamato a varare le leggi frega cosa pensano gli italiani?

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