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Riscoprire l'amore vero

Fonte:
CulturaCattolica.it

Dalla lettura di recenti o più datate dichiarazioni di sacerdoti, prelati e religiosi, nascono stupore, tristezza, sconcerto, così che la parola sembra fermarsi in gola, allorché si vede celebrata l’esigenza di relazioni contro natura. La sorpresa sorge dal fatto che dalla bocca di tali relatori ci si aspetterebbero considerazioni opposte, vale a dire in sintonia con il Vangelo e con la verità dell’uomo; la tristezza, poi, sgorga dal cuore allorché si percepiscono tra le righe, spesso, sofferenza insieme a miseria e confusione; lo sconcerto, infine, assale l’anima per una serie di motivi sui quali ritengo valga la pena soffermarsi.
Tali affermazioni sono in netto contrasto con la realtà della scelta di consacrazione a Dio. Non è nelle mani dei sacerdoti, infatti, che scende tutti i giorni l’Amore eterno e indefettibile che ha dimostrato tale tenerezza e zelo per gli uomini da soffrire per noi in modo indescrivibile, per ridonarci la felicità da noi perduta dopo il peccato? E nelle aperte dichiarazioni di alcuni, se ho compreso bene, si manifesta il bisogno di avere l’amore forte di un uomo, quasi non se ne potesse fare a meno, quasi fosse un’ingiustizia il privarsene. Tutti noi abbiamo delle necessità affettive, ma come si può pensare che un consacrato, che ha scelto, si presume, liberamente, di donare tutto se stesso a Dio, Bene sommo, Verità eterna, Amore ardentissimo, non sappia bene che la risposta di Dio alla donazione totale dell’uomo a Lui è un Amore, una Tenerezza, una Dolcezza che superano di gran lunga quelli del migliore degli uomini, così che anche lo sposo più fedele non è che un pallido riflesso dello Sposo divino? Non pensiamo pertanto che l’abbraccio del Redentore alla Sua creatura non sia capace di colmare tutte le sue attese, anche quelle di lenire tutte le sue ferite, le sue paure, i suoi mali. Non erano i farisei coloro che non credevano alla potenza di Gesù, pur vedendolo all’opera nelle guarigioni, pur vedendo i Suoi occhi pieni di misericordia verso i malati e i peccatori? Figuriamoci poi se tale disposizione del nostro Redentore verso le Sue creature viene paragonata ad amori che non hanno nulla a che fare con la donazione totale propria della vera sponsalità…
Vediamo come le suddette affermazioni sono lontanissime dalla vera misericordia, come pure da quel Vangelo che troppo spesso viene contrapposto alla cosiddetta ‘dottrina’. Quest’ultima, in realtà, di quel Vangelo è il succo prezioso: si spiega, infatti, col termine latino ‘doceo’ che significa ‘insegno’. Che cosa faceva Gesù, invero, oltre a fare guarigioni, liberazioni da demoni, se non insegnare, Lui che si faceva chiamare a buon diritto ‘Rabbi’? La dottrina cattolica non è l’insegnamento di Gesù? E Lui non ha insegnato, dicendo: “Non leggeste che Colui che creò fin dall’inizio, li fece maschio e femmina..?”, così da rivelare, insieme, la realtà della nostra natura come è uscita dalle mani del Creatore, che l’ha voluta così e non in altro modo, e la verità dell’amore umano, che nel matrimonio unisce il maschio e la femmina al punto da farli diventare una carne sola, una realtà inscindibile, immagine dell’Amore trinitario, nella loro complementarietà? Come può un prelato o un religioso non riconoscere l’analogia tra questo amore legittimo e ben ordinato secondo la Volontà e la Sapienza del Creatore a somiglianza dell’Amore di Cristo verso la Chiesa e l’amore oblativo di chi, con cuore indiviso, si offre totalmente a Dio, così da rappresentare per i fratelli l’immagine vivente del Regno futuro? Come può non vivere, seppur in modo iniziale, già dentro la realtà dell’Amore travolgente, trasformante di un Dio che ha detto che chi avrà lasciato tutto per il Regno di Dio, troverà il centuplo su questa terra e la vita eterna in Cielo? E come fa un sacerdote, un religioso a mostrare questo ‘centuplo’ che ha ricevuto se va ad elemosinare i pochi spiccioli che forse può dare un ‘amore’ inficiato di egoismo e miseria come quello tra due uomini? Che immagine darà del Gesù evangelico? Forse quella di un povero uomo le cui parole e promesse non hanno nessun valore. Certo non renderà ai fratelli laici l’immagine di un Dio potente e misericordioso che sa che cosa è l’Amore, tanto da sprigionarlo da ogni atto e parola da Lui compiuti, fino a ricolmarne ogni anima ben disposta; certo non l’immagine di un Dio che ha a cuore le Sue creature tanto da desiderare fino all’ultimo respiro di unirsi a loro come Cristo stesso è unito al Padre, secondo quanto gridò nell’orto degli ulivi, mentre sudava sangue. Ma tali consacrati sono consapevoli che Cristo è Dio? Sanno donare all’uomo il vero nucleo della missione di Cristo e ciò che si nasconde nel Suo Cuore? O piuttosto non mascherano sotto parole come ‘misericordia’ e ‘amore’ concetti ben diversi come ‘complicità’ e ‘lussuria’?
«Amiamo dunque Dio e adoriamolo con cuore puro e mente pura, poiché egli stesso, ricercando questo sopra tutte le altre cose, disse: I veri adoratori adoreranno il Padre nello Spirito e nella verità (Gv 4,23). Tutti infatti quelli che lo adorano, bisogna che lo adorino nello spirito (Cfr. Gv 4,24) della verità.
 Ed eleviamo a lui lodi e preghiere giorno e notte (Sal 31,4), dicendo: “Padre nostro, che sei nei cieli” (Mt 6,9), poiché bisogna che noi preghiamo sempre senza stancarci (Lc 18),
 Dobbiamo anche confessare al sacerdote tutti i nostri peccati e ricevere da lui il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo. Chi non mangia la sua carne e non beve il suo sangue, non può entrare nel regno di Dio (Cfr. Gv 6,55.57 e Gv 3,5). Lo deve però mangiare e bere degnamente, poiché chi lo riceve indegnamente, mangia e beve la sua condanna, non discernendo il corpo del Signore (1Cor 11,29), cioè non distinguendolo dagli altri cibi.…Invece, tutti coloro che non vivono nella penitenza, e non ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e compiono vizi e peccati, e che camminano dietro la cattiva concupiscenza e i cattivi desideri, e non osservano quelle cose che hanno promesso, e servono con il proprio corpo il mondo, gli istinti della carne, le cure e preoccupazioni del mondo e le cure di questa vita, ingannati dal diavolo di cui sono figli e ne compiono le opere (Cfr. Gv 8,49), costoro sono ciechi poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo.
Questi non posseggono la sapienza spirituale, poiché non hanno in sé il Figlio di Dio, che è la vera sapienza del Padre. Di essi dice la Scrittura: “La loro sapienza è stata divorata” (Sal 106,27). Essi vedono, conoscono, sanno e fanno il male e consapevolmente perdono le loro anime.
Vedete, o ciechi, ingannati dai nostri nemici, cioè dalla carne, dal mondo e dal diavolo, che al corpo è dolce fare il peccato ed è cosa amara servire Dio, poiché tutte le cose cattive, vizi e peccati, escono e procedono dal cuore degli uomini (Cfr. Mt 7,21.23; 15,18-19), come dice il Signore nel Vangelo. E così non possedete nulla né in questo mondo né nell’altro. Credete di possedere a lungo le vanità di questo secolo, ma vi ingannate, perché verrà il giorno e l’ora che non pensate, non conoscete e ignorate (Cfr. Mt 24,44; 25,13)». Queste parole vengono dalla bocca di chi fece del Vangelo sine glossa (cioè senza commento, così com’è) e di Gesù la sua stessa vita; di chi non possedette altro se non Cristo e Cristo crocifisso così da avere impresse nella sua carne le ferite del suo Signore. Queste parole sono di san Francesco scritte nella Lettera ai fedeli (Seconda recensione). Ma ascoltiamo anche quanto scrisse nella prima recensione della medesima lettera:
«Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando fanno tali cose [cioè tutti coloro che amano il Signore… (come sopra)] e perseverano in esse; perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore (Cfr. Is 11,2) e farà presso di loro la sua abitazione e dimora (Cfr. Gv 14,23); e sono figli del Padre celeste, del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri (Cfr. Mt 12,50) del Signore nostro Gesù Cristo. Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo. Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli (Mt 12,50). Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio (Cfr. Mt 5,16).
Oh, come è glorioso, santo e grande avere in cielo un Padre!
Oh, come è santo, fonte di consolazione, bello e ammirabile avere un tale Sposo!
Oh, come è santo e come è caro, piacevole, umile, pacifico, dolce, amabile e desiderabile sopra ogni cosa avere un tale fratello e un tale figlio, il Signore nostro Gesù Cristo,…
E in qualsiasi luogo, tempo e modo l’uomo muore in peccato mortale, senza aver fatto penitenza e dato soddisfazione, se poteva darla e non lo ha fatto, il diavolo rapisce l’anima di lui dal suo corpo, con una angoscia e tribolazione così grande, che nessuno può sapere se non colui che la prova.
E tutti i talenti e il potere e la scienza e sapienza (Cfr. 2Cr 1,12), che credevano di possedere, sarà loro tolta (Cfr. Lc 8,18; Mc 4,25). E lasciano tutto ai parenti e agli amici. Ed ecco, questi si sono già preso e spartito tra loro il patrimonio di lui, e poi hanno detto: “Maledetta sia la sua anima, poiché poteva darci di più e procurarsi di più di quanto si è procurato!”. I vermi mangiano il cadavere, e così hanno perduto il corpo e l’anima in questa breve vita e andranno all’inferno, dove saranno tormentati eternamente (Cfr. Lc 18,24)».
Ecco quanto andava predicando il popolarissimo quanto poco conosciuto san Francesco, il quale conosceva Cristo e le autentiche esigenze del vero Amore, perché in esso era penetrato durante notti insonni di preghiera, digiuni, aspre penitenze, così da mortificare i disordinati appetiti della carne che macerava in modo tanto gradito a Dio da ‘costringerlo’ a compiere il miracolo del roseto senza spine. La sua era la vera anima, sposa di Cristo, perché egli era riuscito a passare attraverso la Croce delle sue solitudini, dei disprezzi dei suoi confratelli fino a giungere alla perfetta letizia dell’unione con Gesù, nella contemplazione, mediante lo Spirito santo. E proprio dal Cuore di Cristo egli prende queste parole e le semina ai suoi fratelli laici per elevarli alle altezze a cui era arrivato lui. Ebbene, a quali bassezze è giunta, al contrario, la nostra tradizione spirituale? Al punto da confondere l’amore evangelico con quello della carne, al fine di giustificarlo? E questo col disprezzo per le innumerevoli schiere di santi sacerdoti, religiosi, fedeli laici, martiri di ogni condizione, che hanno sacrificato inclinazioni, attese umane, bisogni affettivi e spesso la vita stessa per conquistare quella perla preziosa, che è nascosta ai più. Il loro grido, però, si eleva ancora in alto e certamente più forte, al di sopra dei miseri bisbiglii delle voci fuori dal coro, per testimoniare quanto valga di più quella rispetto ad ogni piacere apparente e momentaneo che possa offrire il male, quello stesso che ora copriamo sotto il velo di bene per giustificare i nostri interessi, le nostre voglie.

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