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Rimediare al crollo delle evidenze

Autore:
Mondinelli, Andrea
Fonte:
CulturaCattolica.it
Voi figlioli, pregate e lottate contro le tentazioni e contro tutti i piani malvagi che satana vi offre tramite il modernismo. Siate forti nella preghiera e con la croce tra le mani pregate perché il male non vi usi e non vinca in voi

Rimediare al crollo della società è impresa superiore alle sole forze umane. È necessario ricostruire il tessuto della tradizione lacerato da un insegnamento fallace e antirazionale e dall’abrogazione delle buone leggi. Possiamo ed è necessario abrogare le leggi ingiuste e proporre leggi buone, ma come ricostruire la tradizione distrutta? Eppure è necessario, perché come ricordava K. Popper: “Le istituzioni da sole non sono mai bastate, se non sorrette da delle tradizioni”.
Il relativismo è un veleno terrificante ed è pernicioso perché, “innalzando” ogni opinione a verità, di per sé la nega. L’atteggiamento relativistico porta alla tesi che tutte le opinioni sono intellettualmente ugualmente sostenibili. Tutto è permesso. Questo implica l’elevazione del desiderio a diritto umano. La distruzione della tradizione rende la democrazia semplicemente un’impalcatura vuota che può essere riempita a piacimento (per questo i laicisti europei hanno rifiutato di riconoscere le radici cristiane dell’Europa) e le istituzioni servono solamente a nascondere la dittatura del relativismo o dittatura del ‘diritto-desiderio’. Questo occultamento funziona: stiamo già percorrendo questa strada e pochi se ne rendono conto. La voce più alta, se non l’unica, che si oppone a questa follia è la Chiesa cattolica, non a caso accusata sempre più spesso di essere intollerante. Purtroppo, oggi, esistono molte voci stonate anche all’interno della stessa Chiesa cattolica. Il veleno del relativismo è stato inoculato già da parecchi anni ed ha un preciso nome: MODERNISMO, che è di un’attualità spaventosa e come denso fumo cerca di soffocare la Chiesa. Ora vi offrirò il criterio di giudizio per comprendere questa realtà, l’italiano è un po’ arcaico, abbiate pazienza: la citazione è lunga ma assolutamente necessaria.
Insegna San Pio X nell’enciclica Pascendi dominici gregis (1907):

Vero è che l'agnosticismo non costituisce nella dottrina dei modernisti se non la parte negativa; la positiva sta tutta nell'immanenza vitale.
[…] Or, tolta di mezzo la naturale teologia, chiuso il cammino alla rivelazione per il rifiuto dei motivi di credibilità, negata anzi qualsivoglia esterna rivelazione, chiaro è che siffatta spiegazione indarno si cerca fuori dell'uomo. Resta dunque che si cerchi nell'uomo stesso; e poiché la religione non è altro infatti che una forma della vita, la spiegazione di essa dovrà ritrovarsi appunto nella vita dell'uomo. Di qui il principio dell'immanenza religiosa. Di più, la prima mossa, per così dire, di ogni fenomeno vitale, quale si è detta essere altresì la religione, è sempre da ascrivere ad un qualche bisogno; i primordi poi, parlando più specialmente della vita, sono da assegnare ad un movimento del cuore, o vogliam dire ad un sentimento. Per queste ragioni, essendo Dio l'oggetto della religione, dobbiamo conchiudere che la fede, inizio e fondamento di ogni religione, deve riporsi in un sentimento che nasca dal bisogno della divinità. Il quale bisogno, non sentendosi dall'uomo se non in determinate ed acconce circostanze, non può di per sé appartenere al campo della coscienza: ma giace da principio al di sotto della coscienza medesima o, come dicono con vocabolo tolto ad imprestito dalla moderna filosofia, nella subcoscienza, ove la sua radice rimane occulta ed incomprensibile. Che se si chieda in qual modo da questo bisogno della divinità, che l'uomo provi in se stesso, si faccia poi trapasso alla religione, i modernisti rispondono così. La scienza e la storia, essi dicono, sono chiuse come fra due termini: l'uno esterno, ed è il mondo visibile; l'altro interno, ed è la coscienza. Toccato che abbiano o l'uno o l'altro di questi termini, non hanno come passare più oltre; al di là si trovano essi a faccia dell'inconoscibile. Dinanzi a questo inconoscibile, o sia esso fuori dell'uomo oltre ogni cosa visibile, o si celi entro l'uomo nelle latebre della subcoscienza, il bisogno del divino, senza verun atto della mente, secondo che vuole il fideismo, fa scattare nell'animo già inclinato a religione un certo particolar sentimento; il quale, sia come oggetto sia come causa interna, ha implicata in sé la realtà del divino e congiunge in certa guisa l'uomo con Dio. A questo sentimento appunto si dà dai modernisti il nome di fede , e lo ritengono quale inizio di religione.
Ma non è qui tutto il filosofare, o, a meglio dire, il delirare di costoro. Imperocché in siffatto sentimento essi non riscontrano solamente la fede: ma colla fede e nella fede stessa quale da loro è intesa, sostengono che vi si trovi altresì la Rivelazione. E che infatti può pretendersi di vantaggio per una rivelazione? O non è forse rivelazione, o almeno principio di rivelazione, quel sentimento religioso che si manifesta d'un tratto nella coscienza? Non è rivelazione l'apparire, benché in confuso, che Dio fa agli animi in quello stesso sentimento religioso? Aggiungono anzi di più che, essendo Iddio in pari tempo e l'oggetto e la causa della fede, la detta rivelazione è al tempo stesso di Dio e da Dio: ha cioè insieme Iddio e come rivelante e come rivelato. Di qui, Venerabili Fratelli, quell'assurdissimo effato dei modernisti che ogni religione, secondo il vario aspetto sotto cui si riguardi, debba dirsi egualmente naturale e soprannaturale. Di qui lo scambiar che fanno, come di pari significato, coscienza e rivelazione. Di qui la legge, per cui la coscienza religiosa si dà come regola universale, da porsi in tutto a pari della rivelazione, ed alla quale tutti hanno obbligo di sottostare, non esclusa la stessa autorità suprema della Chiesa , sia che ella insegni, sia che legiferi in materia di culto o di disciplina.
[…] Sono uomini cattolici, sono anzi sacerdoti non pochi che così la discorrono pubblicamente; e con siffatti delirii si dànno vanto di riformare la Chiesa! Qui, non trattasi più del vecchio errore, che alla natura umana concedeva quasi un diritto all'ordine soprannaturale. Si va assai più lungi; sino cioè ad afferrare che la religione nostra santissima, nell'uomo Cristo del pari che in noi, è frutto interamente spontaneo della natura. Del quale asserto non sappiamo qual sia mezzo più acconcio per sopprimere ogni ordine soprannaturale. Perciò con somma ragione il Concilio Vaticano pronunziò: "Se alcuno dirà, non poter l'uomo essere elevato da Dio a una conoscenza e perfezione che superi la natura, ma potere e dovere di per sé stesso, con un perpetuo progresso, giungere finalmente al possesso di ogni vero e di ogni bene, sia anatema" (De Revel., can. III).

[…] Non è lecito pertanto in niun modo sostenere che esse esprimano una verità assoluta : essendoché, come simboli, sono semplici immagini di verità, e perciò da doversi adattare al sentimento religioso in ordine all'uomo; come istrumenti, sono veicoli di verità, e perciò da acconciarsi a lor volta all'uomo in ordine al sentimento religioso. E poiché questo sentimento, siccome quello che ha per obbietto l'assoluto, porge infiniti aspetti, dei quali oggi l'uno domani l'altro può apparire; e similmente colui che crede può passare per altre ed altre condizioni, ne segue che le formole altresì che noi chiamiamo dogmi devono sottostare ad uguali vicende ed essere perciò variabili . Così si ha aperto il varco alla intima evoluzione dei dogmi. Infinito cumulo di sofismi che abbatte e distrugge ogni religione!

[…] Infatti fra i capisaldi della loro dottrina vi è ancor questo, tratto dal principio dell'immanenza vitale: che le formole cioè religiose, perché tali siano in verità e non mere speculazioni dell'intelletto, è mestieri che sieno vitali e che vivano della stessa vita del sentimento religioso. Il che non è da intendersi quasiché tali formole, specie se puramente immaginative, sieno costruite a bella posta pel sentimento religioso; giacché poco monta della loro origine, come altresì del loro numero e della loro qualità; ma cosi, che le stesse, fatte se occorre all'uopo delle modificazioni, vengano vitalmente assimilate dal sentimento religioso. E per dirla in altri termini, fa di mestieri che la formola primitiva sia accettata e sancita dal cuore, e che il susseguente lavorio per la formazione delle formole secondarie sia fatto sotto la direzione del cuore.
Oh! Veramente ciechi e conduttori di ciechi, che, gonfi del superbo nome di scienza, vaneggiano fino al segno di pervertire l'eterno concetto di verità e il genuino sentimento religioso
: "spacciando un nuovo sistema, col quale, tratti da una sfrontata e sfrenata smania di novità, non cercano la verità ove certamente si trova; e disprezzate le sante ed apostoliche tradizioni, si attaccano a dottrine vuote, futili, incerte, riprovate dalla Chiesa, e con esse, uomini stoltissimi, si credono di puntellare e sostenere la stessa verità" (Gregorio XVI, Lett. Enc."Singulari Nos", 25 giugno 1834).
E fin qua, o Venerabili Fratelli, del modernista considerato come filosofo. Or, se facendoci oltre a considerarlo nella sua qualità di credente, vogliam conoscere in che modo, nel modernismo, il credente si differenzi dal filosofo, convien osservare che quantunque il filosofo riconosca per oggetto della fede la realtà divina, pure questa realtà non altrove l'incontra che nell'animo del credente, come oggetto di sentimento e di affermazione: che esista poi essa o no in sé medesima fuori di quel sentimento e di quell'affermazione, a lui punto non cale. Per contrario il credente ha come certo ed indubitato che la realtà divina esiste di fatto in se stessa, né punto dipende da chi crede. Che se poi cerchiamo, qual fondamento abbia cotale asserzione del credente, i modernisti rispondono: l'esperienza individuale. Ma nel dir ciò, se costoro si dilungano dai razionalisti, cadono nell'opinione dei protestante dei pseudomistici. Così infatti essi discorrono. Nel sentimento religioso, si deve riconoscere quasi una certa intuizione del cuore; la quale mette l'uomo in contatto immediato colla realtà stessa di Dio, e tale gl'infonde una persuasione dell'esistenza di Lui e della Sua azione sì dentro, sì fuori dell'uomo, da sorpassar di gran lunga ogni convincimento scientifico. Asseriscono pertanto una vera esperienza, e tale da vincere qualsivoglia esperienza razionale; la quale se da taluno, come dai razionalisti, è negata, ciò dicono intervenire perché non vogliono porsi costoro nelle morali condizioni, che son richieste per ottenerla. Or questa esperienza, poi che l'abbia alcuno conseguita, è quella che lo costituisce propriamente e veramente credente. Quanto siamo qui lontani dagli insegnamenti cattolici!

Ma, oltre al detto, questa dottrina dell'esperienza è per un altro verso contrarissima alla cattolica verità. Imperocché viene essa estesa ed applicata alla tradizione quale finora fu intesa dalla Chiesa, e la distrugge.


Il cuore del modernismo è la sua immanenza religiosa nella sua assenza di distinzione tra esperienza ed avvenimento cristiano, che quest’ultimo è conglobato nella prima. Tanto che dicono che pure Nostro Signore Gesù Cristo passò tramite questa esperienza: “Né credasi già che diversa sia la sorte della religione cattolica; anzi in tutto pari alle altre: imperocché non altrimenti essa è nata, che per processo di vitale immanenza nella coscienza di Cristo, uomo di elettissima natura, quale mai altro simile si vide né mai si troverà. Nell'udir tali cose Noi trasecoliamo di fronte ad affermazioni cotanto audaci e sacrileghe!” (Pascendi dominici gregis).
Il Cardinal Newmann ha scritto che, se gli si fosse domandato di scegliere una dottrina come base della nostra fede, avrebbe risposto: “Io direi, per quanto mi riguarda, che l’Incarnazione è al cuore del Cristianesimo; è di là che procedono i tre aspetti essenziali del suo insegnamento: il sacramentale, il gerarchico e l’ascetico. Dio Figlio ha unito la sua natura divina alla nostra natura umana affinché, per riprendere le parole di una bella preghiera dell’offertorio, “possiamo divenire partecipi della sua divinità”. L’unico fondamento della religione cristiana, il suo solo asse, è il fatto storico che a un certo momento del tempo, il Verbo di Dio ha preso su di sé la nostra umanità, la nostra povertà, il nostro nulla, per donarci in cambio il potere di diventare figli di Dio. Togliete questa realtà e non resterà più niente. Per questo i modernisti odiano l’Incarnazione, perché li smaschera. Per questo è impressionante il messaggio della Madonna a Medjugorie ed ancora più impressionante il giorno scelto: 25 marzo 2015 (festa dell’Annunciazione):

Voi figlioli, pregate e lottate contro le tentazioni e contro tutti i piani malvagi che satana vi offre tramite il modernismo. Siate forti nella preghiera e con la croce tra le mani pregate perché il male non vi usi e non vinca in voi”.

Dall’enciclica di San Pio X sono passati 108 anni e nel frattempo il modernismo ha “ottimamente” lavorato per distruggere la tradizione cattolica e per privatizzare la fede nella modernistica scelta religiosa. La battaglia culturale ed un pensiero forte sono avversati perché dicono che le idee dividono. In realtà, ciò che divide è la verità, è il bene, in ultima analisi è il Cristo stesso. Esprimere la ragionevolezza dell’esistenza del bene e della verità è un dovere di ogni cristiano: rinunciarvi significa, in ultima analisi, relativizzare Gesù Cristo: l’apostasia silenziosa non è dietro l’angolo, lo ha già svoltato!
Il vero scopo, non nascondiamoci, è spazzar via dalla faccia della terra la Santa Chiesa perché nemica dell’umanità. Non ci riusciranno, ma il prezzo da pagare sarà molto salato: “Come hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”. Teniamoci pronti. La valanga in atto la fermerà solamente Nostro Signore.
Cosa fare nel concreto della nostra vita? Viaggiare sulla superficie della terra che frana non solo non è sufficiente ma è irrazionale: bisogna ancorarsi alla roccia che è Cristo, abbracciando la sua Croce. Le file che subiranno il terrificante urto, smorzeranno l’energia della valanga con il sangue del loro glorioso martirio. La soluzione essenziale è tornare, noi per primi, ad essere ciò per cui siamo stati creati. Siamo stati creati da Dio per adorarlo ora e in eterno, tutto il resto è secondario. Da compiersi, ma è secondario. Quindi a cascata:
1. Santo Sacrificio e Adorazione eucaristica.
2. Preghiera e digiuno.
3. Giudizio morale, severo, rettilineo, costante, limpido e, in un certo senso, intransigente!
4. Testimonianza di vita cristiana.
5. Ultimo, ma non ultimo: amore misericordioso verso i nostri fratelli e le nostre sorelle.

Il punto 5 è importantissimo, perché porta a compimento tutti gli altri. Invece, partire o isolare il punto 5 è un vero e proprio inganno dell’immanentismo religioso modernista. Infatti, da soli dove andremmo a prendere l’amore del Padre? Forse dalla nostra subcoscienza?
Come e a chi potremmo rendere testimonianza? Pavoneggiandoci per renderla a noi stessi?

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