Il miracolo di uno sguardo
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Nessuno ha il monopolio del movimento, che è un dono che il Signore fa alla sua Chiesa, al mondo intero, ma prima di tutto a me, a ciascuno di noi. Questo genera una responsabilità che non si può delegare, che Don Giussani ci ha insegnato e richiesto con una passione esaltante. Lui, che a nessuno ha detto di andare via dal movimento, magari soffrendo per quello che accadeva. Ho riportato sul sito CulturaCattolica.it un articolo a proposito di una affermazione di Don Giussani indicata da Borghesi come sintesi attuale del cammino del movimento. Sui social network questo articolo ha suscitato molti commenti, sia favorevoli che contrari. Per poterli vedere ho chiesto a Massimo Borghesi l’amicizia su Facebook e così mi sono trovato di fronte a molte considerazioni, che mi hanno fatto riflettere, sperando nella apertura di un dialogo serio, nella certezza che porre domande non sia una caratteristica dei nemici, ma renda possibile l’approfondimento di un cammino comune e di una crescita sostanziale. Mi ha dato conforto la risposta di Borghesi alla mia richiesta di amicizia, perché mi pare possa consentire un cammino comune. Ne riporto alcune considerazioni: «Caro don Gabriele sono lieto della sua richiesta di amicizia. Soprattutto dopo la la pubblicazione della Lettera, critica nei miei confronti, sul suo blog che ho letto ieri. Lei troverà nella mia pagina annotazioni decisamente critiche sulla lettera. Non deve sorprendersi… Sono contento, lo ripeto, della sua richiesta di amicizia. Spero che questo ci permetta, quanto meno in privato, di comunicare e di superare possibili equivoci. Sarei lieto se lei potesse leggere il mio volume su Giussani. In esso ho mostrato come le due prospettive che oggi si affrontano dentro Cl, quella della testimonianza e quella dell’impegno pubblico, non sono alternative in Giussani. Se c’è una priorità dell’una sull’altra si tratta di una priorità ideale, di un accento, non certo di un’esclusione. Né tanto meno di una contrapposizione dialettica. Se la fede investe la totalità della storia non si capirebbero le esclusioni. Un saluto molto cordiale.»
Purtroppo non tutti i commenti hanno questo tono. Ne riporto uno che mi ha fatto riflettere, perché non ha affatto il timbro e le caratteristiche che io ho imparato (e con me tanti altri) da don Giussani. Scrive Laura Rabini: «è gravissimo che ambienti cattodestrorsi manipolino e distorcano la storia del Movimento a loro uso e consumo creando questo falsissimo mito inventato di quello che sarebbe stato il movimento in passato contrapponendolo a quello che sarebbe ora, ma soprattutto che ci caschino tanti vecchi ciellini. Una cosa vomitosa. Non ci capivano allora e oggi meno che meno. Vorrebbero mimare nell’oggi azioni che, nel passato, avevano il senso di una presenza nell’ambiente (di allora, oggi profondamente cambiato), come se si trattasse di una prassi, di una pratica sportiva... vorrebbero riprodurla nell’ambiente di oggi come una saga eroica, ma con effetto tragicomico».
Non posso che riprendere quella consegna che don Giussani ha dato agli universitari in uno degli ultimi incontri. Riportava le parole di un padre ai figli: «Amate il movimento, figli miei, parlatene ai vostri figli, perché è la ricchezza più grande che vi sia stata data. Vi abbraccio».
Ripensando a questa esperienza, alla possibilità di confrontarsi, indicata da Massimo Borghesi, o alla chiusura settaria di Laura Rabini, mi è tornata in mente questa pagina bellissima di Antoine de Saint-Exupéry, che vi invito a riprendere integralmente (si trova nel libro Pilota di guerra alle pagg. 168-171) sperando che uno sguardo (e una sigaretta) facciano di più che il settarismo ideologico.
«Fu nel corso di un servizio speciale durante la guerra civile in Spagna. Avevo avuto l’imprudenza di assistere di frodo, verso le tre del mattino, a una spedizione segreta di materiale in una stazione-merci. I movimenti agitati degli uomini e una certa oscurità sembravano favorire la mia indiscrezione. Suscitai il sospetto dei miliziani anarchici. |