«Me l'ha insegnato la Madonna»
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(A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI)

Tornavo, ieri, dal Rosario delle 20.30 davanti all’Oratorio Settecentesco della Madonna della Pescheria, una graziosa costruzione in legno sulle rive del fiume Lemene, frutto dalla devozione dei pescatori. Ogni 15 agosto, in onore della Assunta, nella attigua piazzetta dietro il Municipio è festa grande. Ero in bicicletta e mi ha fermata una collega, a passeggio con il cane. “Cosa ci troveranno, cosa ci troverete ad accendere ceri davanti a un’immagine dipinta e a recitare 50 volte la stessa preghiera!?...”, mi fa, sapendo bene che stavo tornando proprio da lì.
Siccome il Cristianesimo non è una religione ma un fatto, e la fede è un incontro, ho provato a dirle “cosa ci troviamo, noi cristiani”, iniziando da Lucia Mondella, che lei conosce bene, perché insegna italiano come me. Poi però non mi sono fermata lì. Le ho raccontato alcune cose che ho visto o sentito in questi ultimi giorni, le prime che mi sono venute in mente. Queste.
Duomo di Portogruaro. Una domenica qualsiasi.
Mancano una decina di minuti all’inizio della Messa ed entra, violino in spalla, un anziano signore che accompagna l’organo. Appoggiata la custodia e lo strumento, si avvicina al penultimo altare sulla navata di destra. L’Immacolata concezione con Sant’Anna e San Floriano, un’opera del Settecento del veneziano Gregorio Lazzarini.
Nella nostra Chiesa ci sono opere di un certo valore: una Crocifissione di Palma il Giovane e altre opere della sua scuola, una copia dell’Incredulità di Tommaso di Cima da Conegliano che ora si trova alla National Gallery; c’è un bellissimo dipinto del Cinquecento con Maria che presenta Gesù al Tempio, c’è una statua settecentesca, molto venerata, della Madonna della Salute, c’è una scultura moderna che rappresenta la maternità di Maria… Lui, prima che inizi la messa, va sempre davanti al penultimo altare a destra. Una moneta, un cero, una preghiera. Perché proprio lì? Lo guardo ogni volta, e mi intenerisce la sua fedeltà, e il colloquio silenzioso con questa donna che è stata concepita senza peccato e, assunta in Cielo, ci ricorda che tutto di noi, anche il corpo, tutto ciò che abbiamo incontrato in terra: odorato, gustato, visto, toccato, ascoltato, sofferto, amato… tutto sarà salvato, per sempre.
A messa ieri, 15 agosto, poche ore prima dell’incontro con la mia collega. Davanti a me una famiglia straniera (polacca, credo). Due genitori giovani e tre splendide bambine bionde, la più grande non più di cinque anni. Tutto il tempo in silenzio: quasi un’ora senza probabilmente capire una parola. Si alzavano in piedi con noi, si sedevano con noi, con noi si sono inginocchiati (a terra) durante la Consacrazione. Anche due delle tre bambine, l’altra dormiva sul passeggino. Con noi si sono messi in fila per l’Eucaristia, con noi hanno scambiato il segno della pace. Hanno recitato sottovoce il Padre nostro nella loro lingua e con noi hanno cantato in latino Salve Regina. Uno li vede e si chiede il senso di un’ora “così”, il giorno di ferragosto. Non c’è senso, se non ci si sente figli che vanno a incontrare il Padre, e anche se non capiscono tutto sono felici per il solo fatto di essere lì, in comunione con i fratelli. “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.
Scena al mare.
Sto camminando sul bagnasciuga (la fisioterapista mi raccomanda, per la caviglia che si è fratturata, di fare esercizio sulla sabbia e in acqua, e io mi fido)… Camminavo, dicevo, e per un tratto ho avuto davanti a me una famigliola, accento veneto, forse vicentino. Mamma, papà, un figlio maschio (ultimo anno delle elementari?) e una bambina più piccola, che, confrontandola con le mie nipoti, potrebbe avere sei-sette anni.
Il primogenito cammina con un retino in mano; è scocciato, batte i piedi, piagnucola. Il padre lo riprende più volte. Intuisco che deve essere successo qualcosa mentre stava pescando vicino agli scogli. Il bambino continua con i suoi capricci e non dà segno di ascoltare gli adulti, che prima gli parlano con calma poi gli intimano di calmarsi e dicono che riprenderanno il discorso a casa. Niente. Il bambino alza la voce, il papà gli dice di smetterla una volta per tutte se no sono guai. Si allontana, il bambino, allunga il passo arrabbiato, fa zig-zag tra la gente. E’ la settimana di ferragosto, c’è caldo, e sul lungomare sembriamo sardine. Io sono dietro di loro e per un po’ seguo con lo sguardo quel bimbo arrabbiato, ma poi lo perdo. Anche la sorellina è preoccupata. Durante questo tratto di passeggiata è sempre stata in silenzio, la mano stretta a quella della mamma. Vedo che si gira verso di lei e spaventata le chiede dove è andato suo fratello. “E se si perde?” “Non ti preoccupare”, la rassicura la mamma. “Lo seguo con gli occhi, lo riconoscerei tra mille”.
Perché tutta questa gente, ogni 15 agosto, davanti alla Madonna della Pescheria? Perché i cristiani si sentono amati così, seguiti con gli occhi così. Anche quando fanno i capricci e si allontanano. Perché la Madonna, proprio come questa mamma, non ama tutti, ama ciascuno.
Maddalena, figlia di una cara amica. “Mamma, la Madonna ha insegnato a tutte le mamme a fare le mamme, Giuseppe ha insegnato a tutti i papà a fare i papà, Gesù ha insegnato a tutti i bambini a fare i bambini”.
Che cosa ci trovano, i cristiani, in Gesù, Giuseppe, Maria? Imparano da loro ad essere compiutamente ciò che sono: bambini, uomini, donne, padri, madri.
Me l’ha insegnato Maddalena, cinque anni, e io, alla mia collega, non avrei saputo dirlo meglio.