Verso quale domani vogliamo andare?
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E’ inutile stracciarsi le vesti, spiegare al mondo che riconoscere le #unioni civili porterà inevitabilmente al riconoscimento delle adozioni per le coppie #omosessuali. Noi siamo un popolo di dura cervice. Siamo capaci di farci del gran male da soli e poi lamentarci che il mondo è impazzito, come se la colpa fosse sempre degli altri, della società, ma questa benedetta società la facciamo noi.
Vi ricordate la campagna per l’abrogazione della Legge sull’aborto? La dolorosa sconfitta del mondo cattolico. Solo il 32% degli italiani NON giudicò l’aborto un delitto, gli altri vollero credere che si trattava di una scelta di libertà. La libertà delle donne, stuprate, usate da mariti violenti, donne incapaci di portare a termine una gravidanza difficile e quindi “libere” di scegliere di cancellare quel figlio e ripartire come donne nuove. A distanza di anni, solo chi ha gli occhi chiusi e la mente annebbiata, non riconosce che i numeri degli aborti in Italia dichiarano palesemente che si fa un abuso di questa legge e noi non abbiamo saputo adoperarci perché la legge fosse applicata interamente abbiamo dimenticato che la legge si proponeva anche di aiutare le donne a superare i problemi che le portavano a scegliere di non diventare madri. (Dati ISTAT del 2012 pubblicati 30.10.2014, dicono che per una popolazione di 60.600.000 abitanti ci sono state 102.644 interruzioni di gravidanza).
Insomma, a noi piace lasciarci una porta aperta. “Io non lo farò mai, ma perché negare questa libertà a chi vorrebbe farlo?” Era una delle frasi standard che si dicevano negli anni in cui si combatteva per l’abrogazione della legge per l’interruzione della gravidanza.
Del resto era stato così anche per il divorzio. Si immaginava che la Legge sul divorzio avrebbe liberato le donne dal giogo della famiglia, ci sarebbero state solo famiglie felici perché chi aveva problemi avrebbe finalmente avuto la possibilità di rifarsi una vita. E’ così? Siamo tutti più felici? Io dico che si è smesso di investire sulla famiglia, che abbiamo dato vita a una società precaria, spaventata, dove ci si sposa lasciando la porta aperta – se non funziona, si esce – e non investendo sul progetto famiglia, dove si segue il battito del cuore e quando la passione si affievolisce non ci si guarda in faccia, non ci si chiede che fine ha fatto quel battito del cuore, ma ci sente legittimati a riprovare con un’altra storia o semplicemente a stare da soli. I figli? Si pensa sempre che capiranno, che staranno meglio con i genitori separati ma sereni. Leggete il libro “Ascoltami. Le parole dei figli spezzati”, L’autrice Michela Capone è magistrato presso il Tribunale per i minori di Cagliari.
Come adulti dobbiamo anche avere il coraggio di guardare alla nostra vita e alle nostre responsabilità, al dolore che provochiamo. Lo so, lo so, ci sono migliaia di casi limite da citare, in cui il divorzio è “la soluzione” ma davvero tutti questi divorzi sono la soluzione?
Ora tocca alle unioni civili, breccia nel muro per le adozioni omosessuali.
Ce la faranno, io non sono pessimista, sono realista. Siamo inzuppati di nichilismo, di libertarismo. - Che male c’è? – dice la gente.
- Prima chiedetevi che bene c’è? – diceva un santo prete.
Che società stiamo costruendo, di figli che vivono la lacerazione della famiglia, di figli che avranno due padri, due madri e poi la madre e la nuova compagna della madre e il padre e il nuovo compagno del padre. Perché se siamo tutti uguali, le coppie omosessuali avranno la stessa propensione al rifarsi una vita ad amore finito. Di figli nati nella pancia di una donna che poi non li ha tenuti stretti al cuore nemmeno un attimo. Di figli fatti con un miscuglio genetico, come se si trattasse di un aperitivo, di una cosa banale, cosa che invece una vita non è mai.
Su mezza pagina del quotidiano della Cei AVVENIRE nell’edizione del 31 maggio, c’era un manifesto firmato dai Comitati Sì alla famiglia e Alleanza cattolica, il manifesto ricordava che non è possibile alcuna legge sulle unioni civili senza adozioni omosessuali, «perché la giurisprudenza europea ha stabilito che, una volta introdotte le unioni civili, non è possibile discriminare le coppie omosessuali legittimate in sede civile escludendole dalle adozioni».
Spiega il presidente dei Comitati Sì alla famiglia Massimo Introvigne: “chi non vuole le adozioni deve opporsi al ddl Cirinnà. Il che non significa rifiutare di riconoscere i diritti e i doveri che nascono da ogni convivenza, anche omosessuale, per esempio in materia di visite in ospedale, in carcere o locazione: abbiamo proposto di riunirli in un testo unico, presentato al Senato da Sacconi e alla Camera da Pagano, che è la vera alternativa alla legge Cirinnà”
Possibile che non si capisca che dietro a questa urgenza di legittimare le unioni omosessuali, di equipararle alle famiglie, ci sia il mercato della fertilità, dei figli fatti in provetta a misura di desiderio, perché – che male c’è? Se uno desidera un figlio ne ha diritto - che caspita!
Attenzione, non fatemi passare per razzista non ci sto. Sono realista.
Nel mondo libero e democratico nessuno impedisce agli omosessuali di amarsi, di convivere, le leggi garantiscono i loro diritti, ma dietro a questa urgenza di equiparare le unioni omosessuali al matrimonio c’è quel grande mercato che guarda alle coppie che, essendo per definizione impossibilitate a dare vita e dovendo ricorrere all’adozione o all’affitto di uteri. Stiamo andando verso lo stravolgimento dell’esperienza naturale della maternità. Avremo un a società di figli che nascono orfani di padre o di madre.
Ci ostiniamo a chiamarla libertà. Ma è sfruttamento della donna, mercificazione, “colonizzazione” della vita umana.
Fa bene il Papa con la sua catechesi sulla famiglia a richiamarci al vero. Forse, noi non lo ascolteremo perché siamo “moderni”. Però il Papa continui a richiamarci, tutti gli uomini di buon senso continuino ad educare, a chiamare bene il bene, male il male, a dire e a testimoniare che meglio una mamma e un papà per fare famiglia.
In un giorno non lontano, ci guarderemo intorno chiedendoci perché di tanta sofferenza, allora sarà molto importante che qualcuno non si sia stancato di tenere accesa la lampada, di educare al bello, di testimoniare per cosa vale la pena di vivere, amare, faticare, prendersi responsabilità e guardare con speranza al domani.
Qualcuno sarà stato di "sentinella" testimone silenzioso perché potessimo non smettere di porci domande, di chiederci se quella che stavamo percorrendo era davvero la strada buona.