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Storia di un mancato dialogo

Fonte:
CulturaCattolica.it
Appare sempre più strano notare che – trattando certi argomenti – se si chiedono o danno ragioni le risposte non vengano. Anzi, è come se di fronte a qualunque osservazione critica ti si risponda commentando il tuo abbigliamento, i tuoi limiti, e gli errori di chi, come te, pone le domande… Come dire che di fronte a certe posizioni, guai a chi osa porre questioni. Saranno sempre lette come segno di intolleranza, violenza (più o meno «SOTTILE»).

Riporto quanto è stato pubblicato sul quotidiano «L’Alto Adige» a proposito di quello che è accaduto durante una manifestazione delle «Sentinelle in piedi». La lettera di un genitore, la risposta del Direttore, la mia lettera al Direttore e la sua risposta.
Basta leggere per avere la chiarezza del giudizio.

1. Sentinelle in piedi e messaggi ai piccoli
Sabato scorso ho assistito alla manifestazione delle ormai famose “sentinelle in piedi”. Dietro di loro un cordone di poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa - mi sono chiesto: “e che sarà mai?” - poi un gruppetto vestito da clown. Mah! ho pensato: forse fanno parte della manifestazione? Perché allora la polizia li tiene a distanza? No! Non facevano parte dell’evento, erano lì per contestare: infatti a un certo punto hanno iniziato a inveire in malo modo gridando parole che tralascio di scrivere, insulti, minacce e la celeberrima parola “omofobi”, che mi fra ricordato più il “dagli agli untori” di manzoniana memoria che non un aggettivo utile a definire la protesta messa in atto dalle sentinelle. La cosa strana è che tra di loro c’erano dei bambini tenuti per mano. Dal lato opposto della piazza c’erano altri bambini che chiedevano ai genitori cosa stesse accadendo: perché c’erano persone impalate a leggere un libro in mezzo a una piazza? Gli è stato risposto che stavano lì perché altri uomini vogliono fare delle leggi che possono far male alle persone e ai bambini e quindi quel modo di protestare in silenzio era per far sapere che esiste questo problema e che occorre risolverlo.
Ora signor direttore mi dica lei se a educare i figli al rispetto dell’altro, alle differenze di sesso di razza di religione, al rispetto delle leggi e della democrazia e delle idee altrui, siano stati i primi genitori, che gridavano pieni di livore o acredine o i secondi, che hanno chiarito ai figli quello che accadeva secondo la verità oggettiva presentata dalle stesse sentinelle ai passanti. Cosa hanno imparato quei bambini quando saranno adulti domani?
Antonello Bucciarelli

2. Risposta del Direttore
Il tema dell’educazione - che fa dire provocatoriamente al filosofo Galimberti che forse la nostra società non è più adatta ad avere figli, dovendo entrambi i genitori lavorare - merita una grande attenzione e non si può certo trattare qui in due battute. L’educazione, però, è e deve essere anche educazione alla libertà, che è un patrimonio di chi manifesta e di chi dissente, di chi cerca leggi adeguate a questo tempo e di chi le leggi non le vuole.
Non so che adulti saranno quei bambini, ma so che questa società ha bisogno di adulti che sappiano trasmettere ai figli non solo educazione, ma anche - grazie anche ad una scuola sulla quale è giusto continuare ad investire - strumenti per pensare, per ragionare, per trovare nuove risposte a nuove domande. Trovo giusto che un tema come questo divida e trovo giusto che si abbiano opinioni diverse. Trovo semmai sbagliato che non si abbiano opinioni o che si seguano quelle altrui. Ma non mi permetto di giudicare chi educa a forme di libertà diverse da quelle che ho in testa io. Perché la libertà non è mai una sola.

3. La mia lettera
Egregio direttore dell’Alto Adige,
ho letto la sua risposta alla lettera "Sentinelle in piedi e messaggi ai piccoli" del sig. Antonello Bucciarelli, apparsa il 28/05/2015 e mi sono chiesto se chi ha scritto la risposta si rende conto del significato delle parole.
Educare significa introdurre alla realtà, non indottrinare né, tanto meno, manipolare. E se è pur vero che nella realtà ci sono posizioni e comportamenti diversi, questo non significa che hanno lo stesso valore. E nemmeno, ritengo, gli stessi diritti. Perché un conto è affermare il bene, un altro è distruggere o stravolgere ciò che fonda la convivenza civile. Ora mi pare che la famiglia formata da un uomo e da una donna e aperta alla vita e alla educazione della prole non sia affatto sullo stesso piano di un’altra forma di convivenza, che ad essa non può affatto essere equiparata.
E poi ritengo che il diritto a manifestare sia da garantire a chiunque, non il diritto di impedire la libera manifestazione del pensiero. Chi si oppone con la consueta violenza alle “Sentinelle in piedi” faccia pure le contromanifestazioni che vuole, nessuno glielo impedirà, come nessuno si permette di contrastare con violenza le per me schifose manifestazioni del gay pride. Abbiamo la forza delle ragioni, non le ragioni della forza. E ritengo di stimare abbastanza gli uomini per offrire loro la possibilità di scegliere. Non è con chiassate e urla e intolleranza che si edifica una società migliore.
Che anche chi opera nel mondo della informazione sappia dare testimonianza di rispetto e di serena imparzialità.
Gabriele Mangiarotti

4. La risposta del Direttore
La “sottile” violenza che c’è nelle sue parole prova che abbiamo un’idea di libertà (e anche di manipolazione) molto diversa. Come vede, pubblico la sua lettera e rispetto le sue opinioni. Non le chiedo di rispettare le mie (anche perché mi pare che ormai sia troppo tardi), ma resto convinto che le parole e una società che cambia meritino ben altro rispetto e ben altra attenzione. Cercare di capire non significa manipolare, mi creda. Ed è necessario. La società di oggi non ha bisogno di giudici, ma di interpreti. E, mi creda, conosco il significato delle parole che sto scrivendo.

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