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L'io rinasce in un incontro

Autore:
Alexia e Franco Bruschi
Fonte:
CulturaCattolica.it
Carissimi don Gabriele e Enrico
vi invio la testimonianza che Alexia, una ragazza del raggio, ha mandato a don Medina come contributo per il triduo pasquale di GS. Una testimonianza bellissima di come l'io rinasce in un incontro e di come la certezza diventa convinzione se giocata nell'impatto con la vita, col reale, con le problematiche dell'ambiente. Un esempio chiarissimo del metodo e del contenuto dell'esperienza cristiana. Ringrazio il Signore per questo grande dono. Ciao Franco

Mi chiamo Alexia, ho 18 anni e frequento l’ultimo anno al liceo scientifico di Varese. Sono figlia unica, mia mamma non è cristiana, mio papà invece sì. Nonostante io sia stata battezzata, durante la mia infanzia Dio non era che una figura che stava in cielo di cui si parlava tanto a scuola. Ho frequentato scuole elementari e medie cristiane, sono andata a catechismo dall’inizio fino alla professione di fede a tredici anni. Ma a messa non mi portavano se non nelle “occasioni speciali”, e in casa non si parla mai di Cristo. Circa un anno e mezzo fa ho chiesto a una mia amica, Federica, che conoscevo da anni cosa fosse veramente quell’incontro chiamato raggio. Tantissime sono state le volte che lei mi ha invitato agli incontri e a conoscere i suoi amici, ma io non ci volevo andare, non mi sembrava una cosa importante per me. Ma verso Natale di due anni fa, a furia di cercare sempre da sola e in me stessa le risposte alle grandi domande e di appagare in qualche modo il mio desiderio di felicità, ho cominciato a disperarmi perché non ne ero in grado, e nulla sembrava avere senso, nulla sembrava avere una sua importanza o significato, tantomeno io. E mentre io giravo intorno a me stessa in cerca di risposte, mi sono accorta che Federica era felice, per lei le cose avevano un senso e sapeva che strada seguire per non perdere mai il centro di quel desiderio. Fu così che, di fronte al nuovo sguardo della Federica sulla realtà fatto di una qualche certezza che non conoscevo ma che quasi invidiavo e mi affascinava, decisi di seguirla. Alla ricerca di una certezza, di una promessa che mi ostinavo a trovare da me, ho ceduto al fascino di una certezza che intravedevo in qualcun altro. “L’io rinasce in un incontro” è il titolo di uno dei pannelli della mostra su Don Giussani (“Dalla mia vita alla vostra”). Quando sono andata al primo incontro di Gioventù Studentesca, ho trovato per la prima volta lo sguardo di qualcuno che mi voleva bene gratuitamente, incondizionatamente, non per il mio carattere o per come mi esprimevo, ma per la domanda e il desiderio che avevo. Mi volevano bene per quel sentimento di attesa di qualcosa di grande, di cui io non capivo il senso e mi tormentava, mi sentivo sbagliata perché avvertivo questa grande mancanza. Gli amici che ho incontrato stanno educando il mio cuore a questo desiderio, alle mie domande; mi aiutano ad andare a fondo del nostro desiderio e a confrontare con esso quello che viviamo, per cercare ciò che corrisponde al nostro cuore nella realtà di ogni giorno. Grazie al dono di questo incontro i miei orizzonti non sono più limitati alla scuola, ai piccoli problemi e alle preoccupazioni quotidiane, ma sono spalancati a una totalità, perché lo scopo della vita non è più il voto a scuola, l’università da scegliere, il lavoro, ma ultimamente il centro della vita è Cristo. Ho trovato in questa compagnia il segno di una certezza, di una promessa positiva. Sento che sto vivendo una rinascita, grazie a questo incontro, in prima persona: quest’anno scolastico si sta rivelando totalmente diverso dall’anno scorso, o qualunque altro anno, ma non perché abbiamo più cose da studiare o si tratti di un anno più difficile, ma perché sta cambiando il mio modo di vedere le cose, il mio punto di vista, mi verrebbe da dire, di fronte a tutto. Ho incominciato ad accorgermi di questo cambiamento nello studio di certe materie, come italiano o arte. Per la prima volta, durante la spiegazione in classe o nel lavoro a casa, mi sto interessando a certi personaggi che ci vengono proposti, come Friedrich, l’artista romantico, Manzoni, Leopardi, non perché uno dipinge bene o perché gli altri scrivono belle opere, ma perché non riesco a fare a meno di credere che non sia un caso che li stiamo studiando, o chiunque li stia studiando, ma che questi uomini sono un esempio di umanità e lealtà, che esprimono le domande e il desiderio del cuore di tutti e sono testimonianze di cui non possiamo fare a meno. Io, una qualunque, ci vedo me stessa e la mia domanda nel cuore di quegli uomini. Studiare, non solo italiano o arte, non è più sempre una noia di cui farei a meno, ma una occasione per conoscere di più il mio cuore. Ho cominciato poi ad accorgermi di come sta cambiando il mio modo di voler bene alle persone, in particolare ai miei compagni e ai professori a scuola. E’ come se volessi un bene a loro che prima mi sognavo, e loro non sono cambiati più di tanto rispetto a qualche mese fa. Ma voglio loro bene, e vado a scuola pensando a questo, ed è il motivo per cui sono felice di andarci ogni mattina. Volendo bene incondizionatamente a persone che magari nemmeno conosco o con cui non vado d’accordo, mi sono accorta di essere più libera, non perché indipendentemente da quello che fanno o mi dicono faccio finta di nulla, li dimentico, fingo che non sia accaduto. La novità consiste in una cosa molto più bella, ovvero indipendentemente da quello che mi dicono o fanno, ho imparato a saperli perdonare perché voglio bene a ciò che della loro persona è l’essenziale, perché quel loro bagliore nello sguardo è identico al mio e a quello di chiunque ed è fatto a somiglianza di quello di un Altro.
Dopo l’esperienza di quest’ultimo anno credo veramente che l’importante sia riuscire a rivivere sempre più la novità, il miracolo di quel primo incontro. Due sono stati gli avvenimenti accaduti in questi ultimi mesi da quando ho rivissuto questo incontro, e in cui riconosco maggiormente che Dio non è più la figura in cielo che mi era stata insegnata da piccola, ma una vera presenza tra le persone. Il primo avvenimento è nato nel rapporto tra me e una mia compagna di classe, Elisa; il secondo, invece, l’ho vissuto insieme a Elisa nell’incontro con il nostro professore di italiano. Elisa è a scuola con me da qualche anno, ma non ci conoscevamo, eravamo solo compagne di classe. C’è stato un periodo, durante il quarto anno, in cui io e altre nostre compagne ci siamo accorte che c’era qualcosa in lei che non andava quando ha improvvisamente cominciato a chiudersi in se stessa; cercavamo di aiutarla, di parlarle, ma lei non ne voleva sapere di raccontarci quello che la tormentava. A maggio dell’anno scorso siamo andati in gita scolastica, io avevo ormai conosciuto e frequentavo la compagnia di GS da qualche mese. Una sera in cui sono rimasta da sola con lei a parlare, Elisa con totale semplicità mi ha chiesto cosa facciamo a raggio, all’incontro. Allora io le ho risposto raccontandole come mi sono avvicinata a GS, le ho parlato dei miei amici e di come loro per me sono stati una fonte di salvezza. Quella sera è avvenuto un vero miracolo: ad Elisa è bastato lo sguardo sincero di una persona che, dopo aver vissuto l’abbraccio gratuito di Cristo, le ha voluto un bene incondizionato e gratuito attenta al centro della sua domanda, che era ciò che la rendeva inquieta. Qualche mese fa Elisa ha incontrato gli amici del raggio, e l’incontro con Cristo è avvenuto a febbraio, la settimana in cui sua nonna ci ha lasciati: in un momento di contraddizione, in cui la domanda sul senso di quello che è accaduto a sua nonna si è fatta sentire fino in fondo al suo cuore, lei ha deciso di seguire Cristo, la promessa positiva che gli amici che ha incontrato le hanno ricordato.
Poco tempo dopo la morte della nonna, insieme io ed Elisa abbiamo conosciuto veramente il nostro professore di italiano, che segue gli incontri di GS della nostra scuola. Dopo che il prof ha ripreso la classe poiché stufo del menefreghismo e della svogliatezza da parte nostra nei confronti dello studio della sua materia, ci ha chiesto insistentemente cosa vogliamo da noi stessi. Io ed Elisa, prese dal bisogno di capire, conoscere meglio noi stesse, abbiamo pensato di parlargli (cosa che, se io ed Elisa non avessimo mai vissuto l’incontro di cui ho parlato, non ci saremmo mai sognate di fare, per mancanza di una motivazione valida che ci spingesse a farlo). Gli abbiamo detto che secondo noi quello che manca in classe è qualcuno che faccia vedere a noi ragazzi cosa guardare, a cosa porre attenzione; abbiamo bisogno che il prof, nella spiegazione di una poesia o di un’opera, ci dica cosa in quella poesia o in quell’opera è di fondamentale insegnamento innanzitutto per lui stesso; desideriamo conoscere la verità del professore nei confronti di quello che ci spiega in classe. Mi ha colpito la semplicità e lealtà del professore di fronte a due alunne che si sono prese la libertà di dargli un consiglio nel lavoro a cui dedica gran parte della vita. La mattina dopo ci ha ringraziato per ciò che ci eravamo detto il giorno prima, e la lezione di italiano quel giorno è cominciata con qualche minuto dedicato a portare avanti il programma, fino a quando il prof ha pensato che in quel momento, quello che veramente era importante per se stesso e per noi ragazzi era dedicare quell’ora di lezione ad aiutarci a dare un giudizio su quello che sta accadendo in Siria e sugli attentati dell’ISIS. Mai prima di quel giorno avevamo passato un’ora di lezione a dialogare e a confrontare noi stessi con quello che ci accade intorno. Alla fine della lezione il prof ha ci ha salutato ringraziando la classe per la prima volta (quasi nessun professore ci ha mai ringraziato per un’ora di lezione passata insieme). Una delle novità che questo avvenimento ha portato con sé, è il riconoscimento di qualcosa di comune, una sorta di uguaglianza tra noi alunni e il professore: ovviamente va rispettato e riconosciuto il ruolo del professore come tale, ma oltre a questo, una persona come il prof che per me era estranea, perfetta, che sapeva già tutto e che era lì solo per insegnarci la letteratura, in realtà porta dentro di se le stesse domande e lo stesso desiderio che abbiamo noi ragazzi. È inquieto esattamente come lo siamo noi. Ci tenevo a scrivere dell’esperienza di rinascita dall’incontro che sto vivendo perché si tratta di qualcosa che ha letteralmente ribaltato il mio modo di vedere le cose, il mio modo di vivere e di stare con le persone, ha completamente cambiato il mio giudizio sulla realtà. L’incontro con Cristo mi ha ricordato a Chi appartengo, e verso Cosa sto andando, e ora mi sento Amata incondizionatamente.
Ringrazio infinitamente per il tempo e l’attenzione che dedichi a noi ragazzi.

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