Airbus 320, il delirio di #Lubitz
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Sopravvivere a un figlio è sempre una tragedia per un genitore. Sopravvivere a un figlio che si toglie la vita può apparire quasi una condanna, perché inevitabilmente quella morte uccide la giovinezza del cuore di una madre e un padre. Ma sopravvivere alla tragedia di un figlio che nel togliersi la vita ha distrutto quella di altre 149 persone, credo sia una sorta di condanna a morte in attesa di esecuzione. Penso ai genitori di Andreas #Lubitz, il copilota 27enne che a quanto rivelato dalla scatola nera ha deliberatamente portato a morire con sé tutti coloro che volavano sull’Airbus e con quel gesto ha stravolto la vita di tutti coloro che a casa attendevano l’arrivo dei loro cari. Una tragedia nella tragedia, una morte con disonore e noi increduli, che abbiamo riposto la nostra fede nella medicina, nella tecnologia, nella scienza, nei test psicoattitudinali, noi che imploriamo sempre una nuova legge che impedisca il dolore, cerchiamo sempre un colpevole, qualcuno a cui imputare le colpe della cattiveria umana, ci troviamo a doverci arrendere. Certo la depressione, ma unita a un disamore per il genere umano, chissà se Andreas Lubitz, ha incrociato lo sguardo di uno di quei ragazzi di ritorno da un viaggio a Barcellona, se per un solo attimo ha visto lo sguardo amorevole di quella madre che teneva tra le braccia il suo neonato, se era sulla soglia del portellone a salutare i passeggeri che salivano a bordo, se ha pensato anche solo un attimo ai figli del pilota che disperatamente ha tentato di rientrare in cabina per salvare l’aereo da quella rotta senza ritorno.
La cattiveria umana, che volenti o dolenti ci appartiene come esseri umani, a volte si manifesta nei dispetti di condominio, altre nelle liti da bar stadio o nell’indifferenza tra parenti, qualche volta ha la faccia di quei pettegolezzi così insidiosi e malefici che non riusciamo però a tenere a freno. Chiedete a quei professionisti che si occupano di divorzi, se il bene comune, il bene dei figli trionfa, o se invece la rabbia, l’orgoglio il non sapersi umiliare per un bene più grande, non finisce per trasformare la vita dei figli in tragedie quotidiane. E’ la libertà, l’uomo è libero, sa cosa è bene e cosa è male, ma spesso sceglie il male, gli pare che questa scelta lo renda ancora più libero.
Ci sembra che ci sia sempre qualcuno più ingiusto di noi, qualcuno più cattivo di noi, le nostre cattiverie non ci sfiorano. Poi c’è Andreas Lubitz, vorremmo cercare di giustificarlo dicendo che era malato, che qualcuno avrebbe dovuto sorvegliare la sua incapacità a pilotare, può darsi, sta di fatto che questo giovane ha espresso la sua libertà, con il suo odio per la vita con la forma più grande di cinismo e questo ci lascia interdetti.
Vorrei abbracciare tutti coloro che stanno vivendo questa tragedia che ha sconvolto la vita di intere famiglie, ma anche i genitori del co-pilota, non oso immaginare cosa passi nel loro cuore e nella loro mente, l’aver cresciuto, nutrito, amato, abbracciato un figlio che poi si rivela uno sconosciuto, come se di quell’amore, di quell’affetto non avesse saputo che fare, non fosse servito nemmeno a instillare in lui il dubbio, a fermare il suo gesto stragista. Sono certa che quei genitori porteranno per sempre un peso sul cuore che nessuno saprà alleviare se non quella misericordia che forse con il tempo, sapranno trovare per il loro ragazzo e per se stessi.